The Newsroom – 1×03 The 112th Congress 4


The Newsroom - 1x03 The 112th CongressCiao, mi chiamo xfaith84 e non ho mai visto una serie tv di Sorkin. Sì, mi attendono anni di pestilenza, cavallette e presumibilmente una condanna a due anni di visione forzata di FlashForward in loop, ma a mia discolpa dirò che a) non è mai troppo tardi b) “A Few Good Men” (noto in Italia come “Codice d’Onore”) è uno dei miei film preferiti. Possiamo procedere? 

Ammesse dunque le mie colpe, vorrei utilizzare proprio questa recensione per dare voce a chi no, non è abituato ai dialoghi a velocità supersonica, men che meno ai numerosissimi riferimenti alla cultura e alla politica a stelle e strisce e sicuramente non alla combinazione dei due fattori; ma anche a chi (e son sempre gli stessi), non avendo un termine di paragone, non può nemmeno dire “aaah Sorkin è sempre lui” o “aaah Sorkin questa non me la doveva fare”. Sarà un giudizio puro e semplice sull’episodio e mettetevi l’anima in pace, o detrattori: è decisamente buono.

The Newsroom - 1x03 The 112th CongressQuesta terza puntata colpisce per il suo essere già profondamente controcorrente rispetto a quanto visto fino ad ora, e trovo che effettuare una virata del genere così presto sia una mossa che si classifica senza toni di grigio: o è geniale o è un’idiozia; ma soprattutto, o la si ama o la si detesta.
La nascita nelle scorse puntate di una nuova redazione lasciava presagire che, tra una notizia e una relazione sentimentale da approfondire, ci fosse tutto lo spazio per vedere come avrebbero fatto personalità così diverse ad integrarsi, e invece questo episodio – che copre un arco di sei mesi fino a giungere alle elezioni di midterm del novembre 2010 – decide di non raccontare per nulla questo aspetto. Inevitabilmente la lente di ingrandimento finisce col mettere in risalto l’esatto opposto di ciò che ci saremmo immaginati: non il voyeurismo del giorno per giorno e nemmeno la – sicuramente istruttiva – nascita delle nuove interazioni all’interno della newsroom; ma l’azzardo del lancio immediato all’interno della partita, l’inserimento del conflitto d’interesse su larga scala, la conoscenza senza filtri del “come stanno davvero le cose”.

Certo, è inutile negare che con il materiale di questo episodio si potessero produrre almeno tre puntate diverse, ma è davvero un male sovvertire le regole? E se siamo tutti qui a chiederci “Beh, ma ora che si sono bruciati sei mesi in un’ora, cosa si inventeranno?” non ne vale forse la pena?
E’ evidentemente un episodio fondamentale nell’economia della serie e lo dimostra una doppia struttura circolare che ne sottolinea l’importanza, facendoci girare in tondo agli argomenti e ai tempi che governano le vicende.

You want to play golf or you want to f*ck around?

The Newsroom - 1x03 The 112th CongressInnanzitutto ci sono le tematiche: il discorso iniziale di Will, basato su quel “I failed you” post-11 settembre dell’ex coordinatore dell’antiterrorismo Richard Clarke, parla dell’esigenza di un giornalismo che esuli dalle influenze esterne e dalle decisioni aziendali; ci racconta la necessità di una scelta di trasparenza in nome di una corretta informazione del pubblico. Ora, quanto di idealista e quanto di ingenuo/utopico possiamo vedere in questo discorso? La puntata non svela subito l’arcano, ma lo introduce con una perfetta alternanza tra le vicende dei sei mesi e l’incontro di Charlie con Leona Lansing: ma solo alla fine vedremo quest’ultima parlare; solo in quel momento capiremo che tutto il discorso iniziale di Will si scontra davvero con le esigenze dell’azienda  e che per quanto Charlie possa difenderlo, supportarlo e spingerlo sulla sua strada, la minaccia di Leona è reale e il licenziamento più tre anni di silenzio sono il prezzo da pagare se si vuole essere davvero trasparenti.

