
Our Flag Means Death è una commedia romantica storica uscita sulla piattaforma HBO Max nel marzo 2022. Liberamente ispirata alla vita del Pirata Gentiluomo, Stede Bonnet, la serie racconta, attraverso episodi di circa mezz’ora ciascuno, le avventure di Stede come pirata e del suo rapporto con il famigerato Barbanera durante gli anni d’oro della pirateria (XVIII secolo). La storia di Stede, infatti, si presta facilmente al genere della commedia, essendo un nobile dal cuore tenero senza alcuna esperienza né con la gestione di una nave e un equipaggio, né con la violenza che caratterizza la vita di un pirata. Proprio la sua inesperienza porterà lui e il suo equipaggio a scampare ogni sorta di pericolo, fino a quando la sua nave, The Revenge, non si troverà faccia a faccia con Barbanera e i suoi pirati: un incontro che trasformerà la vita di entrambi.
La serie TV, la cui seconda stagione è andata in onda quest’ottobre, annovera fra i suoi produttori Garrett Basch (produttore della magnifica The Night Of) e Taika Waititi, il cui nome non ha più bisogno di presentazioni, essendo presente in tutti i principali franchise del momento: dalla Marvel con i suoi due film sul dio norreno Thor a Star Wars, per cui ha diretto alcuni episodi di The Mandalorian e per cui attualmente sta lavorando a un film. Quest’ultimo, come spesso accade nei progetti in cui è coinvolto, non si limita al ruolo di produttore esecutivo, dato che si occupa anche della regia del pilot e interpreta il famoso Barbanera al fianco di Rhys Darby, suo collaboratore di lunga data. I due, infatti, hanno lavorato insieme nel mockumentary del 2014 What We Do In The Shadows e, più di recente, nel film di Waititi Next Goal Wins, uscito nelle sale americane il 17 novembre 2023 mentre in Italia arriverà nel primo mese del 2024.

Le difficoltà della vita in mare non scalfiscono quindi il rapporto che si crea fra i membri dei due equipaggi, ma sembrano rafforzarlo. Momenti di convivialità nel pub della Repubblica dei Pirati si alternano a saccheggi non sempre ben riusciti: il tutto porterà i vari personaggi a conoscersi meglio, a fidarsi gli uni degli altri e a diventare quasi una famiglia.
Forte in Our Flag Means Death è, infatti, il tema della found family, la famiglia per scelta. Per i personaggi l’essere un pirata diventa qualcosa di più di un semplice lavoro fatto per guadagnare qualche soldo; diventa uno status quo, simbolo di appartenenza a qualcosa di più grande: una comunità fatta sì di violenza, ma anche di rispetto, fiducia e amore per il mare e per la propria found family. Quello che sembra un mondo all’apparenza caotico in realtà, proprio come ogni comunità, è regolato da storie – tramandate di generazione in generazione -, tradizioni e regole che permettono ai membri dei vari equipaggi di rispettarsi e proteggersi quando, ad esempio, ci si incontra nei pub e nelle locande della Repubblica dei Pirati oppure quando ci si ritrova ad affrontare nemici comuni, come ad esempio le flotte delle varie nazioni.
Il concetto della found family si ritrova molto spesso anche in altri contenuti a carattere LBGTQ+ poiché spesso i personaggi allontanati dalla famiglia d’origine a causa del proprio orientamento sessuale,si ritrovano a ricostruirsi una vita circondandosi di persone dallo spirito affine.

Anche per quanto riguarda le relazioni queer, inoltre, è totalmente assente il cosiddetto trauma porn: i rapporti amorosi fra i personaggi non hanno automaticamente un’accezione tragica, nonostante il periodo storico tendenzialmente omofobo, almeno sulla terraferma. Questo perché, ad aiutare gli sceneggiatori nel raccontare queste esperienze e a creare quasi un porto sicuro per la propria audience, viene incontro la storia della pirateria. Si mette da parte l’idea romanzata – e maschilista – del pirata che spende il suo bottino principalmente in rum e belle donne per dar spazio anche all’altra faccia della pirateria, il matelotage: un’unione fra pirati dove si decideva di condividere il proprio bottino con un altro pirata, sia in vita che in caso di morte. Anche se non sempre questa pratica implicava una relazione amorosa, era spesso utilizzata come strumento per validare rapporti che altrimenti erano considerati illegali dalla società.
Si mette in mostra, quindi, un modello di amore non sempre raccontato – anche dalla stessa storiografia – oltre a stravolgere completamente l’idea machista di uomo: i personaggi ridefiniscono la mascolinità secondo i propri bisogni andando oltre gli stereotipi per cui un uomo non deve amare apertamente, non deve esprimere emozioni come la tristezza o deve per forza avere un determinato aspetto fisico. La comunicazione diventa lo strumento fondamentale per permettere a questi personaggi di amare profondamente e di essere al 100% se stessi.

Our Flag Means Death trova il suo spazio nel panorama emergente di serie TV – come ad esempio Heartstopper di Netflix – che pone al centro della sua narrazione comunità e minoranze finora lasciate ai margini della serialità e della cinematografia con un twist che le permette di distinguersi e lasciare il segno: il lieto fine per ogni età. La serie di Jenkins, infatti, mostra che vivere la propria vita senza compromessi e senza doversi nascondere non è appannaggio solo degli adolescenti di oggi, ma è una strada possibile anche per pirati adulti, gay e non-binari. Our Flag Means Death è il trionfo del divertimento, dell’amore e dell’accettazione di sé e degli altri. Impossibile non consigliarla a chi ricerca una ventata di freschezza, dolce e divertente allo stesso tempo, nell’attuale panorama di serie TV.
