Tratta dal celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa del 1958, la rivisitazione odierna de “ll Gattopardo” si accompagna a quella di altri classici della letteratura che ultimamente la piattaforma Netflix propone con una certa frequenza. Da Lupin a The Decameron, fino al più recente Cien años de soledad, il filone sta prendendo piede nel panorama seriale, anche se non sempre con successo e spesso con trasposizioni che si allontanano notevolmente dalle versioni originali.
Nel caso de Il Gattopardo non si tratta del primo adattamento, infatti già nel 1963 Luchino Visconti aveva proposto una sua versione attraverso l’iconico e premiatissimo film omonimo con protagonisti del calibro di Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale.
La proposta di Netflix è prodotta da Indiana Production con Moonage Pictures e firmata da Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti, che si alternano alla regia nel corso dei sei episodi. Il cast principale è invece totalmente italiano, oltre ai protagonisti infatti vediamo nomi come quelli di Paolo Calabresi, Astrid Meloni e Francesco di Leva, solo per citarne alcuni. Nel complesso si tratta di un ensemble ben assortito, anche se manca quell’elemento di sicilianità che avrebbe certamente dato una spinta in più, contribuendo a caratterizzare maggiormente la serie.
Il Gattopardo apre con un immediato inquadramento storico: ci troviamo nella Sicilia del 1860, nel momento appena antecedente all’unificazione della penisola e quindi in pieno clima di cambiamento sul fronte politico e sociale. I protagonisti sono il Principe di Salina e la sua famiglia, aristocratici abituati a vivere di privilegi che, per la prima volta, vedono minacciata la loro posizione; Don Fabrizio, il Principe (Kim Rossi Stuart, Everybody Loves Diamonds), intuisce la gravità della situazione ma fa di tutto per non turbare la famiglia e in particolare l’amata figlia Concetta.
Una differenza evidente dalla versione originale de Il Gattopardo è proprio nella centralità assunta da Concetta (Benedetta Porcaroli, Baby), sin dai primi minuti. Nel romanzo non vi è né focalizzazione né tantomeno uno sviluppo particolare previsto per la sua figura, che invece qui è presentata come uno dei personaggi principali.
Concetta è misurata e attenta, ha un animo profondo, votato alla famiglia e pronto a sacrifici per il bene di chi la circonda. La ragazza è segretamente innamorata del cugino Tancredi; questo elemento darà modo di sviluppare il tema del dramma sentimentale. Tuttavia questa focalizzazione probabilmente orienterà la narrazione sulla sfera personale e relazionale di Concetta, a discapito della questione storica e sociale.
Accanto a lei conosciamo meglio il padre, Don Fabrizio: una figura autoritaria ma generosa, riconosciuta tale sia in società che in famiglia, con un’interiorità profonda che viene scossa dai cambiamenti politici. L’uomo, infatti, capisce che la posizione privilegiata dell’aristocrazia siciliana è minacciata e si muove per evitare di perdere il suo potere. Il Principe ha ben chiari i suoi valori e opera per tutelarli, non essendo pronto a rinunciare alla sua posizione e ad adeguarsi al mutamento che gli si palesa davanti agli occhi. Tuttavia questo cambiamento è più vicino di quanto pensi e si presenta anche dentro la sua casa, nelle vesti dell’amato nipote Tancredi (Saul Nanni).
Proprio Tancredi, che è stato cresciuto come uno dei suoi figli, va contro tutto ciò che lo zio rappresenta, schierandosi e combattendo al fianco dei garibaldini. Il suo personaggio si fa portatore del progresso dei tempi: infatti, pur essendo un giovane di nobile estrazione cresciuto nell’agio, si schiera dalla parte dell’unificazione e di un’Italia da rinnovare. Attraverso le figure di zio e nipote si materializza così lo scontro tra tradizione e modernità: il progresso non può che arrivare e la consapevolezza si fa largo anche nell’alta società. Coloro che hanno sempre detenuto il potere devono abbandonarlo e con esso le idee conservatrici tanto care, per fare spazio a logiche di governo diverse e valori nuovi.
Eccetto per i passaggi che coinvolgono zio e nipote, tuttavia, la parte di caratterizzazione storica e focalizzazione politica in questo primo episodio si perde un po’. Certamente è la cornice degli avvenimenti narrati ma sono molto più frequenti le scene familiari; lo spazio in gran parte è dedicato a momenti di confronto tra Don Fabrizio e Concetta, o comunque al primo che si rivolge alla moglie, ai figli o all’intera famiglia.
Anche per questo è difficile che in questa trasposizione venga restituita l’identità de “Il Gattopardo” in modo fedele sebbene lo si affermi solo in base ad una prima puntata con un carattere molto introduttivo, sia dal punto di vista dei temi che dei personaggi. Non assistiamo a momenti di particolare pathos, se non per un’unica eccezione, non ci sono passaggi di trama significativi e la recitazione è un po’ troppo misurata. Il carattere dei personaggi non emerge ancora in modo particolare, ad eccezione di Fabrizio e Concetta, che lasciano il segno grazie all’ottimo lavoro di Rossi Stuart e Porcaroli.
Le ambientazioni sono invece curatissime e contribuiscono a creare la giusta cornice per la serie; le riprese sono per lo più concentrate in Sicilia e in particolare nella città di Palermo, di cui si rendono riconoscibili diversi luoghi. Il carattere ottocentesco è presente attraverso gli edifici, gli arredamenti sontuosi e i costumi dettagliati con rimandi all’opulenza dell’epoca. Non da ultimo la fotografia firmata Nicolaj Bruel e l’accompagnamento musicale danno il loro contributo per la creazione di un’atmosfera impeccabile.
Lo show ha quindi le premesse giuste – almeno esteticamente – per essere ben allestita dal punto di vista tecnico, ma solo completando la visione sarà possibile dare un giudizio completo. Ad ogni modo a livello di trama probabilmente Il Gattopardo di Netflix non sarà fedele all’opera originale, ma si concentrerà più sulle dinamiche familiari attraverso un taglio più moderno, visto anche il maggior coinvolgimento di figure femminili come quella di Concetta. La paura, ovviamente, è che questa scelta possa andare a snaturare eccessivamente il racconto, penalizzando la narrazione con il solo scopo di adattare il prodotto alla contemporaneità.
Voto: 6 ½
Personalmente mi viene immediato il paragone con l’arte della gioia, in questo momento su Sky, che ritengo un capolavoro