
E’ su queste domande che Homeland ha basato la costruzione dei personaggi di Brody e Carrie, che in questo episodio arrivano finalmente al confronto tanto atteso e temuto.
Non sono due persone dalla vita facile, i nostri protagonisti: entrambi hanno vissuto situazioni estreme in guerra, trovandosi a non sapere come uscirne e ad affidarsi ad aiuti sbagliati. Ma mai come in questa puntata era emerso il vero dettaglio che li unisce, che fa di loro le uniche due persone dell’universo della serie in grado di comprendersi senza nemmeno capire fino in fondo perché.
Brody vs. Brody
Che le capacità di mentire del nostro congressman fossero particolarmente elevate non è mai stato un mistero, ma è in questa puntata che sembra davvero di vedere tutte le sue impalcature allo scoperto, proprio nei momenti in cui sta lottando di più per tenerle in piedi. Ne abbiamo un primo assaggio durante il suo confronto con Peter: dopo aver – ovviamente – negato qualunque coinvolgimento nelle azioni a lui attribuite in quello che è stato un vero interrogatorio da manuale, davanti all’evidenza del filmato-confessione non può far altro che ammettere quello di cui viene accusato, ma solo nelle intenzioni. Il suo vero coinvolgimento (la bomba indossata) viene categoricamente escluso: non solo perché è l’unica cosa a cui può aggrapparsi per uscirne pulito, ma anche per un motivo più profondo, legato al rifiuto di ciò che è successo.

Quando dice “No bomb went off. I killed no-one. You got nothing on me”, sta cercando sicuramente di trovare un appiglio per salvarsi, ma è impossibile non vedere in queste frasi una totale negazione di ciò che è successo.
Brody sta combattendo una lotta feroce, e non certo contro la CIA: Nick sta lottando contro se stesso, in una divisione interiore che solo una bipolare come Carrie può davvero cogliere.
Alone, at last.
Il passaggio di testimone tra la prima parte dell’interrogatorio e la seconda si gioca su quella che ritengo sia stata l’unica vera sbavatura della sezione in esame, e cioè l’intervento di Peter in qualità di “bad cop”: lasciando da parte il fatto che aveva persino consigliato di far andare via la donna, e che per di più il suo interrogatorio stava andando bene (confessione della bomba a parte), dobbiamo davvero credere che Carrie avesse bisogno di questo per avere un ascendente maggiore su Brody? Ciò che è accaduto è invece molto più sottile di così e si insinua non nelle pieghe della psicologia da interrogatorio più spicciola, ma nella mente di una persona precisa: un uomo che ha avuto a che fare con i metodi – terribilmente subdoli – di Abu Nazir.

Tutto il resto si gioca su un’ambiguità complicatissima, che rende la scena tra i due uno dei dialoghi migliori di sempre.
Persino alla fine della puntata, è difficile capire chi sia stato più onesto dei due: Carrie è innamorata, ma l’analisi del suo interrogatorio porta alla luce un attacco su più fronti che mette letteralmente in ginocchio l’uomo; Brody, dal canto suo, forse non ama Carrie, ma sicuramente sente con lei qualcosa che non riesce a provare con nessun altro, eppure non dice tutta la verità – se il tentativo di far esplodere la bomba e la morte di Tom Walker sono informazioni senza valore ora, almeno l’uccisione del sarto sarebbe risultata ancora utile. Per non parlare del numero di cellulare a cui ha mandato il famoso messaggio “May 1”.

“But there is a plan, right? To Attack America?” “Yes”
La seconda parte del suo interrogatorio è quella che colpisce e affonda, e che non a caso gioca sull’elemento della doppia identità.
Abu Nazir lo ha “decostruito e ricostruito come qualcun altro”, qualcuno da cui Nick deve prendere le distanze: per questo qui Carrie cambia il punto di vista di Brody, e lo fa passare dal “cosa sarebbe successo se” al “non è successo proprio grazie a te”. Ovviamente lei non sa che Brody in realtà ha premuto il pulsante, e infatti la cosa funziona solo in parte: Nick nega ancora, ma con una voce, quella dell’“identità ricostruita”, che è ormai solo un sussurro.

E’ difficile capire cosa succederà dopo questa puntata. Se per tutto l’interrogatorio abbiamo tenuto il fiato sospeso per il terrore che una parola di troppo da parte di Carrie potesse rovinare l’equilibrio di fiducia con Nick, ora che lui tornerà alla sua vita e dovrà collaborare con la CIA potrebbe davvero succedere di tutto – non fosse altro che per il suo precario stato mentale ed emotivo. D’altra parte, la coppia stessa risulta parecchio disfunzionale, e questo “usare la loro relazione come copertura”, di fatto dando per la prima volta una parvenza di legittimazione al loro stare insieme, potrebbe danneggiarli quanto fare loro del bene.