C’è, dicevo, anche una struttura circolare per quanto riguarda il tempo, e questo è ciò che ci mette nella condizione di capire subito alcuni dettagli in più. Non è un caso che per tutti i sei mesi Will continui a chiedere se ci siano notizie dai piani alti, perché in effetti queste si fanno sentire solo quando i candidati del Tea Party vengono eletti al Congresso – come a sottolineare l’ipocrisia di certe scelte che sì, salveranno pure un’azienda, ma non hanno certo idee e valori solidi alle spalle.

American voters need a f*cking lawyer

The Newsroom - 1x03 The 112th CongressScopriamo anche che è proprio un repubblicano, che pure ha creduto nell’iniziale Tea Party, a volerne smascherare la nuova veste (e su questo Sorkin non transige: non c’è giudizio politico, bensì uno spirito critico, basti pensare al trattamento rispettoso riservato a Bryce Delaney, repubblicano fino all’osso, ma dotato di raziocinio e di volontà di andare oltre le etichette di “socialista, marxista o keniota”). E’ invece una democratica come Leona ad avere bisogno dei nuovi eletti, e se si pensa alle necessità economiche di un’azienda come la sua, il giudizio nei suoi confronti non può essere troppo crudo (senza contare che Jane Fonda si fa amare anche quando è perfida). Rimane tuttavia discutibile il suo senso storico: è troppo comodo schierarsi contro uno come McCarthy a distanza di 60 anni e non voler vedere il marcio che si ha sotto il naso solo perché è utile ai propri, seppur importantissimi, interessi.

“Gli americani hanno bisogno di uno stramaledetto avvocato”, ci dice Charlie rispondendo all’accusa che la redazione sia diventata un tribunale, ed ironicamente è proprio lo stesso Charlie ad essere avvocato di Will al processo indetto da Leona e dal figlio: sappiamo che è sempre lui a muovere le fila della premiata coppia McAvoy/McHale e che è disposto a qualunque cosa per salvare il nuovo programma, ma certamente non rischierà una morte lavorativa di Will. Non è possibile prevedere cosa accadrà, ma vale davvero la pena di scoprirlo.

Do not laugh. I felt the exact same way about the bar exam

The Newsroom - 1x03 The 112th CongressWill ha fatto una battuta per la prima volta, mentre la serie sta cercando sin dall’inizio di inserire un elemento di ironia (a volte evidente, a volte molto sottile) per far sì che, tra questo e gli “allegri” siparietti sentimentali, si possa digerire meglio una parte politica che certo non è tra le più facili da comprendere. Leggo in giro che ci sarebbero accuse di misoginia nei confronti di Sorkin, ma personalmente non ne vedo il motivo. Certo, MacKenzie e Maggie non sono proprio l’esempio più lampante di stabilità (anche se non riesco a non adorare la prima e a non provare profondo rispetto per la seconda e i suoi attacchi di panico), ma non credo che Don, Jim e Will siano messi molto meglio: tutti e tre sono caratterizzati da insicurezze e piccole ossessioni e il fatto che emergano in modo più silenzioso non le rende meno importanti. Forse fa semplicemente parte della natura dell’uomo cercare di nascondere le proprie debolezze, e questa non è certo una qualità, semmai una prova ulteriore delle proprie paure; ecco che quindi il timore di Don di essere messo da parte (“it said “eyes only,” baby” “I’ve got eyes”), la capacità di Jim di “votare contro i propri interessi” e l’immagine ossessiva che Will ha nella sua mente non sono altro che dimostrazioni di quanto anche gli uomini di questa serie abbiano tensioni emotive che nulla hanno da invidiare a quelle delle donne.

La puntata sicuramente non sarà piaciuta a tutti, e del resto la struttura e le scelte prese sono di quelle che dividono. Personalmente l’ho trovata ottima e credo che, se si accetta l’imprevedibilità come valore aggiunto di una serie, non si possa non applaudire ad un episodio di questo genere.
E poi quello scontro finale tra Charlie e Leona, seguito dal forse un po’ retorico flashback del “messaggio delle due che interrompe un brindisi”, vale davvero tutta la puntata.

