American Horror Story 1×03- “Murder House”


American Horror Story 1x03- "Murder House"Messa un po’ da parte la fervida schizofrenia introduttiva del pilot, che ci ha catapultati in un luogo di incomprensibili orrori, American Horror Story, già dal suo secondo episodio, ricercava una maggiore linearità nell’esecuzione e nello script. Scelta che non appiattisce la serie, ma le dà consequenzialità seriale meno illogica, pur mantenendo tutto il suo intrigue e le sue psicosi.

L’episodio si apre con un flashback, il quale, come da consuetudine ormai, ci apre al passato dei personaggi che gravitano attorno alla Casa, addirittura con una brevissima “soggettiva del male” ispirata da “Evil Dead” (Sam Raimi, 1981). “Don’t make me kill you again” disse l’arcigna diva anni ’50 alla governante provocante/repellente, e in questa visione del 1983 ci viene mostrato quand’è che Constance ha ucciso Moira la prima volta. American Horror Story 1x03- "Murder House"Un doppio omicidio passionale, in una storia di tradimento simile a quella dei protagonisti della serie, solo più sordida: l’errore di Moira, l’amante a domicilio, le si riversa contro in un tentativo di stupro, un colpo in testa a sangue freddo e nell’eterno asservimento alla Casa delle Case d’orrore (non mi sorprenderà se Hayden, l’amante di Boston, dovesse tornare in forma d’ectoplasma). Perché sono le passioni, i rancori, le ossessioni e le paure di questi personaggi ad ancorarli all’incubo, in un continuo rigirarsi su sé stesso del terrore, insito nelle fondamenta stesse della villa archetipica.

Una progressione di amenità e mutilazioni, iniziata sin dalla sua edificazione negli anni ’20 dove il suo costruttore, un chirurgo tossicodipendente con una punta di God Complex (o complesso di Frankenstein, visto che siamo in una polverosa soffitta di citazioni) si diletta ad annegare esseri nella formaldeide e a tentare di donare il soffio della vita a chimere disturbanti (forse per cancellare definitivamente la negligenza del detto “Quando i porci avranno le ali”).American Horror Story 1x03- "Murder House" Ma questo isolamento nello scantinato da scienziato tracotante è solo l’inizio di quello che sarà il covo di eterni ritorni inquietanti: la moglie impietosa obbliga il miserabile marito a praticare aborti improvvisati per mantenersi. Sono dunque le anime dei mai nati a costituire il sostrato sovrannaturale dell’edificio, bloccati per sempre nell’inquietudine della vita negata, non diversamente dagli adulti. Ecco infatti che al giorno d’oggi arriva la signora dei ruggenti anni ’20, con la testa spaccata (“Il sesto senso”, 1999, non manca) a rivisitare il suo nido di terrore, giudicandone i cambiamenti e rammentandone le peculiarità, come gli affreschi e i lampadari con cui ha deciso di impreziosirla all’inizio del secolo scorso, ma soprattutto aleggiando attorno alla pancia di Vivien, in una nostalgia che cerca quasi ripiego alle decine di gravidanze interrotte in quel luogo e al suo stesso bambino, vittima di chissà quale fine.

La mia principale chiave di lettura alla serie ricalca ancora le costruzioni a specchio dell’Hotel di “Shining” (Stanley Kubrick, 1980), dove i fantasmi del passato vi rimangono bloccati e partecipano alla degenerazione mentale dei suoi nuovi abitanti. Constance tenta di mantenere una certa aura dignitosa nel fare il suo sporco lavoro (pur volendo fortemente abbandonare quel luogo marcio, colmo di rancori e morte) come una elegante ma crudele signorona maligna da film classici mélo/noir; Tate mantiene alta la fascinazione dell’adolescente di casa; Larry, consigliere non richiesto, risolve i problemi di Ben per evitare che si allontani (in prigione, o a Boston); mentre la cementificazione sulla tomba in giardino costringerà Moira a restarci per sempre (piange sul suo scheletro, nel fosco desiderio di riposare in pace, ma grida la sua ansia di essere almeno rispettata, per una volta). Questi personaggi di contorno dunque, che non abitano ma infestano la casa, muovono e manipolano i protagonisti verso un finale di sangue inevitabile, senza libero arbitrio né leggerezza di cuore, anche loro vittime dei loro peccati e della suggestione del male, prima che carnefici.

