Il confronto seriale di questa settimana vede sfidarsi due grandi serie del genere spionaggio/thriller; due creature che hanno una stretta connessione con J.J.Abrams (la prima è figlia diretta, la seconda serie in collaborazione con Jonathan Nolan) e che hanno, in maniera differente, inciso sul genere televisivo: Alias e Person of Interest.
Una notazione è, però, indispensabile quanto intuitiva: Alias, trasmessa dal 2001 al 2006, si è da anni conclusa con la sua quinta stagione; Person of Interest, invece, partirà il prossimo settembre con la sua terza annata. Sarà quindi indispensabile tenere a mente che Person of Interest, per quanto abbia già espresso enormemente fino ad ora il suo potenziale, probabilmente non ci ha detto ancora tutto.
MITOLOGIA
Partiamo dall’ambito più generale, quello riguardante la Mitologia ossia il “mondo” all’interno del quale le due serie TV si muovono.
Alias ha alle spalle una lunghissima trama orizzontale che si dipana sin dal terzo episodio della prima stagione in cui viene introdotto il non-personaggio più enigmatico e centrale della serie, Milo Rambaldi: un personaggio fittizio, un chiaro incontro tra il genio di Leonardo da Vinci e la preveggenza attribuita a Nostradamus. Intorno alla sua figura e soprattutto alle sue creazioni si muovono intere stagioni di Alias, diventando chiaramente fondamentale per il finale di stagione.
Rambaldi non è fisicamente presente nella serie: intorno alle sue creazioni gira un gran numero di personaggi più o meno secondari, ma tutti con lo scopo di ottenere gli Oggetti da lui ideati. Non dimentichiamoci poi la celeberrima Pagina 47 con la sua profezia (“Questa donna farà della maggior potenza scempio totale”).
Ben diversa appare, invece, la portata della Macchina, vero cuore di Person of Interest. Sebbene siamo ancora molto lontani dal capire davvero il funzionamento ed i segreti di questa sorta di Skynet alle prime armi, è certo che la creatura di Harold Finch diverrà sempre più protagonista con il tempo. Si tratta di un approccio certamente molto più realistico rispetto a quello che funzionò ai tempi di Alias; anche la Macchina, però, è in grado di concentrare intorno a sé una moltitudine di persone che ne vorrebbero controllare le funzioni.
A conti fatti, a vincere questa sfida è sicuramente Alias, sebbene non di larga misura. I segreti di Rambaldi, i misteri della sua profezia e l’oculata ricerca delle sue creazioni e delle sue pagine non possono che far pendere l’ago della bilancia in questa direzione.
EPISODI AUTOCONCLUSIVI
Come ogni buona serie che si rispetti, soprattutto se deve riempire un arco narrativo di più di 20 episodi annui, anche Alias e Person of Interest hanno la loro buona dose di episodi stand-alone, ossia quelle puntate in cui la trama orizzontale non viene portata avanti a favore di una narrazione che inizia e finisce negli abituali 40 minuti.
Alias vive di episodi autoconclusivi soprattutto nell’arco della prima e seconda stagione. J.J.Abrams, che è tutto fuorché stupido, struttura gli episodi di Alias in modo da creare costantemente un cliffhanger finale che verrà risolto nei primi dieci minuti dell’episodio successivo; in questo modo, sebbene gli episodi possano in effetti considerarsi slegati tra loro, necessitano di quello successivo per concludersi.
Questo espediente non viene utilizzato da Person of Interest, che invece si conforma alle modalità più diffuse di episodi stand-alone. Eppure, uno dei veri cavalli di battaglia di questa serie è la capacità autoriale di scrivere questa tipologia di episodi e non renderli una spina nel fianco del telespettatore: anche gli episodi meno importanti di Person of Interest possono rivelarsi straordinari, utilizzati per scandagliare sempre qualche aspetto dell’animo umano. Momenti come quelli presenti in “Relevance” e “2πr” sono dotati di altissima scrittura e non hanno nulla da invidiare agli episodi invece più centrali per la trama.
È alla luce di queste notazioni che non possiamo non ritenere Person of Interest vincitrice in questo campo.
PERSONAGGI PRINCIPALI
Per quanto riguarda i protagonisti, la sfida tecnicamente è Finch & Reese vs. Sydney Bristow (ed in parte Vaughn).
