
Non cerco risposte esaustive, perché quelle arriveranno con l’avanzare della storia e delle puntate, ma forse è bene fare il semplice tentativo di ri-disporre il punto di vista, provando ad affrontare il discorso “ma cosa sto vedendo” senza lasciarsi prendere la mano da profezie apocalittiche. Bene: Homeland nasce come un thriller, una spy-story atrocemente contemporanea che ha fatto dell’azione, dell’indagine, del legittimo dubbio i suoi campi di forza, calibrando quasi sempre al meglio questi elementi. Questi sono stati sviluppati su più piani ma, tra tutti, quello occupato dal legame di Brody e Carrie è sempre stato assolutamente centrale: questo terzo episodio ha il difficile e ingrato compito di affrontare questo spinoso tema alla luce dell’enorme distanza (fisica) tra i due.
“Just an anonymous stranger with two bullets in his gut.”
Venezuela. Dei poco raccomandabili sconosciuti sono fermi in attesa di qualcosa; un pick-up arriva e trasporta un uomo gravemente ferito: è l’ex deputato, ormai da tutti creduto terrorista, Nicholas Brody.
Tower of David segna l’attesissimo ritorno dell’altra importante anima della serie, da settimane invocato come rimedio alla catabasi di cui Homeland è stata tacciata. Qualcosa, però, deve essere andato storto, perché il risultato ottenuto non ha completamente ribaltato la delusione dello scorso episodio. Di Dana e Saul non c’è traccia, tutta la puntata gira intorno ai due veri protagonisti, eppure manca ancora qualcosa. Seguendo il flusso delle “accuse”, a questo punto, l’altra spiegazione plausibile dovrebbe essere proprio la lontananza tra i due: se Carrie e Brody non sono nella stessa stanza non funzionano, i chilometri che li separano comprometterebbero equilibrio e salute dell’intera stagione – in sostanza. Ma anche così il discorso è incompleto perché, eccetto la prima mezz’ora che ha visto Brody protagonista assoluto, i due sono immersi in un montaggio che li avvicenda sempre più velocemente, senza perdere il minimo parallelismo tra le due situazioni che si assomigliano in maniera quasi perversa. Cosa manca, insomma? Azzardo un’ipotesi: la nostra più disinteressata partecipazione. Siamo convinti di sapere come e cosa è Homeland e tutto ciò che esula da quelle caratteristiche che ci hanno fatto innamorare non ci trova recettivi dall’altra parte e rimaniamo, quindi, disorientati.
“You know Carrie Mathison. So do I.”

“This is it for you. End of the line.”
La torre di Davide – not for King David, heaven forbid – è un mondo caleidoscopico, enorme, confuso, abitato da chiunque lo abbia semplicemente occupato, dove tutti possono rivendicare un minimo di proprietà e appartenenza: “we’re here because this is the place that accepts us” gli dice l’enigmatico e luciferino Dr. Graham (Erik Dellums), chiunque tu sia o rappresenti, che tu sia un pedofilo, un terrorista, un criminale, poco importa. Ed è l’aspetto stesso a conferirle queste sembianze di ecomostro riuscito a metà, una sorta di potenza mai fiorita che si alza presuntuosa ma aperta, piena di buchi, di possibili infiltrazioni, con le mura lasciate a metà, senza soffitto: non a caso, la stanza in cui si sveglia Brody ha il cielo sopra di sé e guarda, senza apparenti ostacoli, verso l’esterno. Lì lui compie i suoi nuovi primi passi, aiutato da un altro nuovo e seducente personaggio: la bella Esme (Martina Garcìa), la figlia di El Nino. Complice una veloce ellisse temporale quasi impercettibile, i due legano e Brody sembra tornare a ricoprire inconsapevolmente i ruoli di prigioniero e maestro – corsi e ricorsi storici, insomma, e non è l’unico. In lui però c’è un solo obiettivo: la fuga verso un prossimo luogo che non esiste; questa è la sua meta, gli annuncia infatti El Nino – Caracas, your new home. In questi mesi è riuscito ad andare dal Canada all’America del Sud senza che nessuno abbia saputo come o quando, tantomeno Carrie: where you are, Carrie doesn’t want to know. L’impulso però non si placa e tenta per ben due volte di scappare. La seconda volta, quella decisiva, è sicuramente il punto più significativo della puntata: Brody cerca e trova, all’inizio, asilo presso la moschea della città, ma l’imam lo denuncia alle autorità – you’re not a muslim. You’re a terrorist. Tutti vengono poi ridotti al silenzio dal tempismo di El Nino e gli altri. Brody ha provocato la morte di cinque persone in pochi giorni e, insieme a loro, si è condannato a dover tornare lì dove era finita e poi ricominciata la sua vita: una sporca prigione – I can’t stay here. It’s like the hole in Iraq. La stessa condanna che ritorna ma con nuove fattezze.
“I’m here because they don’t know where else to put me.”