Così la famiglia centrale tenta di barcamenarsi nel susseguirsi di situazioni inspiegabili o semplicemente riprovevoli, mentre il trasloco è posticipato con un’overdose di giustificazioni: soldi, stress, acquirenti inesistenti, figlia che fa i capricci. Solo la giovane emo disturbata, infatti, si approccia alla casa con sentimenti di fascinazione più che vittimismo: “Continuo a vederla come il posto dove siamo sopravvissuti”, mentre i genitori sono completamente impossibilitati a condurre una vita normale. Come una casalinga disperata, Vivien viene sorpresa da un Tour dell’orrore che si ferma davanti a casa sua descrivendola esattamente per quello che è (“Murder House”), così decide di parteciparvi per tentare di capire a che epoca, esattamente, risalgano i massacri (l’agente immobiliare è legalmente obbligata a dichiarare solo quelli degli ultimi tre anni).American Horror Story 1x03- "Murder House" Dopo una breve visione dell’omicidio ripugnante di Sal Mineo (uno dei protagonisti di “Gioventù bruciata”, 1955, icona di una generazione), Vivien apprende degli arbori della casa, ma ella è così coinvolta che le visioni si materializzano in sangue perso dall’utero. Sanguinamento che si fermerà immediatamente appena entrata in casa. E’ palese che questa Casa non vuole che i suoi abitanti la lascino da vivi, ma ancora di più che il loro momento non è ancora arrivato: questo parto s’ha da fare.

Infine abbiamo le vicende ancora più disturbanti del marito. L’uomo: quell’essere avvezzo a conquistare e fare di tutto un oggetto, una possessione. Persino un investigatore, avulso dalle vicende della casa, riesce a vedere Moira con occhi di desiderio, perché gli uomini negli altri “vedono ciò che vogliono vedere” mentre le donne ne scrutano l’anima. Reo dunque della sua stessa carnalità, Ben, sempre più confuso dalla nebbiosa realtà (“Quella tua piccola avventura a Boston ti ha reso paranoico”) e avvelenato in stile ‘20s, si annulla in un ciclo di blackout, alla fine dei quali si sveglia sempre sullo stesso punto: la tomba improvvisata dove le sfasciafamiglie trovano il loro eterno tormento, mentre gli uomini ci costruiscono sopra gazebo, simbolo di nuovi (ancora!) possibili inizi, ma soprattutto di copertura delle colpe.American Horror Story 1x03- "Murder House" Perché la più grande colpa è quella di coprire gli errori invece di risolverli o di cercare redenzione (un po’ come spostare la polvere sotto il tappeto, invece di sbarazzarsene: continuerà a tormentarti). Ma la coscienza di Ben è parecchio lontana dalla purificazione: va a macchiarsi sempre di più, causa indiretta del suicidio di una paziente (la semper inquietans Lettie Mae di “True Blood”) che macchia le sue mani e la sua coscienza di altro sangue. “Non è un crimine essere stronzi”, ma ci pensa la casa ad occuparsi di far giustizia sui misfatti disumani.

“American Horror Story” è una serie che continua a crescere, lasciando più spiragli di comprensione e appassionando sempre più con il suo Uroboros (eterno rinnovamento) del terrore e i suoi divertiti giochi di citazioni (i confronti tra Moira e Constance mi ricordano addirittura Tennessee Williams o Bette Devis). L’unica vera pecca è la recitazione di Dylan McDermott (Ben), quasi ridicola a tratti (“You’re a murderer, You’re a murdereeeer”) e totalmente divorata dalle performance degli altri, con la sconvolgente Frances Conroy (Moira) e la volutamente eccessiva Jessica Lange (Constance) in prima fila.

VOTO: 9

Decisamente tra le migliori novità della stagione.

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