Con buona pace di chi crede nel libero arbitrio, il creatore di Heroes Tim Kring e il fu Jack Bauer Kiefer Sutherland ci portano alla scoperta degli schemi numerici che regolano i rapporti tra le persone e che tessono il corso degli eventi affinché tutto vada come deve andare.
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Il corso dell’universo è infatti scandito da rapporti matematici ben precisi. Riuscire a decifrarli vorrebbe dire essere in grado di rintracciare i percorsi del destino e scoprire quel filo rosso che lega tutti gli esseri umani e da cui le nostre sorti dipendono. Questa è la premessa di Touch, serie che segna il ritorno sul piccolo schermo del discusso Tim Kring, creatore della prima grandissima stagione di Heroes, ma ahimè anche di tutte le terribili altre, dalla seconda in poi. Ad una prima visione, la sua nuova scommessa sembra avere purtroppo in realtà più punti in comune con l’ultima fase della serie tv che lo ha lanciato: trama stracolma di forzature, improbabili intrecci tra i personaggi, scambi di battute talvolta ai limiti del comico involontario (come nel climax drammatico che chiude il cerchio narrativo di questo episodio).
Prima di tutto però, una premessa è d’obbligo: al giorno d’oggi, ogni produzione televisiva ambiziosa come questa pare non possa prescindere da un confronto con Lost, il che è spesso ingiusto nonché privo di reale motivazione. È anche vero, però, che se nel solo episodio pilota ci viene mostrato: 1) il destino che attraverso numeri ricorrenti scandisce le esistenze dei personaggi; 2) un personaggio che vince alla lotteria con dei numeri che influenzano indirettamente anche gli altri protagonisti e che 3) è interpretato tra l’altro da un’importantissima guest star del serial di J.J. Abrams (Titus Welliver, il famigerato Man In Black); 4) Un padre che deve crescere da solo un figlio con cui ha problemi di comunicazione e che ha qualcosa di “speciale”; 5) un ragazzino che ha l’abilità di vedere e interpretare il “filo” che regola i destini dei personaggi e che di nome fa Jacob (tra i tanti esistenti, proprio quello?), beh, allora si rischia di sconfinare il territorio della mera citazione e il paragone diventa opportuno ancor di più che non con i vari Alcatraz, The Event, Flashforward e simili.
Confronto o no, Touch ne esce comunque male, soprattutto per quanto riguarda lo stimolare riflessioni intorno alla nostra esistenza: il Pilot è un dramma buonista un po’ sempliciotto e sconclusionato, in cui una sorta di Provvidenza agisce attraverso i numeri per far quadrare gli eventi e portare ai personaggi un po’ di speranza, dimostrando che anche quando tutto sembra andar male, è in realtà in previsione di qualcosa che in futuro riscatterà tutto. Non sembra esserci possibilità che il Destino, la Sorte o chi per lui sia (citando proprio Lost) un “fickle bitch”, un qualcosa che ti toglie e non ti ridà nulla indietro, un’illusione che ti fa credere in qualcosa e poi ti lascia con un pugno di mosche in mano. Magari è un aspetto che verrà sviluppato in seguito, ma il Pilot, che in genere dovrebbe darci un quadro completo di quello che è e sarà la serie, non va oltre un’inverosimile favoletta edulcorata con tanto di lieto fine per tutti i suoi personaggi.
Nel suo essere quasi auto-conclusivo (fanno eccezione gli ultimi secondi), Touch potrebbe essere una sorta di mediometraggio riassuntivo di film come Crash – Contatto Fisico (del resto la metafora alla base dei due titoli è la stessa) o come Babel (di cui tra l’altro riprende la partizione in tre diverse aree del mondo). Se però in quest’ultimo si percepiva anche tutta la disperazione che caratterizzava gli esiti delle storie di alcuni personaggi, qui tutto questo sparisce, a favore di una confezione zuccherosa e un po’ ruffiana, farcita di ormai abusati richiami all’11 settembre nonché di un fastidiosissimo modo superficiale e patinato di raccontare l’Iraq e il Terrorismo. Anche volendo tralasciare i contenuti per concentrarsi sugli sviluppi narrativi, il meccanismo a incastro, oltre a non rivelarsi più così originale come poteva essere fino a qualche anno fa, pare più un esercizio sterile di scrittura, tra l’altro mal riuscito viste le evidenti forzature che ogni trama e sottotrama subisce in modo che le singole tessere completino il puzzle (la storyline della cantante e del cellulare sono poi quanto di più assurdo visto ultimamente).
Ciò che salva questo pilot è senza dubbio la costruzione del rapporto padre/figlio e l’interpretazione di Kiefer Sutherland, che si dimostra attore versatile oltre che bravo, essendo qui alle prese con un personaggio totalmente agli antipodi rispetto a quello che lo ha reso famoso in 24: un uomo smarrito, fragile, incapace di combattere ed estremamente solo. Proprio la solitudine è il sentimento che emerge con più forza dalla storia, curato a tratti con molta delicatezza (grazie anche alla buona colonna sonora) e che bene è espresso dal silenzio in cui il bambino protagonista si rinchiude, spaventato da un tipo di comunicazione, quella umana, così imprevedibile, travolgente e poco razionale rispetto a quella fredda, certa e matematica dei numeri. Non a caso la macchina da presa stringe tantissimo sui volti dei vari attori, non mollandoli quasi mai e togliendo loro spesso il contesto esterno e i punti di riferimento.
Il Pilot di Touch si destreggia dunque tra una debolezza narrativa evidente e un grande potenziale umano, che emerge lì dove cerca emozioni sincere e non furbi buonismi. Il problema generale è che non è ben delineata la direzione che intende prendere la serie: i presupposti per una grande linea narrativa orizzontale mancano quasi del tutto (tranne un accenno ad altri bambini con le stesse capacità del protagonista), e dal punto di vista “procedurale” l’indagine a partire da un mucchio di numeri è già un meccanismo che quest’anno sta ampiamente sfruttando Person of Interest. Tolta la patina emotiva superficiale, quello che rimane di questo pilot non solo è molto poco, ma è anche scarsamente convincente. E se in una nuova serie il fantasma di Heroes comincia ad aleggiare fin dai primi minuti, non ci sarà bisogno di numeri per capire che il suo futuro potrebbe non essere molto roseo.
Voto: 5
purtroppo devo concordare sul fatto che ho trovato alcune analogie con Heroes (a partire dalla presenza del giappone così insistente) e che il futuro di questa serie nn m sembra così roseo; sia dal punto di vista delle sue sorti che dal punto di vista narrativo. potrebbe trovarsi a nn avere + nulla da raccontare. è molto presto per dirlo però xkè in generale a me questo Pilot è piaciuto molto.