Capire queste due coppie permette anche di comprendere meglio i tempi che corrono: quando Alias ha cominciato a muovere i suoi passi, eravamo al 30 Settembre 2001, ancora fortemente legati (l’11 Settembre era ben lungi dall’essere metabolizzato) ad una impostazione ottimistica ed americana degli anni ’90. I protagonisti dei programmi televisivi erano spesso uomini e già in questo il personaggio di Sydney era una gran bella scommessa (non nuova per Abrams). Comprensibile, quindi, che si optasse verso una rassicurante relazione “lavorativa” che non impiega molto tempo a trasformarsi in qualcosa di più.
Person of Interest invece è, sotto vari punti di vista, specchio dei nostri tempi, soprattutto di quegli Stati Uniti d’America sempre più convinti d’essere odiati dal mondo e quanto mai certi che il mito della loro intoccabilità è bello che andata (e non è un caso che alla serie si sia ricorso nel caso PRISM). I protagonisti non possono, quindi, che essere due rifiuti del nostro secolo: da un lato il grande genio del computer, incapace di sfruttare per interesse personale le enormi potenzialità del mezzo informatico non ancora del tutto in nostro controllo; dall’altro una spia, un residuo bellico di un’era che non esiste più (e non è un caso che l’ex professione di Reese sia proprio quella centrale di Alias). Entrambi sono due fantasmi, due esclusi dalla società: laddove Sydney è costretta ad inventarsi una doppia vita che in non poche occasioni le crea problemi, Finch e Reese devono sparire dai radar, anche se questo significa allontanare le persone che amano.
Da una storia d’amore ad un bromance, una relazione – virile – tra due uomini, tra due amici. Per la bellezza e la profondità dei protagonisti, dobbiamo sancire un sostanziale pareggio.
CO-PROTAGONISTI
Inserisco in questa sezione i personaggi che potremmo, banalmente, definire come “positivi” ed il cui obiettivo principale è, solitamente, quello di aiutare l’eroe/gli eroi.
Nel caso di Alias, non si può non partire dalla difficilissima e complicatissima relazione tra la nostra protagonista, Sydney, e suo padre. Jack Bristow è in effetti un personaggio complesso, che riesce a far trasparire ben poche emozioni soprattutto dopo il tradimento della moglie; interpretato da un ottimo Victor Garber, è un personaggio straordinario, in grado di arricchire continuamente la narrazione ed alzare l’asticella della qualità.
Immancabili gli scambi, poi, di Sydney con Dixon e Marshall, quest’ultimo in particolare, che ha il compito di alleggerire il tono di molti episodi riuscendo a strappare un sorriso persino all’algido Jack.
Person of Interest si concentra invece soprattutto su due alleati, Lionel Fusco e Joss Carter: dopo un inizio come avversari, i due entrano attraverso porte diverse all’interno del Dream Team. Sebbene non siano mancati momenti di approfondimento, però, entrambi questi personaggi non brillano per particolare originalità, né per aver inciso molto sulla narrazione abituale.
Proprio per questo, è Alias a segnare il punto.
GLI AVVERSARI
Nel corso delle stagioni, Alias è stata una serie abbastanza coerente con se stessa: pur inserendo lungo il percorso numerosi nemici (Lauren Reed, Elena Derevko) sono prevalentemente due le figure intorno alle quali si concentrano gli sforzi di Sydney: Arvin Sloane e Irina Derevko. Se volessimo approfondire non basterebbe di certo lo spazio qui concesso; possiamo però dire che entrambe queste figure (che hanno anche avuto la sciagurata idea di avere una figlia insieme, Nadia) si muovono sin dalle prime stagioni sul filo del rasoio, sempre in bilico tra ciò che è giusto e ciò che vogliono – in particolare i rapporti fra i membri della famiglia Bristow risultano a dir poco complicati.
Sarebbe ingiusto, poi, non citare gli altri due nemici secondari che hanno sempre dato un bel po’ di filo da torcere alla CIA: Julian Sark e soprattutto lei, Anna Espinosa. Sebbene i loro ruoli fossero sempre secondari – e come tutti gli altri legati a Rambaldi –, Sark ed Anna sono stati in grado di svolgere con estrema bravura il ruolo di avversari di secondo piano.
Per quanto concerne Person of Interest, il discorso non si discosta moltissimo da quanto già detto per Alias: sarebbe scorretto parlare di “cattivi”, come si è spesso fatto per coloro i quali hanno come obiettivo la distruzione del mondo; il concetto di avversari, o meglio di “villain”, include semplicemente coloro che hanno piani e progetti differenti da quelli dei nostri eroi. È per esempio il caso della straordinaria Root, una Amy Acker mai stata meglio (da notare che è stata anche un villain dell’ultima stagione di Alias).
