Destino crudele quello di “Commissions and Fees”. Essere trasmessi immediatamente dopo quello che per molti è stato il miglior episodio della stagione, “The Other Woman”. Stessa situazione accaduta l’anno scorso dopo “The Suitecase” (4×07) e analoga conclusione: allora “The Summer Man” (4×08) dimostrò di reggere il colpo alla grande, questa settimana Weiner e co. ribadiscono che i capolavori non vengono mai per caso.
– “It means everything’s ready for a baby when you want one and maybe you’ll have a beautiful girl, and you can tell her all this.”
January Jones ha avuto un figlio risultando parzialmente indisponibile per questa quinta stagione. Gli autori hanno trovato un escamotage, una soluzione narrativa dipanata quasi integralmente in “Tea Leaves”, per usarla il meno possibile senza dover rinunciare alla sua presenza nella serie – non per forza corporea: in “Mystery Date” Betty non si vede mai, ma la sua ombra cala su tutte le donne dell’episodio. Giunti in chiusura di stagione e proiettati narrativamente verso la prossima, gli autori hanno la necessità di imprimere una direzione al suo personaggio, decidere se lasciarlo affondare o farlo risalire. Quest’episodio ci dice chiaramente che Betty (Draper) Francis non può uscire dall’universo della serie, che la complessità del suo personaggio è vitale per lo scioglimento di diverse traiettorie narrative e che, soprattutto, January Jones è indispensabile perché buca lo schermo.
Per riacquistare vitalità Betty ha bisogno di ritrovare se stessa, ripartire da ciò che più le è proprio, ovvero il suo essere madre. La storyline che la vede al centro insieme a Sally e Megan racconta esattamente questo, mostrando il fondo del barile, sintetizzato iperbolicamente dalla frase che dice al telefono a Don: “I wanted to know if you’d have any problem with me strangling Sally”. Per risolvere sbrigativamente la questione, Betty deposita la figlia a casa dei Draper per il weekend. Nel corso di questi due giorni Sally cerca in diversi modi la complicità di Megan, chiarendo con i suoi comportamenti (prima snobba i discorsi di Megan sulla madre, poi le parla del suo fidanzato, infine chiede il caffè al bar) quanto sia alla ricerca più di una sorella maggiore che di una madre di riserva. Nel momento del bisogno, però, è da Betty che corre, riuscendo con l’innocenza e la purezza del suo abbraccio nell’impresa più difficile: responsabilizzare la madre e permetterle di aver quel colpo di coda inimmaginabile fino ad ora. Betty, palesemente più magra, prima telefona a Megan dimostrando a lei e agli spettatori una ritrovata consapevolezza; poi si riappropria del suo ruolo di madre, abbandonato da tre stagioni ormai, rimanendo con Sally in un momento di estremo bisogno, stringendola calorosamente in un abbraccio che il regista Christopher Manley immortala con precisione.
– “You Know, you can’t keep beeing the good little boy while the adults run this business”
La settimana scorsa abbiamo lasciato Don incredulo, quasi in lacrime mentre vedeva andar via Peggy dall’agenzia. In balia di una relazione amorosa divisa tra forte sentimento e altrettanta frustrazione, egli ha bisogno di ritrovare la luce, indossare un abito nuovo. In maniera simbolicamente efficace Christopher Manley decide di aprire l’episodio con Don dal barbiere, emblema per antonomasia del reset esteriore e non solo. Naturalmente non basta. Don ha bisogno di prendere diversi schiaffi prima di rendersi conto della deriva in cui sta naufragando, prima di poter avere la forza di risalire la china. Se ne enumerano ben tre e neanche tanto leggeri: nel prologo, mentre si taglia i capelli, arriva il signor Covington della Dancer che gli fa i complimenti per aver preso tra i suoi clienti la Jaguar, sottolineando però che si tratta di un grande colpo solo per una piccola agenzia come la loro; poi Bert Cooper, dopo aver scoperto l’assegno rubato da Lane e sorpreso del fatto che Don non ne fosse a conoscenza, lo striglia esortandolo a riprendere in mano la situazione; infine Roger, come sempre il più lucido di tutti in questa stagione, gli fa notare come un tempo ricevere un rifiuto da un cliente rappresentasse per lui lo stimolo a fare meglio, a dare il massimo per riconquistarlo, mentre ora la sua passione e la sua competitività hanno perso lo smalto di prima. Riassumendo: prima un cliente che lo ridimensiona come professionista, poi due lezioni dai due anziani dell’agenzia.
