Lasciati nella più tragica delle disperazioni, ritorniamo su Breaking Bad con l’acqua alla gola e il desiderio di veder esplodere quella tensione così meticolosamente costruita, nel corso della quarta stagione, da togliere il respiro. In medias res, la fuga è iniziata.
La famiglia si prepara a sparire sotto custodia protettiva, nella nebbiosa confusione di chi sa che il pericolo è in arrivo ma non ne conosce davvero l’origine, mentre finalmente Walt, il lento ed inesorabile cancro di conseguenze, si distacca dal nucleo in pericolo per trovare soluzioni definitive: “I alone should suffer the consequences of those choices, no one else” … “no more prolonging the inevitabile”.
La regia di Vince Gilligan indugia sull’attesa, sui contrasti di colore e sulle separazioni, concedendo pochi respiri profondi, soprattutto nella tiratissima seconda parte, mentre lo straordinario lavoro sulla colonna sonora di Dave Porter, dove le suggestioni acustiche confluiscono in musica delirante, rapprende tutto il disagio, la tensione e l’angoscia degli avvenimenti.
L’attesa
Skyler, nel nucleo familiare in fase di stallo, è l’unica a conoscere gran parte della verità, l’unica a conoscenza del fatto che suo marito potrebbe non tornare mai più e l’unica che in questo non ha più nulla da offrire; il tempo dei travestimenti e dei piani di copertura da mob-wife sono finiti: una sigaretta nel rossore del tramonto sembra l’unica boccata d’aria possibile, in attesa di sanguinose risoluzioni.
Jesse, nonostante il blitz della DEA in lavanderia, rimane fermo sulle sue convinzioni: non collaborerà con Pollos se qualcosa di definitivo dovesse succedere a Walt. La promessa di Gus, dunque, è quella di una risposta adeguata che, molto probabilmente, deve ancora sedimentarsi nella sua mente criminale. Così il ragazzo torna a casa, steso nella sua immobilità decisionale e d’azione, a manipolare un accendino.
Walt gioca alla roulette russa con sé stesso, chiedendo al caso di ispirare le sue azioni conclusive. La pistola continua ad indicare egli stesso, già condannato dalla sorte, finché una terza prova la dirige verso il vuoto, al posto dell “altro” assente, l’avversario dai giorni contati. Ma lo spostamento di camera sull’asse direttiva della pistola non apre semplicemente al vuoto. In quella visuale dettata dal caso, Walt scorge la sua soluzione, oppure solo un’idea: una pianta di oleandro bianco, velenosissima, lo porta alla riflessione su quella che potrebbe essere l’ennesima decisione drastica a cui gli eventi lo costringono.
End Times
Siamo davvero alla Fine: per troppo tempo le due grandi menti, Fring e Heisenberg, hanno giocato sulla procrastinazione, ora il gran finale è alle porte e i due fronti si preparano all’attacco.
Il fattore scatenante della partita a scacchi decisiva arriva con una telefonata a Jesse: Brock, il fratello del già dipartito Tomàs (per ordine di Gus), sta improvvisamente male. La mancanza di diagnosi porta immediatamente Jesse vicino alla verità: il bambino è stato avvelenato e la sparizione della sigaretta che nasconde la ricina acceca il suo giudizio, tanto che si lancia ad aggredire Walt, nascosto nel buio senza apparente via di scampo.
Il confronto tra i due è congeniale alla loro rinnovata alleanza contro il Grande Avversario, ma c’è qualcosa che l’uomo, con l’impronta di pistola sulla fronte e la morte negli occhi, nasconde.
Forse Gus non ha nulla a che vedere con la salute di Brock, forse l’amoralità di Heisenberg si disperde sempre più nell’abisso della disperazione, tanto da arrivare ad architettare un piano di invisa ferocia. Che Walt abbia smesso di titillarsi nell’incerto dualismo tra bene e male non è una novità: il suo ego, la sua opera, i suoi proponimenti salvifici per la famiglia non conoscono limiti, non sostengono più nemmeno un lontano barlume di etica. Il vero punto di rottura avvertito negli scorsi episodi non è quindi nelle dinamiche del business di droga, ma nella totale soppressione della sua umanità.
Non c’è nulla che Heisenberg non farebbe per sé stesso, compreso l’avvelenamento di un bambino per riconquistare la fiducia del partner. Egli fa leva sull’emotività di Jesse e sull’assassinio, nel penultimo episodio della scorsa stagione, del giovane spacciatore Tomàs per gettare ombre di inaffidabilità su Gus e minare la neonata lealtà del giovane verso quest’uomo privo di scrupoli. Il duo, nell’angoscia del tempo che sfiora, è rinsaldato e la minaccia di Gus può essere finalmente vanificata.
Solo il finale potrà chiarire le ragioni della degenerazione fisica di Brock: può esser stato Walt (come ipotizzato da Jesse in preda all’ira), può esser stato Gus (sempre “dieci passi avanti”) o potrebbe esser stato il nero susseguirsi degli eventi a partire, ancora una volta, dall’alone distruttivo che Walt rappresenta (come fu per l’incidente aereo della seconda stagione). Il moccioso, dunque, voleva solo provare una sigaretta o si è trovato ad incarnare la pedina finale in uno scontro spietato giunto agli sgoccioli. L’insinuazione in noi di questo dubbio conferma la tragicità della situazione e, ancor di più, la maestria degli autori.
Ciò che importa, qui e ora, è la fine della battaglia che (non) si consuma in un anti-climax da stordimento dei sensi. Gus è attirato in ospedale da Jesse che, distrutto, non è in condizioni di lavorare. La distrazione serve ad insediare una bomba fatta in casa per sbarazzarsi di Fring una volta per tutte. Walt si acquatta sul tetto di fronte al parcheggio, pronto a segnare “la fine dei tempi”, ma Gus è troppo guardingo, diffidente ed esperto per non accorgersi che l’avvelenamento e la corsa in ospedale non possono essere casuali.
In un finale da cardiopalma ci ritroviamo ancora una volta sul filo del rasoio, dove le uniche possibilità di sconvolgimento stanno nella morte: la morte di uno dei personaggi è l’unico motore che potrà sciogliere il teso triangolo, mentre le vittime collaterali sono abbandonate ad un senso di colpa ormai svuotato.
La costruzione ineffabile dell’episodio è il degno preambolo all’imminente finale di stagione, dove gli schieramenti porranno un freno ai giochi di potere e di fiducia, mentre già si annusa la fine dei tempi.
VOTO: 10
Al cast stellare, alla scrittura impeccabile, alla regia magistrale e ai personaggi sfaccettati, carichi di tragica intensità.
[rps]
Una stagione bellissima. voto 9 sia alla stagione che all’episodio. Quest’ultimo, a dir la verità, mi ha entusiasmato leggermente meno del precedente. Per essere un finale di stagione sono rimasto con l’amaro in bocca…un aborto di eventi! Ma so che tanto la fine arriverà ben presto con un finale di serie a meno di un anno di distanza!!! W Breaking bad
Ciao peppe,
sarai lieto di sapere che questa era la penultima puntata della stagione…l’ultima è domenica 😉
Fantasticooo allora a breve per la vostra recensione!!! 🙂
in effetti non so perchè ho creduto fosse un finale di stagione…forse dal titolo end times 😀