Altrettanto bene potremmo parlare di Elias, sebbene quest’anno sia stato tenuto un po’ più in disparte; non pervenuta invece l’HR che ad ora rappresenta l’anello più debole.
C’è bisogno di dirlo? Qui a mani basse vince Alias.
SCRITTURA ED EPISODI
Quando lavorava ad Alias insieme a Kurtzman ed Orci (che poi avrebbe reincontrato per scrivere Fringe), J.J.Abrams non era ancora approdato al grande successo rappresentato da LOST. Alias dimostra in alcune parti, soprattutto nella prima stagione, una certa ingenuità stilistica che verrà via via colmata fino all’approdo alle ottime terza e quarta stagione. Tra gli episodi migliori in assoluto, però, non possiamo non citare il season finale della seconda stagione, quel “The Telling” che è stato sicuramente uno dei migliori finali di stagione in assoluto. Su un livello molto alto si posiziona anche il tanto discusso series finale che risulta davvero ben scritto, ma che soffre in particolare di una certa debolezza dovuta ad una chiusura anticipata della serie.
Person of Interest ha dalla sua l’avere uno dei migliori sceneggiatori sul mercato: quel Jonathan Nolan che i maligni sostengono essere la vera forza dietro il ben più celebre fratello. In effetti la serie, dopo aver sofferto nella prima decina di episodi della sua vita, ha iniziato a volare e da lì non si è praticamente più fermata. Il risultato è a dir poco ammirevole, con vette straordinarie come “Zero Day” o “God Mode” che lasciano stupefatti. È però un pregio generale dell’intera serie quella di essere dotata di una scrittura sublime, attenta anche alle piccole sottotrame da sfruttare e con una visione generale invidiabile per complessità e coerenza.
Su questo punto non si discute: Person of Interest è assolutamente la serie maestra.
Il Nostro Risultato
Il risultato è quindi davanti ai nostri occhi: a vincere la sfida, per 3 a 2, è Alias.
Da quel che avrete notato, però, la vittoria di Alias è sul filo del rasoio: ha alle spalle prima di tutto una vicenda narrativa conclusa, cosa che Person of Interest non può – per sua e nostra fortuna – ancora vantare; inoltre con Person of Interest siamo sulla soglia di un punto di straordinaria rottura e questa terza stagione si prepara ad essere esplosiva. Dove è evidente che la serie di J.J.Abrams ha avuto modo di vincere è sul fronte dei personaggi, più particolareggiati e vivi rispetto a quelli di Nolan.
In questo caso, non ci resta che vederci tra qualche anno, quando Person of Interest avrà concluso il suo viaggio per renderci conto se avrà, come si spera, superato se stessa.
IL VOSTRO RISULTATO
Stavolta il vostro voto discorda con la nostra opinione: nei sondaggi, infatti, ha vinto Person of Interest con il 68,1% dei voti.
IL PROSSIMO (E ULTIMO!) CONFRONTO
Il prossimo, nonchè ultimo, confronto della nostra rubrica vedrà sfidarsi due serie che hanno fatto la storia televisiva di questo decennio: LOST Vs BATTLESTAR GALACTICA
Lost vs Battlestar Galactica??
Non potete farmi questo….non credo che saprei scegliere! 😉
Vedo che le sfide si fanno sempre più ardue!
Confronto difficile, visto che Person of Interest ha ancora del potenziale da mostarere, ma il mio amore per Alias non può che farmi concordare col risultato 🙂
Premessa: Non ho visto Alias, anche se ne conoscevo giá gli elementi fondamentali.
Peró ho il dubbio che l’autore non abbia seguito cosí attentamente PoI: definire non pervenuta l’HR? Fusco e Carter mancanti di originalitá e poco presenti nella narrazione? Stiamo scherzando vero?
Ciao @seballos.
Se nella prima stagione Fusco e Carter sono stati centrali nella narrazione, da quando sono passati definitivamente per i “nostri”, sono diventati più prevedibili e meno interessanti. La Carter quest’anno è stata impegnata solo con il compagno accusato di tradimento e poco altro. Fusco ha certo avuto spazio in alcuni episodi, ma posso affermare con una discreta sicurezza che ha avuto ben più spazio (ed è ben più originale) il personaggio di Root.
Parlando, infatti, di nemici, secondo la mia opinione, l’HR non è niente di che. Non ha il respiro di Elias, né la complessità di Root. D’altronde, ce ne siamo anche lamentati in qualche recensione. Lo spazio quest’anno era tutto gestito da Root e dalla Macchina con pochi inserti degni di nota.