Il mese appena conclusosi verrà sicuramente ricordato come uno dei più significativi tra gli amanti delle serie TV, complice il numero non indifferente di produzioni di grande prestigio che hanno chiuso quasi contemporaneamente il loro cammino – Succession, Barry, e The Marvelous Mrs. Maisel. Oltre a queste, anche se AppleTV+ non ha ufficializzato la cosa, si può quasi sicuramente contare anche Ted Lasso, una serie che come poche altre è stata in grado di segnare il panorama televisivo degli ultimi anni, riscuotendo un enorme successo non solo di pubblico ma anche di critica.
Che questa potesse essere la stagione conclusiva, già si sapeva da parecchio tempo; Jason Sudeikis non ha infatti mai nascosto l’intenzione di portare avanti il racconto seguendo tre annate dell’AFC Richmond, e alla luce del finale da poco andato in onda, a meno che non vengano sviluppati degli spin-off, sembra proprio che difficilmente rivedremo Ted Lasso tornare in panchina con i Greyhounds – Apple sembra l’unica ad attraversare ancora la fase “rifiuto” del lutto. Alla luce di tutto questo e dell’innegabile ottimo passato della serie, le aspettative per questo capitolo finale erano ovviamente molto alte. Sfortunatamente, però, Ted Lasso non è riuscita a replicare la qualità vistasi nelle due passate stagioni, in un percorso di dodici puntate un po’ altalenanti dove spesso si è avuta l’impressione che la magia si fosse irrimediabilmente spezzata. Complice la durata eccessiva di alcune puntate, il trattamento a tratti incomprensibile di alcuni personaggi chiave e una comicità che non solo non faceva ridere ma spesso sfociava nel cringe – con l’eccezione di Zava, una delle aggiunte migliori della stagione – troppe volte è sembrato di guardare la brutta copia di uno show così tanto amato.
Nonostante questi evidenti limiti difficilmente trascurabili, non significa che la terza stagione di Ted Lasso sia completamente da dimenticare, e al netto dei suoi problemi resta comunque molto materiale di alto livello. Spicca in positivo, per esempio, il modo in cui è stato gestito il percorso di Jamie Tartt, interpretato brillantemente da Phil Dunster, partito come il classico “fighetto” del mondo del pallone e trasformatosi in una delle punte di diamante della serie. Soprattutto grazie e attraverso il suo rapporto con Roy Kent, si sono create delle dinamiche che hanno permesso di far emergere un personaggio estremamente sfaccettato, capace di allontanarsi dalla relazione tossica che aveva con il padre e soprattutto di liberarsi del suo ego smisurato e mettersi al servizio della squadra.
Quando Ted Lasso si focalizza sul mondo del pallone per analizzare i suoi protagonisti e, attraverso loro, le tante delle problematiche che costellano il mondo dello sport e non solo, riemerge la grande serie degli anni passati. Pensiamo per esempio alla storia di Colin Hughes è alla difficoltà per un atleta in un ambito così maschilista come quello del calcio di fare coming out. Anche se non sempre in maniera raffinata – la reazione del capitano McAdoo sembra un pretesto per aggiungere conflitto a un racconto che non ne ha necessariamente bisogno -, Ted Lasso fa un buon lavoro nel mettere in scena quello che deve vivere quotidianamente Colin, portando alla luce un tema che purtroppo vive ancora nel pregiudizio nel mondo reale – è di pochi mesi fa il coming out di Jakub Jankto, ex giocatore della Sampdoria, il primo a farsi avanti a livelli così alti del calcio.
Chi invece non gode dello stesso trattamento a livello qualitativo, è sicuramente Keeley. Se nelle prime stagioni è stata uno dei personaggi più amati, qui è probabilmente protagonista di una delle linee narrativi più difficili da seguire. Già la scelta fatta nella premiere di interrompere la sua relazione con Roy aveva fatto storcere il naso, non tanto per la rottura in sé, quanto per le motivazioni e la gestione nel corso della stagione. Invece di mostrare il tutto nella prima puntata, avrebbero potuto sviluppare meglio la cosa nell’arco della stagione, dando una motivazione più forte degli impegni lavorativi, per esempio. Per tante persone questi ultimi sono sicuramente un problema, ma forse avrebbe funzionato di più se si fossero resi conto, dopo la classica fase della luna di miele, che non erano davvero fatti l’uno per l’altra. Oltre a questo, c’è tutta la questione del lavoro di Keeley, dove in più di un’occasione viene fatta apparire come una totale incompetente che si lascia abbindolare facilmente, buttando via tutto lo splendido lavoro che era stato fatto sul suo personaggio.
