Dopo una premiere re introduttiva True Blood torna a farci sospirare con un episodio decisamente interessante colmo come sempre di desiderio, fame, terrore e della riscoperta della natura di ognuno, come da slogan della stagione; “Mostra i tuoi veri colori” riguarda sicuramente i vampiri, ma anche gli umani (i tossicodipendenti, gli irati, gli affamati e quelli dotati di luce e magia). La crescita esponenziale di personaggi ci presenta un mix di specie, razze e nature che fanno di Bon-temps epicentro caotico e infernale delle diversità.
LA POLITICA
Un gruppo di simpatici bigotti, che “hanno il diritto costituzionale di essere dei fottuti idioti” ormai si accampa abitualmente davanti al Fangtasia, accogliendo gli avventori del locale con la cantilena incessante “Steve Newlin’s right you’re devils of the night”, nel tentativo di provocare malefatte vampiresche da registrare e diffondere a loro favore. A detta di Pam, infatti, la tecnologia rovina il divertimento che deriva dall’essere vampiri, tanto da non poter dare una mano a Hoyt, eroe romantico che protegge l’onore della sua compagna in una rissa, senza avvantaggiare la campagna anti-canini della “Compagnia del Sole”. L’era post-Russell Edgington è segnata dalla propaganda.
I risvolti politici più interessanti appartengono però al passato e ci vengono mostrati grazie al signorotto di campagna, avvezzo ad abbandonarsi ai ricordi.
Dopo la Chicago anni 20 e la guerra di secessione, tocca alla Londra del periodo punk: Bill rimugina sugli eventi che lo hanno portato ad imbarcarsi nell’avventura di spia per conto dell’Autorità, ovvero quel gruppo di vampiri anti-monarchici e pro-umanità, che reprimono la loro natura di succhiasangue per far parte del mondo a tutti gli effetti. Ad essere attirata dalla misericordia di Bill verso gli umani è la vam-politica per eccellenza: Nan Flanagan, promossa per la nostra gioia a personaggio regolare. Nonostante l’overdose di matita per gli occhi Nan riesce a restare seria davanti a Bill, che sfoggia un sensuale accento inglese da far tremare le gambe e altre zone corporee innominabili, confessandogli il progetto per la creazione del Tru Blood, la bevanda che ha permesso ai vampiri di venire allo scoperto e che, a quanto pare, non è stata davvero opera dei giapponesi ma di Louis Pasteur, famoso chimico francese, re dei germi e della batteriologia. L’idea di integrarsi nella società umana, però, non può coesistere con l’attuale organizzazione monarchica: è qui che Bill entra in gioco, accettando l’incarico di infiltrato. Non si tratta, purtroppo, di uno spinoff erotico di 007- licenza di succhiare- ma di un percorso di distruzione della monarchia dall’interno. Il climax di tale incarico ci viene mostrato con un altro flashback, che pone fine all’attesa spasmodica di conoscere l’esito della lotta à la Matrix tra queen Sophie-Anne e aspirante queen Bill, che ci ha tenuti con il fiato sospeso per mesi. Ebbene l’esito era quello che ci aspettavamo dopo aver sentito appellare Bill come “vostra maestà”: la regina è morta, grazie alla complicità di soldatini umani equipaggiati con proiettili di legno con punta d’argento (solo il meglio, per la nostra regina). Un altro personaggio fantastico ci abbandona. Dopo l’esplosione regale Bill viene nominato “King of Louisiana” da Nan, riuscendo a prendere due piccioni con una fava nel giro di pochi minuti: non solo diventa re, o regina a seconda dello schieramento che avete riguardo il triangolo con Sookie ed Eric, ma riesce anche a distogliere l’attenzione dalla sua amata.
La fata sembra uscita dal radar vampiresco, almeno per i prossimi venti secondi, fatta eccezione per l’insistente Eric, il quale mette radici in casa Stackhouse sperando di poter acquistare la gabbia con dentro l’uccellino (per l’occasione si è anche regalato una cuccia sotterranea per il riposo diurno post-amplesso fatato).
TRA FAMIGLIA, DESIDERIO E NATURA
La famiglia, intesa come senso di appartenenza e sicurezza, è al centro dell’episodio con sfumature differenti, adombrate dall’immancabile energia istintuale.
