
Certo, ci sono anche esempi di cose apprezzate sia dal pubblico che dai fan in questa annata, come la terza stagione di The Bad Batch o Tales of the Empire, due ottimi prodotti animati che però non possono ovviamente essere ciò che tiene in piedi un franchise come Star Wars. Skeleton Crew parte quindi in una posizione per niente invidiabile, trovandosi a dover dare un segnale al pubblico che Star Wars è ancora vivo e che c’è ancora speranza. È una dinamica che, dopo i risultati non convincenti di The Book of Boba Fett e Obi-Wan Kenobi continua a ripetersi: ogni nuovo prodotto ha sulle spalle il peso di dover rilanciare la saga, in un mercato in cui in tanti si sentono sopraffatti dalle innumerevoli IP.
Vista la natura del progetto, però, sarebbe ovviamente ingiusto pensare che Skeleton Crew possa essere la chiave per portare una tanto attesa rivoluzione; alla luce di questi primi due episodi, la serie sembra avere gli ingredienti giusti per fare almeno una cosa di cui la Lucasfilm sembra avere molto bisogno: calmare i fan. Creata da Jon Watts (regista dei tre Spider-Man dell’MCU) e Christopher Ford (co-autore di Spider-Man: Homecoming con Watts), Skeleton Crew segue le avventure di quattro ragazzini proveniente da un pianeta che sembra la versione di Star Wars dei sobborghi americani, e che si ritrovano improvvisamente catapultati in una galassia pericolosa in cui cercano disperatamente di tornare a casa – il tutto nel periodo storico in cui è ambientato The Mandalorian.

È forse questo nuovo punto di vista l’aspetto più interessante, perché permette finalmente di (ri)vedere questa galassia con gli occhi di chi vive con estremo entusiasmo tutto ciò che lo circonda, soprattutto se legato appunto alla mitologia tipica di Star Wars come i Jedi e l’avventura in generale. È evidente che, visti alcuni passi falsi della Lucasfilm negli ultimi anni, per molti ormai è diventata un’abitudine approcciarsi al franchise con diffidenza e cinismo, perdendo quel senso di scoperta e gioia che dovrebbe tipicamente caratterizzare queste visioni, ma Skeleton Crew potrebbe finalmente cambiare le cose.
La prima puntata, “This Could Be a Real Adventure”, scritta da Ford e Watts e diretta da quest’ultimo, è senza ombra di dubbio quanto di più Amblin si sia visto in Star Wars: ci sono le case a schiera, le biciclette in versione starwarsiana, e un protagonista, Wim, che sogna di andarsene e vivere un’avventura lontana dalla monotonia di questo pianeta versione “suburbs”. A livello estetico, l’eccessiva somiglianza con un immaginario a cui siamo molto abituati, potrebbe far storcere il naso ad alcuni; come si è spesso detto in precedenza, ormai tutti hanno un’idea piuttosto chiara di come devono sembrare le cose in Star Wars, per cui quando viene fatta una scelta così distante da queste aspettative, è comprensibile una certa reazione, ma a difesa di Skeleton Crew va detto che c’è una ragione narrativa dietro a questa estetica.

Nel complesso, quindi, nonostante l’inevitabile natura più introduttiva, la prima puntata fa bene quello che deve fare chiudendosi con un ottimo cliffhanger che ci catapulta verso il secondo capitolo, “Way, Way Out Past the Barrier”. Sebbene duri poco più di venticinque minuti togliendo i titoli di coda, la puntata riesce incredibilmente a gestire ottimamente la tanta carne al fuoco, aprendo le porte a una serie di misteri che saranno centrali nel corso della stagione – oltre che a farci vedere Jude Law nei panni di Jod Na Nawood -, senza però dimenticare di dare spazio a quei tanti elementi tipici dell’immaginario di Star Wars che non possono mai mancare, con un occhio di riguardo ai pirati della galassia lontana lontana.
Questa volta alla regia c’è David Lowery (è suo lo splendido The Green Knight), che sembra trovarsi perfettamente a suo agio. Si è spesso criticato l’utilizzo del volume, che sembrava aver avuto quasi una involuzione, soprattutto con Obi-Wan Kenobi, ma qui viene sfruttato nel migliore dei modi. In generale, le due puntate vanno sicuramente lodate proprio per la loro riuscita visiva, se non per un paio di sequenze con i ragazzi a bordo dei mini-speeder in cui la mano della CGI è un po’ troppo evidente, un problema che sembra ormai diventato l’ultimo vero ostacolo insuperabile degli effetti visivi: per qualche motivo, sembra impossibile ricreare in studio l’effetto di un uno speeder che va a tutta velocità. Non si tratta però di un problema così grande, e visto sul piccolo schermo a molti probabilmente non darà nemmeno fastidio.

Voto 1×01: 7
Voto 1×02: 7½
