Dopo un pilot piuttosto positivo, The Americans fatica a trovare una propria precisa collocazione: il secondo episodio, infatti, è debole e calante, mentre il terzo riporta in alto il ritmo e l’approfondimento dei personaggi. Il materiale c’è, ma bisogna anche saperlo usare.
Ambientare una serie TV sulle spie nel periodo della Guerra Fredda non può che essere di partenza un’ottima idea. Una trama di questa portata, però, ha bisogno anche di personaggi e sottotrame di spessore per evitare di scivolare nel macchiettistico e nel banale. Per ora, non ci siamo del tutto.
1×02 The Clock
Rispetto al primo episodio (e al terzo), questo secondo appuntamento con The Americans lascia un po’ l’amaro in bocca, non perché l’episodio in sé non abbia dei guizzi narrativi piuttosto interessanti, ma perché scivola nel solito procedurale di cui non sentiamo affatto il bisogno.
La trama dominante di questo episodio è un ricatto nei confronti di una religiosa domestica alla quale viene ordinato di prelevare e ricollocare un orologio in cui inserire una cimice. La già poca originalità della vicenda viene ad acuirsi quando questa storia viene portata per le lunghe con inserti fuori luogo e poco convincenti: prima un inutile arrivo del fratello della donna, fuori contesto e forse necessario solo per inserirci una scazzottata, quindi l’improvvisa rinascita della fede religiosa della madre che sembra disposta a lasciar morire il figlio. Il giudizio non può che essere negativo.
Molto più interessante, sotto questo profilo, l’approfondimento delle due spie russe: la paura d’essere scoperti, il rendersi conto che la propria vita è sempre appesa ad un filo e soprattutto l’idea di avere adesso qualcosa da perdere (i figli) fa sì che le loro crisi di coscienza siano più credibili ed empatiche. D’altronde, se ci si mette per un attimo nei loro panni, è facilmente immaginabile la difficoltà di vivere una doppia vita in un Paese, quello americano, nel pieno della paranoia comunista.
Altro aspetto degno d’attenzione e che probabilmente verrà approfondito in futuro è la stesura di quella che pare essere la trama principale, legata a doppio filo con la Storia: lo Scudo Spaziale Americano, il grande progetto di Reagan per eliminare lo spettro di un attacco missilistico nucleare. Non è chiaro dove si voglia andare a parare, o meglio come si possa integrare un elemento così importante della Guerra Fredda con le nostre due spie. In ogni caso, è una trama che porta quella ventata di “ampio respiro” utile per non scivolare nel già visto, e che in più permette di sfruttare con ancora maggiore potenza l’inedita ambientazione.
Episodio tutto sommato positivo, ma, considerando che si tratta del secondo episodio di questa nuova serie, era d’obbligo fare qualcosa di meglio.
Voto: 6-
1×03 Gregory
Di ben altra fattura questo terzo episodio, che conferma però l’impressione avuta sin dall’inizio della serie, ovvero che chi si aspettava una buona dose di azione rimarrà deluso, dato che The Americans predilige l’indagine psicologica dei personaggi alle spettacolari azioni di una Sidney Bristow di Alias. Anzi, questa volta gli autori inseriscono un nuovo elemento destabilizzante per quell’investigazione emotiva dei protagonisti, ovvero la figura di Gregory, un agente reclutato da Elizabeth e con il quale la donna ha intrattenuto anni di relazione segreta, aperta e sincera. Il colpo per Phillip – considerando che la verità gli viene spiattellata in faccia proprio da Gregory che gli chiede un passo indietro – è forte, anche perché è ormai chiaro che l’uomo sia sinceramente innamorato della moglie. Elizabeth forse non è allo stesso livello, ma, attraverso la decisione di troncare con Gregory e soprattutto attraverso l’ottimo dialogo finale, è immaginabile che anche lei, proprio ora che le cose diventano sempre più complesse, stia iniziando a ricambiare il sentimento del falso marito. Dove il gruppo autoriale lavora ancora bene è nell’evocazione dell’ansia americana nei confronti della Russia: una situazione che nulla ha a che vedere con la più recente paura post 11 Settembre e che proprio per questo si connota per elementi di originalità rispetto a molte altre serie contemporanee.
Se sul fronte dei personaggi la scrittura si mantiene su buoni livelli (ed il personaggio di Elizabeth è indubbiamente il più affascinante), non si può dire lo stesso della costruzione di tutto il resto: sia la trama che i personaggi secondari ancora latitano e non appassionano. La vicenda della moglie segreta di Robert – l’agente del KGB morto nel primo episodio – lascia il tempo che trova ed il suo dramma è estremamente prevedibile (anzi, sorprende quasi che il figlio non abbia fatto la stessa fine). Scarso interesse finora suscitano anche l’Agente Beeman e le indagini parallele dell’FBI ancora troppo distanti dal fulcro narrativo vero e proprio, anche se con l’inserimento della talpa questo filone potrebbe presentarci delle sorprese.
Voto: 7
In definitiva The Americans non delude del tutto, ma non sembra riuscire a mantenere quella carica positiva che si percepiva nell’episodio pilota. Trame non brillanti e personaggi non ancora attraenti non sono in grado di destare l’attenzione che, con un po’ di cura in più, sicuramente questa serie meriterebbe.