In primis abbiamo Jessica e Hoyt che giocano a fare “casetta” nonostante la prima sia perlopiù distratta dalla sua Fame, e dunque dalla sua Natura. L’intento di mettere l’adorabile primo amore in crisi è cosa giusta: hanno stancato. Hoyt rifiuta il sangue additivo della compagna e si lecca ancora le ferite d’onore mentre Jessica, casalinga annoiata, segue il suo istinto banchettando con un cliente del Fangtasia. La prevedibilità della storyline non sarebbe stata completa senza l’intervento della “vicina ficcanaso”: Sookie, lì presente per rimproverare il vichingo.
Sam comincia ad avvicinarsi alla cavalla del “gruppo di sostegno per shapeshifter”, per gli amici Luna, levando sentimenti di gelosia nel fratello, a cui la compagnia di Mrs. Fortenberry non basta (come biasimarlo?). La cavalla si apre ai suoi amici mutaforma confidando un particolare oscuro del suo passato, cioè l’ironia dark di dover ascoltare le leggende indiane di suo padre riguardo gli skinwalker, ovvero quei mutaforma capaci di assumere sembianze non solo animali, ma anche umane. Ella stessa, infatti, è riuscita a mutare nella figura di sua madre, a cui ha tolto la vita col parto, vedendola ironicamente per la prima volta. Ecco il problema: perché uno shapeshifter possa tramutare in altro essere umano deve versare il sangue della sua famiglia. Impressive. Ricordiamocene, perché questo piccolo dettaglio potrebbe essere utile nel rapporto conflittuale tra Sam e Tommy, che stava nascosto ad ascoltare.
Tara lascia Toni (il suo alter-ego lesbo) a New Orleans per salutare Sookie, ritenuta morta per un anno, senza aspettarsi un fottuto tappeto rosso né tantomeno una riunione wicca…ma su questo torneremo più in là. L’unica cosa da dire è che tutti la vedono serena per la prima volta, dopo aver volto le spalle alla sua “famiglia”: Bon-temps, buco umidiccio causa di malesseri di vario tipo.
Ora che Sookie è libera dalle grinfie dei succhiasangue, per i quali ha perso fiducia una volta conosciuta la sua provenienza fatata, tenta di ricacciare le avance per niente sottili di Eric, ma è la favolosa Pam, con le sue maniere delicatissime, ad aprirle gli occhi: “You have to be somebody’s or you won’t be at all”…il sangue di fata attirerà sicuramente altri guai, perciò tanto vale lasciarsi possedere da Eric, che provvederà alla sua sicurezza e perché no, alle sue brame corporali. La fata è ancora titubante e attaccata alla sua riscoperta indipendenza, nonostante il luccichio negli occhi ogni volta che si trova di fronte a Bill, o alla sua casa infighettata in occasione della nomina a Re delle paludi. Staremo a vedere per quanti episodi riuscirà a tener lontani i pretendenti, prima che il SUO desiderio prenda il sopravvento.
Le storie di famiglia più inquietanti spettano, infine, a Jason e Arlene.
La rossa ha partorito il figlio di un serial killer, moccioso orrendo già sopravvissuto ad un aborto e ad un massacro di barbie. La sua ansia è molto poco materna, tanto che si abbandona ad esilaranti isterismi ogni volta che succede qualcosa: che si tratti di un capillare rotto o di un’opinione di Sookie, secondo la quale quel bambino ha un’anima antica. Dunque le preoccupazioni di Arlene verso la natura del figlio hanno ancora un risvolto divertente, che forse svanirà quando verrà svelato se il bambino è malvagio, è il tramite di una forza sovrannaturale o un innocuo “motherfuck face”.
Per ora l’inquietudine nasce da Arlene stessa, che sembra succube della sua stessa suggestione. Se fosse così la storyline potrebbe rientrare tra le più esaltanti, salvo la potenziale scoperta di un nuovo tipo di “super” neonato.