Voto: 8 ½

 

Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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4 commenti su “The Newsroom – 1×03 The 112th Congress

  • Attilio Palmieri

    Complimenti per la lunga e approfondita recensione che ha tra i tanti meriti quello di offrire lo sguardo (soddisfatto) di un “non-sorkiniano” che sostanzialmente vuol dire non-allineato.
    Se si conosce e si ama da sempre la scrittura di Sorkin (nel mio caso apprezzo molto di più quella per le serie che quella per il cinema, ma si tratta di lana caprina) è molto difficile avere filtri critici, porsi con imparzialità perché ad ogni marca autoriale si rischia di saltare dalla sedia, che sia una rapida camminata condita con un ancor più rapido dialogo o il singolo riferimento alla politica o alla cultura americana lasciato in sotto-traccia in una disputa tra amici.

    Questione misoginia:
    io sono tra quelli che pensano che ci sia una lievissima differenza di trattamento tra gli “eroi” e le “eroine”, di tutta l’epopea sorkiniana.
    Mi guardo bene dal pensare che siano le fragilità il cuore di questo scarto. Sorkin è un secchione, un “poeta laureato”, uno che scrive da primo della classe, in ogni singola virgola. Motivo per cui i suoi personaggi sono tutti estremamente caratterizzati, sia dal lato delle fragilità che da quello delle potenzialità. Certo, ha delle preferenze, delle consuetudini autoriali sulle quali ha poggiato tutta la sua poetica. Non ama lavorare sugli anti-eroi, non preferisce i perdenti, per esempio. Concedendomi un paragone difficilmente calzante, ma per certi versi in grado di rendere l’idea, i personaggi di Sorkin hanno in comune con i personaggi di David Foster Wallace il fatto di essere spesso molto capaci. Se la sua scrittura, come spesso si dice, è “classica”, è anche perché lavora su tipologie di ruoli dinamici e autodeterminanti. Non gli piacciono gli inetti, non ci darà mai i vari Hannah e Adams che ci dà Lena Dunham,
    Detto questo gli uomini, mi sembrano un filino più vincenti, ma questo non sarebbe in se qualcosa definibile come misogino se non mi sembrassero anche un filino più puliti.
    In molti casi il personaggio di Maggie sembra essere una funzione all’emersione narrativa di Jim. Il pilota lo dice in maniera quasi esplicita quando Mackenzie li mette per la prima volta in contatto.
    Ma forse la sensazione più netta l’ho avuta proprio in quest’episodio: Will e Mac “giocano” – nell’eterna lotta tra i sessi sorkiniana – a farsi ingelosire. Ma lei, quando meno te l’aspetti, gioca sporco. Fin dall’inizio, anche per la paradossalità delle situazioni, è evidente che tutte le “accompagnatrici” di Will sono una messa in scena, qualcosa di esagerato che ha il solo scopo di dimostrare alla “rivale” di avere ancora potere sull’altro sesso, attraverso un paio di scambi di battute fenomenali, aggiungo.
    Quando però lui torna da lei, e tutta la preparazione della scena dall’inizio dell’episodio, sia dal punto di vista narrativo sia da quello della messa in scena, spinge sull’empatia spettatoriale verso Will, lei gli presenta un “nuovo” uomo, ma non il bello (o il simpatico, o l’intelligente, farebbe lo stesso) in grado di far ingelosire Will per quella sera come lui aveva fatto con lei, ma uno con cui si vede da tre mesi!!!
    Ora che questa cosa sia vera o meno – se non lo fosse sarebbe forse finanche peggiore perché si tratterebbe di una reazione notevolmente impari all’azione – poco importa. Mackenzie si comporta in un modo meno “pulito” di Will, cosa che mi fa pensare ad una vicinanza affettiva dell’autore maggiore nei confronti dell’uomo.
    Tutto ovviamente è da me perdonato perché tutto è scritto da dio, non ultima Mac, che Aaron mi ha fa adorare sempre di più con l’approfondimento della caratterizzazione.
    a.

