La NBC, storico canale americano, già madre (o padre?) di sitcom riuscitissime quali Friends, Frasier, 30 Rock, Will e grace e Community, ha sfornato due nuove comedy nella giornata di Mercoledì 14 Settembre, che forse vale la pena di seguire. Quel “forse” è responsabilità soggettiva di ognuno di noi, ovviamente. L’unico consiglio che posso dare è di non limitare le chance al solo pilot che, soprattutto per le comedy, non è quasi mai abbastanza entusiasmante.
Up all night
Dalla penna di Emily Spivey, già scrittrice per Parks and Recreation e Saturday night live (istituzione comica americana che dovete conoscere), questa comedy single camera, perciò libera dalle catene di risate pre-registrate, non promette granché di nuovo se non qualche sketch divertente e un cast imperdibile.
Una coppia di genitori impreparati deve arrabattarsi nel crescere una bambina inaspettata che, a detta dei due, è “so fucking beautiful”. Ad allargare l’ambientazione casalinga, tra pannolini e pianti notturni, c’è lo studio televisivo in cui la neo-mamma lavora. E’ questo l’habitat dell’altra protagonista della serie, un’instabile conduttrice di talk show, e delle nostre speranze di vero divertimento.
Nulla di sensazionale, per ora, ma questo pilot, nel suo piccolo, riesce nell’arduo intento di inquadrare la trama, presentare i personaggi e preparare il terreno per il futuro, stimolando la curiosità di sintonizzarsi per gli episodi successivi. Una volta compiuta l’ardua missione ci si potrà concentrare meglio sulle trovate comiche, le quali scarseggiano ma non sono totalmente assenti.
La sfida di tenere un bambino in vita è già dipinta in maniera abbastanza assurda e divertente in Raising Hope. Ciò che invece ispira più fiducia in Up all night è proprio il dietro le quinte dello studio televisivo. Non a caso il personaggio della pseudo-Oprah, Ava, è stato ingigantito prima delle riprese per offrire più potenziali scenari comici alla caratterista Maya Rudolph, perfettamente a suo agio in un ruolo che ricorda i suoi sketch al Saturday Night Live, tra talk show parodici ed esibizioni musicali strascicate e assolutamente esilaranti. Lo ammetto: ho un debole per i tre comprimari, ma sto cercando di mantenere un punto di vista più freddo per un pilot che attendevo ardentemente ma che non mi ha sorpreso particolarmente.
Christina Applegate (Samantha Who?) è ben equilibrata nell’interpretare una donna moderna rapita nella triplice morsa di genitrice esausta, ragazza che ha ancora voglia di svagarsi e donna in carriera sulle cui spalle pende la sorte di un intero (talk)show. Will Arnett (Arrested development, 30 rock), al suo ennesimo ruolo da bambino troppo cresciuto, deve far fronte alle responsabilità senza avere alcuno spirito pratico dalla sua parte: ogni mansione da papà casalingo si rivela un incubo, che si tratti di trovare del formaggio ordinario al supermercato o evitare che una vecchietta sconosciuta metta le sue mani grondanti di germi sulla neonata. Le risate scarseggiano ancora, ma la coppia funziona: c’è chimica tra i due attori e il “terzo incomodo” di Ava rappresenta quasi una minaccia alla stabilità del fresco nucleo familiare. Insomma le premesse per il futuro ci sono eccome, basterebbe leggersi le filmografie di attori e creatrice. Sarà la scrittura, dunque, a segnare l’ascesa o il declino di questo trio di simpatici attori e di quella che, secondo me, è ancora una comedy promettente.
VOTO: 7 e mezzo (tenendo bene a mente che si tratta di un pilot)
Free Agents (US)
Free Agents, scritta dal creatore di Party Down, è l’ennesimo reboot di una serie inglese, di cui personalmente ricordo ben poco. Ciò di cui sono sicuro è che il passaggio del format da BBC a NBC ha causato una certa perdita di humour, quello più piccante e dark, necessaria a rendere la sitcom “accettabile” per un pubblico vasto (conteniamo i conati di vomito, per piacere).
Il plot è considerevolmente “contemporaneo”, in quanto focalizza l’attenzione sulla solitudine (un po’ come fanno Curb your enthusiasm, Louie e Wilfred con sfumature ben diverse) e su un ufficio pieno di caratteristi possibilmente irresistibili, almeno su carta.
Due colleghi, entrambi disperatamente lonely, iniziano una relazione sessuale segreta, ma purtroppo la premessa comica si ferma qui, al semplice imbarazzo, proprio perché non siamo su Cable e non si può esplorare la situazione e testarne i limiti restando politically correct (anche qui: attenzione ai conati). Persino il Boss dell’agenzia, interpretato ancora una volta da Anthony Head (Buffy, Merlin, Little Britain), perde quell’umorismo di vispa perversione che ne aveva fatto personaggio di punta nell’originale britannico (non a caso è l’unica cosa che ricordi).
Finora il mio giudizio potrebbe sembrare estremamente negativo, ma no: non lo è. Nonostante soffra del calo fisiologico di stile e comicità, dato dal trasferimento da Gran Bretagna sfacciata ad America generica, la serie ha un folto gruppo di attori vagamente interessanti e uno stile compatto e leggero che potrebbe addirittura segnarne una vita longeva. Come dicevo all’inizio giudicare un pilot per uno spettatore è sempre difficile, così come costruirlo in maniera soddisfacente lo è per un autore, perciò non mi perderò d’animo e darò una seconda possibilità anche a questa sit-com partita in sordina, nonostante se lo meriti un po’ meno rispetto alla precedente.
VOTO: 6 (sono già generoso di mio, ma con i pilot sono praticamente un pezzo di pane)
Insomma i due pilot non sono un disastro e funzionano nel loro intento introduttivo, perciò diamo loro il tempo necessario ad ingranare e a trovare il loro spirito comico, per poi lasciarci trascinare dai nostri insindacabili gusti personali.
[rps]