Dopo aver deciso chi interpreterà Marilyn Monroe, adesso è giunto il momento di iniziare a scegliere i vari ruoli maschili. Si comincia con Di Maggio in un episodio che, tutto sommato, non riesce a comportarsi bene come gli altri, scivolando ulteriormente nei cliché ed in un generale piattume che non aiuta di certo una serie appena cominciata.
Vi rivelo un piccolo dettaglio tecnico personale: dopo aver visto l’episodio mi sono sinceramente domandato cosa avrei scritto in questa recensione. I primi due episodi di Smash erano risultati abbastanza interessanti: certo, alcuni stereotipi erano ben visibili – la sconosciuta che sale alle luci della ribalta, il regista che vuole far sesso con questa – ma tutto sommato non davano particolarmente fastidio. Il terzo episodio mostra ulteriori passi in avanti – in certi aspetti assai veloci – sulla creazione del musical dedicato a Marilyn, aggiungendo tuttavia nuovi elementi che sembrano appiattire il tutto in una serie di cose già viste, per quanto sufficientemente ben scritte.
Partiamo dal personaggio dell’attore che dovrà interpretare Di Maggio: bell’uomo, con un figlio piccolo ed una moglie che lo spinge ad accettare tale ruolo. Ci si domanda il perché di tutte queste difficoltà e dubbi, ma non è che sia complicatissimo intuirlo: l’uomo ha avuto una relazione extra coniugale con il personaggio di Julia (Debra Messing). Per quanto non straordinariamente originale, è comunque un elemento capace di donare quel pizzico di pepe in più a tutta la situazione. Certo, il musical in cui viene scelto il primo interprete maschile è qualcosa di davvero imbarazzante – su Bruno Mars? Scherziamo? – ma le capacità canore dell’attore sono tutt’altro che in discussione.
La giovane esclusa, Karen, se ne torna per qualche giorno dai suoi per raggiungere i festeggiamenti delle sue amiche presso un locale da karaoke (un modo anche questo originale per farla cantare). Ovviamente si ripete il problema con il padre circa i problemi della ragazza nel trovare un lavoro stabile. Mi è piaciuto l’accenno alle traversie che chiunque aspiri a partecipare ai musical di Broadway si deve trovare ad affrontare: ristrettezze economiche, lotta all’ultimo sangue. Quello che stupisce, finora, è invece l’incredibile e – permettetemelo – surreale atteggiamento del fidanzato che la supporta senza battere ciglio. Non dico che non ci siano uomini così, anzi, ma più che realmente innamorato sembra totalmente sottomesso e privo di personalità. Per ora è monodimensionale, atto a rappresentare il classico fidanzato perfetto che inizierà a vacillare quando lei sarà molto più occupata dal lavoro e musical. Eco di già visto.
Se Ivy e Derek se la spassano in camerino (lei si dimostra sicuramente un genio per i problemi di lui con la sua abitazione), gli altri personaggi vengono solo tratteggiati, per ora. Tom è quasi non pervenuto, mentre Julia, sicuramente complice la capacità coinvolgente di Debra Messing, continua a piacere. Vedremo come si comporterà con l’assistente di Tom, la classica faccia da schiaffi a cui auguri le peggiori sciagure. Tuttavia il personaggio che continua a mantenere il maggiore appeal in assoluto è ancora una volta Eileen. Non solo per la questione cocktail, che continuo a trovare alquanto divertente, ma anche perché Anjelica Houston riesce a tratteggiarla con eleganza e straordinaria forza. Sicuramente sarà il personaggio da cui poterci aspettare il maggior numero di novità.
Circa invece le performance musicali, bisogna ammettere che questa settimana sono state più fiacche delle precedenti. Nulla che colpisca particolarmente (io, ad esempio, ho amato “The 20th Century Fox Mambo” dello scorso episodio), seppure le esecuzioni restino mediamente buone.
A fronte di ascolti in difficoltà, Smash ha già commesso il primo passo falso al solo terzo episodio, incapace di coinvolgere davvero lo spettatore e gettarlo a piene mani all’interno della storia. Forse per l’enormità di cliché di cui il telefilm è intessuto, risulta davvero difficile immedesimarsi ed appassionarsi a personaggi e trame che odorano di già visto e di cui non si sentiva affatto la necessità. È un peccato, perché le prime due puntate erano state indubbiamente superiori.
Voto: 5 ½