Nell’attesa di una nuova stagione di Bridgerton, la società di produzione della celebre Shonda Rhimes – Shondaland – torna sul piccolo schermo con una nuova serie tv uscita su Netflix il 20 marzo, questa volta approcciando un nuovo genere: il giallo. The Residence, ispirata al libro di Kate Andersen Brower “The Residence: Inside the Private World of the White House”, è una serie tv crime ambientata alla Casa Bianca e racconta dell’eccentrica detective Cordelia Cupp alle prese con la risoluzione di un omicidio durante una cena di Stato. Come in ogni mistery, e in ogni serie Shondaland che si rispetti, si aggiungono alla ricerca dell’assassino anche gli intrighi politici e personali dei personaggi: un mix esplosivo che fin dai primi istanti incolla lo spettatore allo schermo.
Seguendo uno stile più in linea con le serie procedurali crime americane, come ad esempio CSI: Crime Scene Investigation, The Residence porta immediatamente lo spettatore nel vivo dell’azione condito da un inizio da manuale per un racconto giallo: l’arrivo di una tempesta.
Attraverso una sequenza della durata di circa due minuti, la serie mostra chi sarà la propria vittima, interpretata da Giancarlo Esposito, e qual è il suo ruolo nella storia. Sfruttando i primi piani per focalizzare l’attenzione sul personaggio e il fast motion per creare un senso di ansia e urgenza, la produzione guida lo sguardo dello spettatore lungo gli ultimi istanti di vita della vittima, mostrandone i momenti salienti e la frenesia che caratterizza la vita nella residenza più importante d’America, culminando nel classico urlo che dà inizio alla fase investigativa della narrazione.
Fin dai primi istanti, quindi, si cerca di dare un tocco d’innovazione al genere, svecchiandolo dai suoi ritmi troppo lenti e dalle sue dinamiche potenzialmente obsolete per lo stile televisivo odierno ma mantenendo con sé gli aspetti che ancora riescono a coinvolgere il pubblico appassionandolo a questo tipo di storie, come per esempio la figura del detective.
La letteratura e il cinema sono costellati di celebri detective che hanno segnato la storia del genere, da Sherlock Holmes a Hercule Poirot, arrivando fino al recente Benoît Blanc. Ognuno di essi ha la propria caratteristica distintiva, dai baffi di Poirot alla pipa di Holmes, ma tutti condividono la stessa natura: si tratta di persone profondamente intelligenti, eccentriche e, soprattutto, ligie al dovere. Hanno una mente estremamente attiva, costantemente alla ricerca di stimoli e, una volta trovato un caso, niente li può fermare dal raggiungere la verità.
La stessa determinazione, seppur senza la spigolosità che caratterizza alcuni detective uomini, è presente anche nelle grandi investigatrici come Miss Marple e la Signora Fletcher, anch’esse icone del giallo che hanno rivoluzionato, attraverso una rappresentazione femminile innovativa per l’epoca, il genere. Infatti, oltre a mostrarsi estremamente intelligenti, indipendenti ed autorevoli, come le controparti maschili, racchiudono in sé una caratteristica tipicamente femminile, la malleabilità, ovvero il riuscire ad adattarsi ad ogni situazione senza però spezzarsi o cambiare la propria natura. A differenza di alcuni detective che fanno della loro eccentricità un tratto che li separa dal resto delle persone, creando un distacco emotivo, le investigatrici non si sottraggono mai all’aspetto sociale, anche con la polizia che segue il caso e spesso le sminuisce, ma ne fanno un proprio vantaggio. Sfruttando i legami sociali che instaurano riescono ad ottenere informazioni fondamentali per la risoluzione dei casi, sbalordendo anche chi non credeva in loro – tra cui, molto spesso, i poliziotti che lavoravano al caso.
Cordelia Cupp, l’investigatrice protagonista di questa serie, sembra raccogliere maggiormente l’eredità maschile del genere giallo. Dai primi istanti in cui entra in scena, infatti, si nota la sua stravaganza, che emerge dal fatto che sia più interessata al birdwatching che al caso che le si sta proponendo. Non appena arriva sulla scena del crimine, tuttavia, si coglie la sua estrema intelligenza, riuscendo in un attimo a smentire le ipotesi mosse dai capi delle principali agenzie americane presenti, ma anche la sua poca empatia nei confronti di chi la circonda, concentrando la sua attenzione solo sul risolvere il caso secondo i suoi metodi e tempi, ignorando il tumulto emotivo intorno a lei.
Analizzando il suo stile, dagli sguardi lanciati verso i vari indizi presenti sulla scena del crimine al modo di parlare, si sentono le forti influenze di detective come Sherlock Holmes – specialmente dell’interpretazione di Benedict Cumberbatch della serie BBC del 2010 – e, se da una lato è interessante vedere una versione di Holmes al femminile e nera, dall’altro fa sentire la mancanza di un personaggio al 100% originale che possa a tutti gli effetti diventare per le nuove generazioni ciò che Sherlock Holmes o Poirot sono stati in passato.
Nonostante ciò, lo scontro fra il carattere irriverente di Cordelia Cupp, interpretata da un’incredibile Uzo Aduba, e lo scetticismo e panico del resto del cast creano momenti d’ironia che smorzano la tensione dell’omicidio, avvicinando la serie più ai toni della saga Knives Out che ad un classico episodio di Poirot e creando una storia scorrevole e piacevole.
Dal punto di vista della struttura narrativa, non trattandosi di un dramma procedurale, i 50 minuti dell’episodio pilota sono stati sfruttati come basi per l’intrigo che si svilupperà nel corso degli otto episodi dello show. In questo modo lo spettatore viene introdotto ai personaggi principali, mostrando i primi accenni di movente per ognuno di essi, e al modus operandi dell’investigatrice, fulcro dell’intera narrazione. Analizzando lo sviluppo della prima fase investigativa si nota una struttura abbastanza classica ma, come ormai molte serie di questo genere insegnano, il colpo di scena che può ribaltare la situazione é sempre dietro l’angolo. Sicuramente lo sviluppo del personaggio della detective sarà fondamentale nella riuscita della serie perché, come dimostrano anche gli esempi citati in precedenza, una storia classica di genere giallo acquista potenza quando ad una trama forte viene affiancato un protagonista carismatico ed intrigante che riesce a catturare i favori dello spettatore.
Il pilot di The Residence mostra la volontà da parte dei creatori di raccontare un classico giallo deduttivo con l’obiettivo, però, di svecchiare il genere attraverso una storia che unisce tensione e humor, con una protagonista intrigante e con un uso più innovativo della cinepresa, sfruttando inquadrature dall’alto e i classici salti temporali già incontrati in molte produzioni della Rhimes per creare dinamismo.
Nonostante dal pilot non sia ancora evidente una storia che riesca a distinguersi da altre produzioni del genere e che sembra assorbire molto dallo stile di Knives Out, si tratta comunque di un episodio godibile che con il suo tono leggero riesce nell’intento di catturare l’attenzione dello spettatore spingendolo a continuare la visione per scoprire l’assassino.
Voto: 7