The Killing – 2×01/02 Reflections & My Lucky Day


The Killing - 2x01/02 Reflections & My Lucky DayDopo il finale della prima stagione, che aveva sconvolto le – apparenti – certezze fino a quel momento raggiunte, torna The Killing, con un doppio episodio che riparte esattamente da dove eravamo rimasti e che porta avanti le conseguenze di ciò che è accaduto durante il season finale. E sì, il tempo a Seattle è sempre grigio e umidiccio. 

Come da leitmotiv di tutta la scorsa stagione, vediamo Linden rinunciare al volo con il figlio Jack dopo aver ricevuto una soffiata sulla non veridicità della foto che ha incastrato il consigliere Richmond; un falso di cui noi avevamo già avuto informazioni grazie a Holder e al suo coinvolgimento rivelato proprio sul finale dell’ultima puntata.

The Killing - 2x01/02 Reflections & My Lucky DayCi vuole poco a capire che in realtà anche Holder è una pedina di un gioco ben più grande di lui, ma la questione è gestita piuttosto bene, soprattutto perché l’attore che interpreta il neo-detective (Joel Kinnaman) è credibile sia nel ruolo del corrotto, sia in quello del raggirato. Se si esclude la curiosità di sapere qualcosa proprio sulla questione Holder e sul destino di Richmond, l’idea di assistere ad un doppio episodio di questa serie non mi entusiasmava: The Killing è uno show che gioca molto sui tempi lenti, quindi la paura di vedere la puntata con un occhio e l’orologio con l’altro era alta. Eppure Reflections e My Lucky Day riescono nell’intento di raccogliere tutte le fila del discorso e di gettare l’amo per ulteriori questioni, in parte solo annunciate e in parte ormai più che evidenti.

The Killing - 2x01/02 Reflections & My Lucky DayPartiamo dal presupposto che giocare le proprie carte sulla teoria del complotto è una mossa rischiosissima, non fosse altro perché il cliché è dietro l’angolo: polizia corrotta, politici in ballo, mafiosi fatti rientrare dalla finestra dal genitore della vittima… Insomma, gli ingredienti per urlare al “già visto” ci sono tutti. Eppure questo inizio di stagione riesce, come mai prima, a farci vedere tutto proprio attraverso gli occhi della Linden, una Mireille Enos sempre impeccabile ma che qui riesce più del solito a mostrarci la difficoltà e il timore racchiusi nelle sue indagini in solitaria, che la portano a sospettare di tutti – come i suoi sguardi rivolti più o meno a chiunque fanno capire. Esagerare anche in questo sarebbe stato facile e con un altro personaggio (e un’altra attrice), avremmo visto sguardi di terrore e paranoia a fiumi: non con Sarah, che è tutta d’un pezzo non perché sia forte ma perché ha una corazza spessissima; non con una che non riesce a dire grazie neanche quando le viene chiesto non perché sia maleducata, ma perché la metterebbe in una condizione di vulnerabilità che lei semplicemente non può accettare. Allo stesso modo non può accettare che suo figlio sia nelle mani di un Holder di cui non conosce ancora il livello di coinvolgimento; ma invece di reagire da madre-leonessa che, messa alle strette, attacca il nemico senza pietà, modera le reazioni anche in questo caso, preferendo la provocazione o il silenzio all’accusa diretta.
Un discorso molto lungo su Sarah Linden, ma necessario, perché è insieme a lei che cominciamo anche noi a dubitare di tutti: del capo Oakes, il primo a cui si rivolge e di cui si fida abbastanza da lasciargli il figlio, salvo poi portarlo via nel mezzo della notte quando intuisce che qualcosa non va; di Holder, che però lontano dai suoi occhi si muove in modo molto furbo riuscendo a capire il livello di corruzione del dipartimento; di Gil Sloane, tenente supervisore della Narcotici e sponsor di Holder, e presumibilmente del sindaco, dato l’incontro tra Gil e l’assistente di Adams.

Cominciano a delinearsi due gruppi molto diversi di persone: chi è coinvolto direttamente nell’omicidio (di cui non si sa ancora nulla, se non che cerca di attirare l’attenzione con lo zainetto di Rosie lasciato davanti a casa Larsen) e chi sfrutta questo assassinio per incastrare Richmond – i corrotti nella polizia già nominati e il sindaco, che dichiara di non voler vincere così solo perché Richmond lotta tra la vita e la morte.

The Killing - 2x01/02 Reflections & My Lucky DayArriviamo proprio a lui, al consigliere comunale che nell’arco di poche ore viene accusato di omicidio, quasi ucciso, ridotto in sedia a rotelle a vita e infine scagionato in quello che lui definisce il suo “lucky day”. Tutta la vicenda di Gwen e dell’alibi saltato durante la notte dell’omicidio è forse la parte più debole dell’intero episodio: non solo perché, come da abitudine di The Killing, un indizio che sembrava prova inconfutabile diventa tutt’altro nel giro di pochi minuti, ma soprattutto perché è il ragionamento intero a non stare in piedi. D’accordo, un tentato suicidio non fa bene ad una campagna elettorale, ma quando viene richiesto un alibi per un’accusa di omicidio bisognerebbe chiedersi cosa faccia davvero male a fini politici: un momento di debolezza personale o l’accusa di aver fatto fuori una minorenne? Sarebbe bastato esporre la questione negli stessi termini con cui il consigliere parla con Linden proprio in questa puntata e la vicenda sarebbe finita molto prima; non so quanto di questo sia preso dalla serie originale danese, ma indipendentemente da questo l’intera faccenda poteva essere esposta meglio, almeno nel tentativo di non sembrare una scelta creata a posteriori giusto per scagionare Richmond.

La serie sembra dunque passare dal chiedersi “Chi ha ucciso Rosie Larsen?” a “Chi c’è dietro al complotto?” e, in quest’ottica, è interessante l’assenza di Michelle Forbes: l’allontanamento dalla storia della madre devastata dal dolore permette di concentrare tutta l’attenzione su Sarah e i suoi maglioni e le sue indagini, che la portano in pochissimo tempo a capire molto, ma ad essere già inseguita a sua volta.

Un buon inizio, dunque, per questa seconda stagione, con una successione di eventi che fanno acquisire alla serie un’insolita rapidità (la morte di Belko, le fughe continue di Sarah e Jack) alternata a dettagli che si colgono solo se lo sguardo si fa più lento e indagatore (i manga giapponesi che legge Jack fanno il paio con il tatuaggio sul braccio del potenziale assassino, coincidenza?).  Aspettiamo di vedere quanto ci metterà Linden a riabituarsi a Holder, ora che è costretta dal nuovo capo a lavorare di nuovo in coppia con lui.

Voto: 7 ½

Nota:
L’attrice che interpreta il procuratore distrettuale Christina Niilson è Sofie Gråbøl, interprete di Sarah Lund nell’originale danese Forbrydelsen.

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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