Dopo la presentazione di Bon-temps conseguente al lasso temporale credevamo che le evoluzioni (o involuzioni) dei protagonisti fossero finite, ma ci pensa Jason a placare la smania di cambiamenti. La sua famiglia adottiva pretende un sacrificio maggiore che fare due viaggi al supermercato perché ha dimenticato la carta igienica. L’esigenza degli stereotipi redneck di Hotshot è quella di mantenere la procreazione a livelli disumani, ma Felton, tornato di recente a casa, o a catapecchia (carico di V, in favore delle dipendenze dello sceriffo Bellefleur) ha fallito miseramente con la sua mezza-sorella/moglie. La tradizione dell’incesto viene dunque spezzata a vantaggio (?) della relazione interspecie fra Crystal, che sembra sempre più matta, e Jason, il poliziotto dal cuore d’oro e dal cervello di latta invischiato in atmosfere che non gli si addicono. L’unico modo che i due hanno di stare insieme è l’assorbimento di Jason nella comunità di Hotshot, ma questo assorbimento deve essere totalizzante, non è concepibile senza un “patto di sangue”. Uso impropriamente il termine “patto” perché Jason non è assolutamente consenziente, nonostante l’affetto per la bionda e la sua famiglia allargata.
Perché i due possano procreare eredi mutaforme e prolungare la linea di sangue (è qui la clausola intrigante) anche Jason dovrà essere una pantera: e giù di zanne per infettarlo. Si prospettano sequenze interessanti per questo shapeshifter derivato.
IT’S A KIND OF MAGIC
Ultima, ma non per importanza, la Villain ufficiale della quarta stagione: Marnie, la strega che si lascia sopraffare dalla magia nera e dalle possessioni ad hoc, interpretata dall’ineccepibile Fiona Shaw. La sua aura malvagia terrorizza Lafayette, appena scopertosi strega “bianca” grazie al sorridente Jesus, che lo rassicura sui modi di usare la magia (bianca o nera che sia) e lo trascina di continuo alle riunioni wicca, di cui noi abbiamo assaggiato il meglio. Per proseguire la linea di resurrezioni iniziata con un pappagallo, Marnie ha già in mente il prossimo cadavere da riportare in vita: a person. Tara, ospite sarcastica della congrega con una certa esperienza di rituali (voodoo) e morti-nonmorti, se ne dissocia, seguita (a parole) da un incerto Lafayette, ma tra il chiacchiericcio generale arriva Eric, inviato dal Re per porre fine alla negromanzia tramite istigato terrore. Quel tipo di divinazione permette il controllo sulla morte e quindi sui morti, o i non-morti: inaccettabile per la libertà dei succhiasangue. Eric sfoggerà dunque le sue doti di terrorismo ordinando a Marnie di smembrare la sua congrega di streghe (vere, per fortuna).
Così l’inquietante strega ci delizia con un sommesso rifiuto (“che cosa ci guadagno io?”) seguito da un’ulteriore possessione, per mano di uno spirito che scorgiamo sul suo volto a intermittenza, volta a maledire Eric con la forza di un pessimo accento latino, mentre le altre streghe si riuniscono a sostenerla:
“Jam tibi impero et præcipio maligne spiritus! Ut confestim allata et circulo discedas, absque omni strepito, terrore, clamore et foetore, asque sine omni damno mei tam animæ quam corporis, absque omni læsione cujuscunque creaturæ vel rei; et ad locum a justissimo tibi deputatum in momento et ictu oculi abeas; et hinc proripias”
ovvero qualcosa del genere
“Ora ti comando, spirito maligno, di lasciare immediatamente questo circolo senza produrre alcun rumore, spavento, tumulto e tanfo, e senza danneggiarmi nel corpo né nell’anima né ledere altre creature o oggetti; e recati immediatamente nel luogo che la giustizia ha designato per te. Vattene da qui.”
Cacciare il vampiro e spingerlo verso il suo luogo di appartenenza non è l’unico risultato che ottiene: Eric perde la memoria. Lovely. Stordito e svestito, si imbatte in Sookie sulla strada verso casa (non a caso il luogo designato per lui!) non percependone l’amicizia, ma solo il fatto che profuma di cena (“Why do you smell so good?). Ci è mancato il classico “shut the fuck up”, ma la scena era comunque eccitante e destabilizzante.
Come sempre sono tante le storie che ci tengono ad occhi aperti e pugni serrati, sebbene il trash scarseggi in questo episodio di riaffermazione del format (dopo una premiere necessariamente introduttiva e posticipata). La magia praticata sembra voler prendere il sopravvento su quella intrinseca (i vampiri), mentre tutti i personaggi devono fare i conti con l’essenza della propria natura, tra cui luce (Sookie e Lafayette), ingordigia (Andy e Jessica), malvagità (streghe e vampiri), emarginazione (gli shifters)…dopo che ci hanno messo tre stagioni per scoprirla o accettarla.
VOTO: 8