     
  • xfaith84 L'autore dell'articolo

    ma guarda, per la questione misoginia io ho “risposto” a ciò che ho letto in giro, che fondamentalmente era tutto rivolto ad una fragilità caratteriale/emotiva che caratterizzerebbe più le donne degli uomini.
    Da un punto di vista professionale, che siano tutti fortemente capaci salta evidentemente all’occhio. Eppure, sarà un’impressione o quello che vuoi, ma lì dentro la più capace nel suo lavoro mi sembra proprio MacKenzie e il suo non essere una macchina, ma essere anche un po’ svampita per certe cose, una che si perde nel bel mezzo di una metafora che vorrebbe essere un insulto, non fa altro che sottolineare che poi, quando il gioco si fa duro, sa essere uno squalo. E questo a mio avviso conta molto di più dell’essere “sempre sul pezzo”.

    Quando lei porta “l’uomo con cui esce da 3 mesi”, io non l’ho visto come un giocare sporco. Se fosse stato il tutto girato in una settimana sì, forse sì, ma qui si parla di una roba spalmata su sei mesi, senza contare che lei sottolinea “usciamo insieme da 3 mesi”. Se avesse voluto essere malefica l’avrebbe portato molto prima, dai. Io, donna, se avessi voluto giocare sporco l’avrei fatto XD

    Non so, io questa empatia maggiore (seppur leggera) nei confronti degli uomini ancora non la vedo; liberissima di essere smentita più avanti, ma per ora proprio no.

     
  • Attilio Palmieri

    Io da uomo non riesco ad immedesimarmi più di tanto nella condizione di Mac. Decisamente di più in quella di Will. Quando lo faccio penso: io ti ho portato ragazze diverse ogni volta, con il chiaro intento di farti ingelosire. Questo intento è andato a buon fine perché tu, in un caso o nell’altro, hai fatto scenate di gelosia più o meno plateali. E ora cosa scopro? Che c’era una parte di te che faceva le scenate di gelosia e un’altra che usciva con questo tale?
    Ecco, a me da uomo, fa molto più male una cosa del genere, mi suona come beffa, come qualcosa che mi delude in credibilità, in sincerità… Non so se riesco a spiegarmi bene.
    In ogni caso, come dici tu, Mac è un fuoriclasse, un cavallo di razza, così come il suo creatore e se noi stiamo qui a produrre discorso tanto merito va allo spessore di questa serie.

     
  • xfaith84 L'autore dell'articolo

    io non ho avuto quell’impressione proprio perché tutta la vicenda era spalmata su molti mesi, senza contare che mi è sembrato di cogliere un seppur lieve imbarazzo di Mac quando si è trovata di fronte a Will e al tizio di cui mi sfugge il nome. Insomma, loro non stanno più insieme ed è assodato; che Will ne soffra ancora è evidente (e in questo senso mi è sembrata quasi out of character la confidenza con cui dice a Maggie che “ci vorrebbe la squadra di inception per togliergli quell’immagine dalla testa); ma Mac mi sembra quasi sempre che si senta in difetto, forse proprio per quel senso di colpa di averlo tradito.
    Ecco perché il suo “uscire con un altro” non lo vedo come una cattiveria nei confronti di Will, ma come un “ok, lui soffre ma va avanti andando ad appuntamenti con chiunque, perché non provo anch’io a uscire da questo schema frequentando qualcun altro?”

    Che poi lei continui a star male quando Will porta le sue conquiste in redazione non esclude che non possa cercare di “uscirne” in altri modi.
    Insomma, non ci vedo la volontà di sbattere qualcosa in faccia a Will, anzi, secondo me se avesse potuto nascondere il tizio dietro ad una porta l’avrebbe fatto XD