American Horror Story – 2×13 Madness Ends 9


American Horror Story – 2x13 Madness EndsRyan Murphy è per molti versi un autore di culto, non da tutti amato, ma sicuramente una personalità dalla poetica ben definita e dalle ricorrenze narrative molto chiare, facilmente identificabili in ogni sua opera. American Horror Story: Asylum è probabilmente la sua creazione più compiuta, quella maggiormente capace di esaltarne le qualità e contenerne le esagerazioni.

La prima stagione di American Horror Story è stata senza dubbio un successo, un prodotto che ha generato anche un considerevole culto per la serie, in parte figlio del culto per l’autore. Non v’è dubbio però che dal punto di vista critico abbia provocato diverse divisioni, non ricevendo pareri unanimi, bensì ottenendo riconoscimenti positivi soprattutto relativamente alle potenzialità e alle ambizioni del progetto, molto meno riguardo alla loro effettiva concretizzazione. Sicuramente a pagare dazio è stata una non oculata scelta del cast, che in quel caso era formato per buona parte da attori non all’altezza di ciò che gli veniva richiesto, fatta eccezione per alcuni, che non a caso hanno avuto ruoli di primo piano anche nella seconda stagione. Va detto però che molti dei meriti della seconda stagione sono già presenti nella prima, in quanto caratteri distintivi del concept originario della serie intera.


Asylum 2.0

American Horror Story – 2x13 Madness EndsLe sigle di entrambe le stagioni – raffinatissime, come spesso accade per le serie cable da un po’ di anni a questa parte – fungono infatti da vere e proprie dichiarazioni di intenti. American Horror Story vuole essere un ritorno al genere, un ricalco, il tentativo di effettuare una mappatura che ragioni sulla rappresentazione dell’horror nella cultura popolare, in particolare quella audiovisiva: da qui il gioco con i cliché, con gli stereotipi narrativi e formali e, soprattutto, l’uso delle situazioni, delle ambientazioni e dei personaggi ricorrenti. La seconda stagione da questo punto di vista spinge sull’acceleratore, creando un universo decisamente più coerente che nell’annata precedente, infarcendolo di elementi che a prima vista potrebbero apparire dissonanti tra loro, ma che si rivelano essere fondamentali vettori narrativi in grado di restituire un preciso contesto.

“Madness Ends” è un episodio letteralmente dominato dalla regia di Alfonso Gomez-Rejon, alla terza regia in questa stagione e autore di quello che per chi scrive è probabilmente l’episodio più spiazzante, “Spilt Milk”. Questa designazione non è casuale, ma specificamente mirata: il suo stile di regia esalta le caratteristiche narrative della serie e, in questo episodio in particolare, spinge ancora di più verso l’autoriflessività dello show, instaurando un rapporto di relazione testo/spettatore costante, basato sia sull’utilizzo di differenti linguaggi, sia sulla manipolazione della storia raccontata sino a quel momento. A suo modo quest’episodio è un manifesto teorico, un oggetto che mette in dialogo lo spettatore con la serie e con la pluralità di linguaggi e stili utilizzati per narrarla (montaggio discontinuo, piani sequenza, macchina fissa, filmini amatoriali, stile televisivo, uso del grandangolo, lenti deformanti), e che dunque si fa testo interpretabile, esplorabile, navigabile.


Just remember: if you look in the face of Evil, Evil’s gonna look right back at you” 

American Horror Story – 2x13 Madness EndsIl metalinguismo è la marca distintiva più importante della serie, nonché la sua peculiarità più innovativa, anche e soprattutto per come gli autori sono riusciti a farla dialogare con il contenuto e, da questo punto di vista, le parole che Jude recita nel finale ne rappresentano la realizzazione più compiuta, specie perché pronunciate in primissimo piano, guardando in macchina, ovvero verso lo spettatore. Se guardi negli occhi il Male questo ti restituirà indietro il suo sguardo. Questa frase è anche il senso profondo di Asylum, ciò che giace al fondo della narrazione: ciò che ti crea ribrezzo, ciò che ti logora, alla fine di cambia, ti trasforma in una sua creatura, in una sua particella satellitare, seguendo un processo evolutivo che ha la forma del frattale, una metastasi inarrestabile. Il male passa di mano in mano, di sguardo in sguardo, da suor Jude al dottor Arden a sister Eunice, dal dottor Threadson a Lana Banana. Quest’ultima, vera protagonista della stagione dal punto di vista narratologico, chiude il ciclo uccidendo il proprio figlio, trasformandosi nella creatura che voleva divorarla e per sineddoche nell’ospedale che per tanto tempo ha voluto chiudere.