Don, seppure senza l’efficacia e la brillantezza di un tempo, reagisce in maniera estremamente risoluta: in prima istanza ritrova il polso sul lavoro mettendo spalle al muro Lane, proponendogli delle dimissioni (“an elegant exit”), ma offrendogli da bere – come si fa tra veri uomini – e assicurandogli di non rivelare agli altri soci alcunché; poi dedica tutto il weekend al lavoro in vista dell’incontro con James Barton (cliente che l’aveva in passato bocciato), senza cadere nel disimpegno o nelle ormai classiche distrazioni sentimentali. Durante l’incontro mostra più grinta che mai, tanto che Roger, acuto osservatore delle sue reazioni, gli consiglia di pulirsi il sangue dalla bocca. Vi è una rabbia vitale nella sua performance, non certo quel controllo che lo caratterizzava in passato, ma sicuramente la certezza che lui non è uno che si arrende e che, come dice a Lane, “The next thing will be better. Because it always is.”
– “I’ve started over a lot, Lane. This is the worst part.”
Tra Don e Lane si gioca l’analisi della figura maschile negli anni Sessanta in un episodio in cui gli autori mettono a confronto due tipologie di uomo antitetiche, affiancate anche dal montaggio iniziale che fa tangere i due segmenti a loro dedicati.
Il momento di crisi è quello in cui emergono le qualità maggiori, secondo l’ideologia che da sempre costella Mad Men. Peggy lo ha dimostrato in passato, Don lo fa ripetutamente. Non è un caso se nel momento di maggiore crisi economica, di incertezza familiare e morale, Lane prima tenta di fregare soldi all’agenzia usando il nome di Don e poi, una volta scoperto, si mette a piagnucolare. Nella concezione anglosassone, hemingwayana dell’uomo americano, non sarebbe mai permesso mostrare in modo così evidente, pubblico, le proprie fragilità. Lane però americano non è, per lui ripartire da zero è impossibile, non può tornare in Inghilterra, non in questo modo. Un uomo diviso tra le due sponde dell’Atlantico, non più veramente inglese, non ancora abbastanza statunitense; un individuo per cui l’America rappresenta la conquista di uno spazio privilegiato, la consacrazione personale, il raggiungimento dell’american dream dal quale risvegliarsi può risultare mortale.
Non rende completamente giustizia a Lane Pryce una descrizione del genere. Per anni è stato colui che ha mantenuto in piedi la baracca, con tutte le sue fragilità, ma anche con la sua integrità, ortodossa sino all’inverosimile. Se il suo arco drammatico ha subito questa tremenda discesa è perché egli si è fatto portatore di una responsabilità, diventando una funzione con cui Mad Men vuole parlarci del presente – con una brutalità quasi mai vista fino ad ora – e della Storia a noi contemporanea. Lane è il testimone degli effetti della crisi economica del nostro tempo, della disperazione a cui questa può portare, fino all’atto estremo, perché per uno che al lavoro ha dedicato tutta la propria esistenza, volta alla perenne rincorsa della realizzazione lavorativa, le uniche dimissioni possibili sono quelle dalla vita stessa.
“Commissions and Fees” è un episodio traumatico, lo è per gli spettatori che assistono alla morte di un personaggio a cui si sono col tempo affezionati; lo è, soprattutto, per i personaggi della serie. Roger e Pete osservano con i propri occhi la morte – e scommettiamo non senza conseguenze – mentre Don e Betty, passando per percorsi diversi, intravedono la luce in fondo al tunnel proprio a seguito di due scossoni emotivi. A questo punto non rimane che il season finale, in cui verranno concluse alcune sottotrame di questa stagione, ma soprattutto ne verranno aperte delle altre per la prossima, con un’attenzione particolare al futuro di Peggy.
Voto: 9
questa stagione ha davvero intenzione di vincere tutti i premi del mondo. è vero, arrivare dopo una puntata come The Other Woman non è facile, eppure son riusciti a tenere la tensione alta nonostante si fosse capito sin da subito cosa avrebbe fatto Lane (personalmente ho intuito la cosa da quando è uscito dall’ufficio di Joan). Che dire! Don non ne uscirà bene per niente, tra l’altro ricordiamoci di due elementi importanti: il fratello Adam Whitman che si è suicidato impiccandosi; il cappio che Don aveva disegnato sui suoi appunti in Signal 30. Piccoli riferimenti che però ci fanno capire come il cerchio si stia chiudendo in modo soffocante intorno a Don e credo che anche questa ritrovata voglia di combattere stia arrivando in qualche modo troppo tardi.