Nonostante un rinnovo per la seconda stagione già annunciato, Smash non cambia il proprio percorso, preferendo rimanere ben stretta ed ancorata ad una sequenza di cliché così evidenti da non poter non infastidire fortemente. Se sul fronte musicale si lavora anche bene, altrettanto non può però dirsi dei personaggi.
Quello che più colpisce di Smash è che solo lo spettatore più distratto non si rende conto di come siano messi in gioco in questa serie tv tutti i più classici degli stereotipi. La ragazzetta acqua e sapone che vince la diffidenza dei suoi giudici grazie ad una voce straordinaria, la donna sposata che tradisce il marito con un belloccio, il gay isterico, l’etero rude e velenoso, la donna in via di divorzio forte e stronza, la star dispettosa e a tratti insopportabile. Questa settimana, poi, aggiungiamo anche la madre della star che, ovviamente, è a sua volta una vera diva che subito manda in giubilo tutti gli amici della figlia, tranne proprio quest’ultima che soffre di un forte senso di inferiorità nei suoi confronti.
Il tema portante di questo episodio è l’esecuzione del primo Workshop da mostrare a potenziali investitori al fine di iniziare sul serio la produzione del musical su Marilyn. I problemi, però, si notano da subito, a partire dalla difficoltà creata dal grande caldo e l’impossibilità di riparare i riscaldamenti. Intendiamoci, non reputo tutto l’episodio qualcosa di già visto e, per questo, privo di fascino. Ad esempio ritengo che gli autori siano riusciti a ricreare intorno a questo workshop l’ansia e la preoccupazione di un clamoroso fallimento. Le canzoni, in linea di massima, mi piacciono tutte (per mio particolare ascendente, ho preferito il “20th Century Fox” della McPhee). Se il telefilm fosse finito qui, sarebbe un vero gioiello. Quello su cui palesemente gli autori si perdono è l’aspetto dei personaggi che si mostrano in tutta la loro disarmante banalità.
Partiamo dalla storia sentimentale portante dell’intera struttura, sinora: Julia e Michael. Dopo il loro incontro “bollente”, le attestazioni di affetto sono sempre più palesi (e pubbliche) finché Julia non entra in crisi nel vedere – ipocrita – Michael con moglie e figlio. Torna a casa e si rende conto che il suo, di figlio, ha scoperto tutto. Tralasciamo l’interpretazione del ragazzo, assolutamente insoddisfacente, per tornare a Julia: la decisione di cacciare Michael solo per evitare che i due stiano insieme è quasi raccapricciante oltre che controproducente, dato che è stato in realtà il migliore dell’intero workshop. Tuttavia almeno così dovrebbe finire questa patetica storia e si potrà andare avanti.
Sul fronte delle nostre due dive, Karen ha poco spazio – il tempo sufficiente per farle compiere un’altra sciocchezza, ossia quella di non accettare un importante ingaggio per attaccamento a Marilyn – mentre su Ivy ci si concentra molto di più. Lo scontro con la madre, qui interpretata senza particolare verve da Bernadette Peters, è di quelli dei più scontati: la donna ipercritica, grande successo del passato, che in realtà fa tutto questo perché vuole allontanare la figlia da quel mondo crudele che è il mondo dello spettacolo. Te ne ricordi un po’ tardi. Questa, ovviamente, è la causa di un paio di imperfezioni della ragazza durante le esibizioni, che potrebbero mettere in pericolo la scelta di lei come protagonista. Tutto già visto, tutto già sentito.
Se Eileen conferma il suo aspetto di donna forte – ma almeno per un episodio non si sente parlare del marito, bensì di un nuovo flirt – Tom si rende sempre più inutile, con un accennato triangolo che, ahimé, sicuramente tornerà a tormentarci nei prossimi episodi. Intanto l’assistente “faccia di gomma” continua a meritarsi i peggiori insulti ed è probabile che, dopo aver creato un bel po’ di casini, verrà fatto fuori dall’ensemble in maniera plateale. Si aprono le scommesse.
Smash si conferma, ancora una volta, un prodotto sufficiente ma infarcito di un così alto numero di cliché da fare invidia a Terra Nova – evidentemente dev’essere un tratto distintivo del lavoro di Spielberg dell’ultimo periodo. Se è già stato confermato per una seconda stagione, visti i buoni risultati, bisogna tuttavia correggere ancora molto prima di poter giungere alla propria maturità (sempre che la raggiunga, ovvio). Un telefilm accettabile ma di cui, per ora, non si avverte una propria anima distintiva.
Voto: 5 ½