Dominique, nique, nique s’en allait tout simplement”

American Horror Story – 2x13 Madness EndsSe tutte le trame principali sono state praticamente esaurite negli episodi scorsi, questo finale si concentra da un lato a concludere tutto ciò che ancora attende il commiato definitivo, assicurando una conclusione ai personaggi più importanti, finendo così per decretarne il giudizio e l’ineluttabiltà del destino; dall’altro ritorna sul luogo dei delitti, sulla location protagonista della stagione, forse ancora più dei personaggi stessi. Il Briarcliff viene dunque circoscritto in una cronologia che, al pari dei suoi personaggi, copre una temporalità decisamente lunga, con l’obiettivo di mettere luce negli anfratti fino a quel momenti rimasti in ombra e che, proprio per la loro opacità, hanno distinto gli episodi precedenti.

Nulla sarebbe stato possibile senza Jessica Lange alla quale viene dedicato il cuore dell’episodio facendola interagire con i personaggi più importanti o più originali (Kit, Lana, Angelo della morte), e la cui fine coincide simbolicamente con quella della stagione.

American Horror Story ci dà appuntamento alla prossima stagione, della quale si sa ben poco, se non che ci saranno molti degli attori del cast (ovviamente Jessica Lange) e che sarà ambientata nel presente. Quello che ci auguriamo è che sia nuovamente impostata su uno stilema ben preciso del genere orrorifico e che, con gli anni e il passare delle stagioni, l’intera serie possa diventare con le sue stories un’indagine sull’horror nella cultura popolare.

Voto episodio: 8,5

Voto stagione: 8

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

9 commenti su “American Horror Story – 2×13 Madness Ends

  • MarkMay

    Io ho trovato questo finale fantastico… L’idea dell’intervista a Lana che racconta (a degli spettatori, quindi con la finzione narrativa che la tv richiede ergo grande presa per il culo degli autori per dare il finale che il pubblico televisivo vuole) cosa è successo dopo Briarcliff l’ho trovata la scelta vincente per concludere al meglio la stagione lasciando meno buchi possibili alla storia (forse la parte degli alieni la potevano sviluppare meglio e più approfonditamente, ma è anche vero che il grande fascino degli alieni nella storia risiede proprio nel mistero su chi siano e cosa fanno, per cui come finale è accettabile). Sinceramente ho un piccolo vuoto sul finale (nel senso che non mi ricordo se Lana è entrata a Briarcliff immediatamente o in un secondo momento e quindi non riesco a collocare storicamente la scena finale), ma la ritengo una delle scene meglio riuscite della stagione; non solo mandano IL messaggio che gli autori vogliono dare al pubblico (non saremo più gli stessi dopo aver visto questo telefilm, come perfettamente descritto nella recensione), ma si colloca perfettamente con ciò che abbiam visto dopo. Mi spiego meglio: Sister Jude è stata la prima (e unica con Kit) che ha messo in guardia Lana su ciò che la sua ricerca del successo avrebbe comportato; penso che tutta l’intervista di Lana serva semplicemente a rendere giustizia in qualche modo a Sister Jude ed a farsi perdonare (per questo dubito fortemente che sia veramente quello il finale di Kit e Jude) per non aver dato retta alle uniche 2 persone che cercavano di tenerla sulla retta via e non farle “abbracciare il male”.

    Prime mie parole dopo il finale di stagione: “Non credo che le cose siano andate come ha raccontato Lana, ma mi piace pensare che sia andata così…” EPICO (uno degli aggettivi più tiepidi per questa seconda stagione)

     
  • Aragorn86

    Finale assolutamente fantastico. Il penultimo episodio non mi aveva convinto molto, ma questo è stato diretto, scritto e interpretato davvero magistralmente. Perfetta la chiusura per ognuno dei personaggi, da Jude (commovente), a Lana, fino a Kit (mi è piaciuta anche la “non” chiusura della storyline aliena, meglio così che qualche spiegone mistico).
    Realizzare un finale spiegone (con un personaggio che racconta tutto) senza farlo apparire come uno spiegone era difficilissimo, ma secondo me ci sono riusciti alla grande, chiudendo molto bene un cerchio che a me fino a 45 minuti fa sembrava impossibile chiudere in maniera organica.

