Con l’estate ormai agli sgoccioli, se già sentite nostalgia del profumo di salsedine, potete sempre consolarvi col lungomare di Atlantic City. Tuttavia, sebbene sia passato un anno e mezzo dagli eventi della seconda stagione, sono tante e ancora più nere le nubi che funestano l’impero del crimine, sempre più cupo e sempre più sanguinoso.
Ritorna dunque sugli schermi il discusso Boardwalk Empire, tanto amato per il suo respiro cinematografico (unico nel suo genere tra le produzioni televisive), quanto odiato per la sua apparente freddezza e lentezza narrativa.
Archiviato l’omicidio di Jimmy Darmody, veniamo proiettati direttamente all’alba del 1923, con un Nucky che ha ormai completato la sua trasformazione in gangster, nonostante la delicata situazione politica lo costringa momentaneamente a ridimensionarsi. Peccato che ci sia dietro di lui una nuova generazione di criminali che non vede l’ora di sostituirlo e arrivare al potere. Questo, a conti fatti, costituisce l’elemento più interessante di una premiere altrimenti piuttosto fiacca, almeno per la prima mezz’ora. Fatta ovviamente eccezione per il sempre monumentale impianto stilistico/estetico e per i sempre grandi dialoghi, questo Resolution non dà infatti molto dal punto di vista narrativo, navigando senza una precisa direzione almeno fino all’ultimo quarto d’ora, quando le linee che verranno seguite nell’arco di questo terzo atto diventano invece un po’ più chiare.
Il problema di questo episodio è che manca quello che è il principale compito di una premiere: dirci che storia vedremo quest’anno. Ciò avviene non tanto per i personaggi secondari, quanto soprattutto per il protagonista Nucky: in particolare all’inizio, si ha la sensazione che la macchina da presa ci mostri il personaggio nella sua quotidiana gestione degli affari e nulla più; non c’è conflitto, non ci sono ripensamenti, tutto è controllato dall’ex-tesoriere di Atlantic City senza alcun problema e con felice tranquillità. Solo attraverso il diverbio finale con Gyp Rosetti riusciamo a rintracciare quella che sarà probabilmente la base narrativa di questa stagione: un conflitto generazionale che metterà uno contro l’altro il passato e il futuro della criminalità americana.
Il capodanno del 1923 è infatti utilizzato come spunto tematico per indicare un passato in procinto di morire e un nuovo futuro in arrivo. Di questo passato, però, fa parte lo stesso Nucky, non a caso messo in parallelo, nella festa a tema allestita da Margaret, con il Tutankhamon egiziano (un vecchio di 3000 anni fa, le cui gesta sono ormai solo leggenda). Il mondo è ancora dominato da “mummies” (come Nucky non manca di definirsi, ironizzando, ma neanche troppo) e il 1923, il futuro, la nuova generazione scalpita, seppure ancora tenuta a bada nella frustrazione di Al Capone, nella momentanea tranquillità di Lucky Luciano, nell’arroganza di Gyp Rosetti.
Già Jimmy Darmody aveva iniziato, forse con poca astuzia, ad eliminare il vecchiume del potere criminale. Per lui è poi finita male, ma ciò non vuol dire che la minaccia per l’asse Thompson/Rothstein/Torrio sia cessata. L’episodio inizia non a caso con due scene speculari in cui vediamo prima Gyp (il nuovo) e poi Nucky (il vecchio) alle prese con un omicidio, gratuito il primo, necessario il secondo. L’arroganza e la brutalità fisica di Gyp si scontrano con la machiavellica parlantina di Nucky e la placida calma da gangster che sa quando e come sporcarsi le mani. Nella nuova figura di Gyp troviamo dunque la ferocia e la spietatezza della new generation, lontana dagli intrighi, dai giochi di potere, dalle trattative, ma pronta a imbracciare il fucile e ad affermarsi con il solo ausilio della violenza. Sarà questo probabilmente il confronto sul quale si giocherà questa terza stagione.
Nella disomogeneità dell’episodio si inseriscono due storyline che, anche qui, solo alla fine riusciamo a capire come potranno inserirsi nel quadro generale. In primis, abbiamo quella di Gillian e Richard Arrow, che dopo la morte di Jimmy e del Commodoro, sono rimasti completamente estranei al plot principale. Solo con l’omicidio finale di Manny Horvitz e i propositi di vendetta di Richard, possiamo immaginare come tutto questo prima o poi condurrà direttamente a Nucky. Anche la loro storia è comunque legata al concetto di superamento del passato (“Let’s look to the future” dice una minacciosa Gillian), il che li lega a quella che è la seconda storyline separata da tutto il resto.
Troviamo infatti, dall’altra parte, un Van Alden che tenta di ricominciare da capo con una nuova identità. Il problema con questo personaggio è che, dopo essere stato stravolto e aver perso la funzione di rappresentante della legge e della morale (seppure ipocrita), ora gira a vuoto e manca di ogni legame con il resto del cast. Proprio per questo, il suo inserimento forzato nelle trame della malavita di Chicago rappresenta forse la nota più stonata dell’episodio, come se non si sapesse più in che altro modo renderlo partecipe della narrazione principale.
Più definito è invece il percorso di Margaret: nonostante faccia di tutto per autoconvincersi di essere felice, davanti a lei si susseguono immagini funeste (un aborto) o esempi di donne (Carrie Duncan) che le ricordano a quanto ha rinunciato per la sua prigione d’oro. In lei c’è il fuoco del femminismo che avanza, ancora intrappolato però nella comodità di una vita agiata conquistata al prezzo di diventare la moglie mantenuta di un gangster costretta al silenzio. Il terreno, però, continua a franarle sotto i piedi, tra tradimenti più o meno consumati, una lingua tagliente che non riesce a tacere (come nel colloquio con il responsabile dell’ospedale) e un desiderio di libertà troppo forte per essere represso. A guardare l’episodio, è lei forse il personaggio più promettente per questa stagione.
Solita partenza lenta dunque per Boardwalk Empire, con l’impressione però che la serie abbia questa volta bisogno di un’importante spinta narrativa per rinnovarsi e non rimanere imprigionata nelle ottima qualità della singola sequenza, tra immagini evocative, dialoghi magistrali e soprattutto una fotografia dai toni più cupi che mai, forse l’unico elemento che annuncia davvero l’arrivo di ombre e minacce da cui non tutti riusciranno ad uscire indenni.
Voto: 7–
devo dire che lo sfogo finale di gyp è maginifico!
stagione non iniziata in maniera brillante ma senza ombra di dubbia in questo 1923 ne vedremo delle belle!!