Anche Rebecca subisce in parte questo trattamento, sebbene sia apprezzabile la gestione del suo lento ma deciso allontanamento dalla figura di Rupert, e la capacità con cui riesce a rendere l’AFC Richmond una cosa sua in tutto e per tutto, senza più l’ombra dell’ex marito. Convince meno la sua ricerca di una stabilità emotiva e del perché con Sam, nonostante gli innumerevoli sguardi e le tante allusioni a un possibile ritorno, i loro cammini non si siano di nuovo incrociati o, più semplicemente, non abbiano affrontato più la cosa. La sua storyline è uno specchio perfetto di quella che è stata la terza stagione di Ted Lasso: tante e sicuramente ottime decisioni circondate da elementi spesso inspiegabili, come se delle idee avute in partenza siano state abbandonate senza dargli una degna conclusione.
A metà strada tra il riuscito e non, c’è Nathan. La sua discesa verso il lato oscuro della forza era stato uno dei tanti pregi della seconda stagione e c’era grande curiosità nel vedere in che modo avrebbe percorso il cammino verso una redenzione inevitabile ma non per questo meno interessante – a rendere la metafora starwarsiana ancora più forte, basti pensare che l’ufficio di Rupert Mannion è stato decorato ispirandosi alla sala del trono di Palpatine ne Il Ritorno dello Jedi. Nel complesso, non si può dire che abbiano sbagliato qualcosa: è molto bello vedere Nate fare gran parte dei passi verso la retta in via in autonomia, capendo sempre di più l’importanza di quello che aveva con l’AFC Richmond. Meno riuscita invece la relazione con Jade, una storia d’amore che manca della forza emotiva di tante altre viste in Ted Lasso prima della terza stagione, complice anche una scrittura tendente alla manic pixie dream girl di lei. È però innegabile che il momento in cui Nate si scusa con Ted sia una delle scene più forti e toccanti della serie.
Il destino più atteso, però, era ovviamente quello di Ted. La premiere aveva lasciato intendere che il matrimonio tra coach Lasso e l’AFC Richmond stesse volgendo al termine: l’importanza del figlio nella sua vita e il peso di questo rapporto a distanza, non sono mai stati nascosti. L’addio alla squadra nello spogliatoio, la scena con Rebecca nello stadio vuoto, si aggiungono alla lista di momenti meravigliosi e strappalacrime che hanno costellato la stagione e che dimostrano la capacità di un gruppo di autori di trovare forme di conflitto non banali all’interno del percorso di un personaggio all’apparenza sempre ottimista come il protagonista. È stata sicuramente l’esplorazione delle sue difficoltà – pensiamo agli attacchi di panico della prima e seconda stagione – a renderlo ancora più umano. Il suo ritorno a casa per stare più vicino a Henry, si può quasi leggere come una scelta moderna da parte della serie, in cui è la figura maschile a scegliere il figlio prima del lavoro e non il contrario. Non è escluso che in futuro Ted torni nel mondo dello sport professionistico, ma per una volta, dopo aver aiutato gli altri a farlo per tanto tempo, è riuscito a trovare l’equilibrio che cercava.
Se questa dovesse essere davvero l’ultima stagione di Ted Lasso – e le probabilità sono davvero alte, motivo per cui a fine recensione ci sarà anche un voto all’intera serie -, nonostante gli evidenti passi falsi, le cose positive sarebbero di gran lunga superiori a quelle negative, con un finale molto bello e toccante che riesce a portare a termine in maniera emotivamente soddisfacente il percorso di quasi tutti i personaggi. Il suo messaggio estremamente positivo, la capacità di portare avanti tematiche moderne attraverso una bolla, quella del calcio, non sempre al passo dei tempi, e soprattutto il desiderio di puntare alla gentilezza in un periodo storico così buio come quello di oggi, sono elementi che, anche nelle difficoltà, sono sempre stati presenti, e dopo questo addio Ted Lasso manterrà sicuramente un posto speciale nel cuore degli spettatori.
Voto stagione: 7
Voto serie: 8