     
  • OliviaDunham

    Ma solo io ho interpretato la scena finale di jude che fa quel discorso a dana sul successo e la solitudine come se l’intera stagione non fosse mai accaduta, cioè come se la storia fosse nata dall’immaginazione di Lana che l’ha poi trasformata in un romanzo…

     
  • MarkMay

    Veramente anche io l’ho interpretata così (vedi ultima frase del mio post precedente); Io ho subito pensato che Lana si fosse inventata tutto (resta da vedere nei primi episodi se lei entra immediatamente a Briarcliff o entra in un secondo momento, il che potrebbe rendere vero tutta la storia), ma son sicuro che la parte sul finale raccontato da Lana nell’intervista sia romanzato e che Lana cerchi in qualche modo di rendere giustizia a Kit e Jude che, sulla base di quanto Jude le dice nella scena finale, sono state le uniche 2 persone che hanno cercato di tenerla lontana dal “Male”.
    Questo credo che sia evidente (anche se ho sentito molte persone che non ci erano arrivate -.-‘)

     
  • OliviaDunham

    In effetti sei la prima persona che condivide la mia visione :°D secondo me tutta la storia di Briarcliff è frutto dell’immaginazione, le possessioni, il diavolo, il medico pazzo, gli storpi, i mostri in giardino… tra l’altro alcune scene (come ad es quando i figli piccoli di kit vanno a passeggio nel bosco con jude o quando lana riesce scappare da briarcliff e finisce in macchina con quel tizio che tempo 2 secondi si rivela un pazzo) sono assolutamente romanzate. Lana non è mai stata rinchiusa là dentro, la sua compagna non è mai stata uccisa, non ha mai partorito il figlio di bloody face. E’ un finale rischioso, cioè è una scelta assolutamente non facile far concludere una serie così (mi viene in mente la puntata di buffy rinchiusa in manicomio), ma proprio per questo l’ho adorata alla follia *_*

     
  • xfaith84

    in realtà avevo letto in giro che Sarah Paulson avesse negato questa teoria, dicendo che Lana non aveva inventato nulla.
    L’idea che non sia accaduto nulla è affascinante ma anche estremamente pericolosa; personalmente credo solo che abbiano voluto inserire quel momento tra l’uscita di Lana dal Briarcliff e il momento in cui vede che stanno portando Kit, quindi rientra e poi fa la fine che sappiamo.
    Certo, sicuramente hanno voluto giocare con questa ambiguità, però potrebbe benissimo essere un inserto (vero) che funziona da monito per il futuro di Lana, che noi però abbiamo già visto: se ce l’avessero mostrato prima, non ne avremmo colto la portata; visto ora, col senno di poi e con tutto quello che Lana ha fatto nella sua vita (nel bene e nel male), assume tutto un altro significato.

     
  • OliviaDunham

    Mi piace pensare che murphy abbia messo quella scena per dare la possibilità agli spettatori di interpretare come volevano il finale della stagione. Probabilmente la cosa meno indolore per così dire è quello di pensare che non sia mai successo niente, che il diavolo non esiste, che il male non possa raggiungere tali livelli nella realtà ma può essere solo immaginato e riportato in un romanzo. Personalmente questa visione, se vogliamo “romantica”, mi piace parecchio e come ho scritto prima, spiegherebbe tante cose che hanno fatto storcere il naso durante la stagione. Detto questo, Lily Rabe è stata una delle sorprese di questa season, la sua dipartita dalla storia si è sentita e sono contenta che sia stata confermata per la prossima stagione *_*

     
  • Aragorn86

    Sì, effettivamente Sarah Paulson ha detto che Lana non si è inventata niente, a parte quello che il personaggio ammette di essersi inventato.
    Anche io credo che quei due minuti finali siano collocati poco prima dell’arrivo di Kit, perché nella scena del primo episodio, quando Lana lo vede arrivare, se non ricordo male poco dopo la raggiunge fuori anche Sister Jude. Ed infatti, nella scena finale della 2×13, Sister Jude si avvia anche lei verso l’uscita dopo Lana.
    Come dice xfaith, credo che l’inserto sia stato messo per chiudere il cerchio di tutta la vicenda, ma che tutto quello che è successo sia in realtà vero: Lana viene internata quando ritorna a Briarcliff una seconda volta dopo la sua prima visita. Poi, che quei due minuti finali siano stati messi anche per confondere un po’, beh, è probabile. 😉

     
  • OliviaDunham

    accidenti però, davo per scontato che quel pezzettino fosse stato messo là per depistare lo spettatore, pure sarah paulson poteva tacere e farmi vivere felice con l’idea che la mia interpretazione fosse quella giusta :°D