Una puntata così è difficile da trovare in giro: se poi si fossero evitate zuppe per l’influenza e soprattutto incidenti di adolescenti particolarmente sciocchi – le cui conseguenze sono ancora tutte da vedere – il voto sarebbe a due cifre.
Voto: 9

Il voto alla puntata probabilmente è 9, ma il voto alla recensione è 10 senza ombra di dubbio 😉
Non ho capito molto bene cosa vogliano fare della figlia visto che fino ad ora l’avevano rappresentata in maniera eccelsa (forse vogliono farla incorrere nello stesso errore del padre di fidarsi delle persone sbagliate,ma mi sembra troppo presto per poter fare ipotesi), resta il fatto che questo episodio ha rappresentato per Dana un leggero passo indietro rispetto al resto della stagione (e di certo il paragone con quello che hanno fatto i suoi due colleghi adulti non ha aiutato).
Ps: Da menzionare assolutamente il dialogo in cui Dana e ragazzo parlano di Sergio Leone, lì gli autori hanno voluto giocare a carte scopertissime e farci capire in che modo avrebbero trattato la puntata (e seppur il confine tra la citazione e l’autoproclamazione sia molto labile,devo dire che l’operazione è riuscita completamente xD)
ma che carino, grazie! =) in realtà la questione di dana secondo me potrebbe assumere contorni molto più interessanti di così, ma ho trovato la scelta di inserirla all’interno di questo episodio una cosa assolutamente anticlimatica. Capisco l’esigenza di “far respirare”, ma forse non ce n’era neanche tanto bisogno. La puntata sarebbe andata avanti egregiamente anche senza intermezzi.
Eccola, eccola, eccola! Eccola la puntata capolavoro di questa seconda stagione! Ed ecco una stupenda recensione che ha colto nel segno tutti i punti importanti dell’episodio. Nulla da aggiungere, se non una piccola considerazione: a dirla tutta quando ho visto Brody in posizione fetale ho pensato ad una “rinascita”, o perlomeno all’inizio di un nuovo corso, di una nuova vita. Se in meglio o in peggio non vedo l’ora di soprirlo! 😉
Rimanendo sulla posizione di Brody, un’altra cosa interessante è che era la stessa posizione in cui stava all’inizio della serie, quando indifeso cercava di limitare i danni delle torture subite. Ora questa posizione fetale diviene il rifugio dall’altro capo del mondo, dai torturatori americani.
La scena in cui lui guarda il suo autoritratto/testamento è una delle cose più belle e concettualmente più complesse della puntata.
Quanto agli sviluppi ora il limite tra interesse personale e interesse comune tra Brody e Carrie è sottilissimo. A mio modo di vedere ora quella più in difficoltà è Carrie. Come è scritto nella recensione lei è molto più innamorata di quanto lo sia lui, si è esposta tantissimo, fino a dirgli di lasciare la moglie e i bambini e andare a vivere insieme.
Naturalmente lui non lascerà mai la sua famiglia, nonostante il rapporto speciale con Carrie.
La forza della “pazza” è che dietro al suo disturbo si nasconde non solo il genio, ma un professionista purosangue che nell’interrogatorio dipana tutto il suo innato talento, anche e forse soprattutto perché tocca le parti più intime di Brody e del loro rapporto.
Lui però, da serpe qual’è, si rigenererà in men che non si dica, e sono sicuro diventerà ancora più pericoloso ora, in balia tra due fuochi, Carrie e Nazir
Sono d’accordo con Attilio… paradossalmente aver scoperto così spudoratamente le carte ci rende ancora più incerti,d’ora in avanti, su quale sia la verità e quale sia la convenienza… Io però non sottovaluterei la posizione di Carrie… Se c’è una persona che nella puntata mi è sembrata più forte (e probabilmente più doppiogiochista e arrivista), mi è sembrata proprio Carrie e non Brody,che qui abbiam visto completamente a nudo. Che la posizione nella quale si sta mettendo Brody sia pericolosa è un dato di fatto, non vorrei che questo non riuscire più a dipanarsi tra le due posizioni finisca per far crollare Brody e farlo andare contro tutto e tutti, ma credo che questa sia una reazione di cui Carrie e gli altri terranno conto. Io credo che dopo questa puntata sia Carrie ad avere la situazione in mano e non viceversa,e cmq tarerei le parole che ha detto a Brody,perchè il giochino della verità a me ha convinto poco…
tutto questo è voluto. L’ambiguità su cui hanno puntato con entrambi i personaggi, e che ho cercato di far emergere dalla recensione (anche se credo non a sufficienza perché il lavoro che c’è sotto è stato di una complessità quasi irraccontabile), è sufficiente a farci dubitare di tutto e di tutti.
Concordo con Mark sul fatto che forse Carrie è stata la più forte, se non altro perché “abituata” a vivere nell’incertezza, negli “swing emotivi”: insomma, è in grado (e non è una capacità eh, attenzione) di amare Brody e al contempo di colpevolizzarlo per tutto ciò che ha fatto senza impazzire nel mezzo, ora che ha dimostrato di aver ragione.
Brody – che comunque potrebbe benissimo ricambiare idea ottocento volte – lo vedo più vulnerabile, più mentalmente instabile proprio perché è stato più traumatizzato: rapito, torturato, costretto per anni a vivere con l’idea di aver ucciso un suo amico, e poi plagiato da un matto totale che lo vuole far diventare terrorista in nome di un bambino a cui ha voluto bene come un padre. Cioè, a confronto il bipolarismo di Carrie sembra quasi più accettabile, e sappiamo benissimo quanto non lo sia.
Trovo comunque incredibile quante strade siano ancora aperte nonostante gli autori abbiano preso così presto delle svolte precisissime, come quella di incastrare subito Brody.
bravi, bravi, bravi.