Sono sempre più persuasa che la colpa (ça va sans dire) di tante polemiche arrivi soprattutto a causa del nostro solidissimo orizzonte di attesa, che si è intestardito a volersi aspettare solo il seminato da una serie che in fondo ha ancora tutto da far vedere. Dall’altro lato, però, nessuno ci ha preparati a questo nuovo volto di Homeland e abbiamo tutto il diritto di protestare. Comunque, a differenza della puntata precedente, qui alcune cose tipiche (poche, eh) ci sono; quello che sta mutando è il modo in cui queste ci vengono presentate e non siamo ancora sicuri ci piaccia: stiamo a vedere e abbozziamo davanti ad una puntata che, dato il tonfo della precedente e l’annunciato ritorno di Brody, poteva (doveva?) essere migliore.
Voto episodio: 5/6



Questo sì che è un episodio a cui avrei dato 4! 😉
Davvero una bella analisi Sara, complimenti.
Concordo in larga parte con quello che dici ma io vedo la cosa sotto un’ottica più ottimistica. La puntata in sè, sì, poteva essere gestita meglio, ma dopo aver temuto davvero il peggio per la serie, per via dello sfacelo delle prime due puntate, con questo episodio ho tirato un mezzo sospiro di sollievo.
Rimane il fatto che il “nuovo Homeland” effettivamente arranca, e che a mio parere con l’episodio di domani sarà ad un bivio: o gestiscono meglio il modus di questa focalizzazione sui personaggi “separati”, oppure tornano all’homeland “vecchio”, reinventandolo magari, sfruttando le alchimie consolidate in due anni ma cercando di evitare il “già-visto”.
Per me il prossimo episodio sarà quindi FONDAMENTALE per il prosieguo della stagione. O volano o cadono.
Per me è un convintissimo 4!!!
Dio solo sa quanti sbadigli ho fatto guardando la puntata. Noia e delusione galoppanti. Aspetti il ritorno dfi Brody, guardi l’intero episodio e alla fine di esso cosa ti resta?nulla. Che informazioni hai rispetto a prima? Nessuna info in più. Le tue aspettative per la stagione si sono alzate? No, anzi si sono notevolmente abbassate. Hai capito dove voglia andare a parare la seria? I have no idea!!!
Insomma una catastrofe che si ripete da 3 episodi e questo non è un bene.
PS.
Unica nota positiva finalmente ci siamo liberati per almeno un episodio di DANA!!!
Brava Sara, trovo la tua un’ottima analisi del “problema Homeland”, se così vogliamo chiamarlo. La nostra aspettativa e il non averci preparato a questo sono due facce della stessa medaglia, però personalmente vedo questo come un rapporto non esattamente “fifty-fifty”. Noi avremo sicuramente una certa testardaggine ad aspettarci determinate cose, ma qui si manifesta a mio avviso la fragilità dei piedi di argilla di questo enorme gigante chiamato Homeland: ci sono sempre state queste debolezze, ma siamo stati – chi più chi meno – accecati dall’importanza totalizzante del rapporto Brody-Carrie, così tanto che se togliamo loro o se li mettiamo a chilometri di distanza, l’attenzione inevitabilmente cede il passo alla noia (posto che comunque questa puntata sia più interessante delle altre due).
Non so onestamente cosa potrebbero fare ora per recuperare: dubito che li vedremo riuniti molto presto e non vorrei dover dire che ormai è tardi per risanare un problema la cui soluzione doveva essere cercata prima ancora che emergesse la frattura… però ho paura che possa essere davvero un problema difficilmente sanabile in poche puntate.
Vista ieri su sky e la penso come te. Le nostre aspettative giocheranno pure un ruolo importante ma sinceramente questa puntata fallisce a prescindere. Brody è diventato un cretino (scappa nella moschea dietro l’angolo, la mala venezuelana non ti troverà mai, credici) mentre Carrie fa la stessa cosa da tre episodi e l’unica reazione che provoca in me è fastidio – considerato che non amo particolarmente le performance della Danes, è pure peggio. Meno male che l’imam lo denuncia, almeno evitano scivoloni etici. Per il resto mi viene da pensare ai picchi qualitativi della scorsa stagione, come Q&A, momenti in cui l’analisi psicologica funzionava davvero e non solo perché Homeland era ancora ciò che ci aspettavamo. Per quanto mi riguarda questo è stato il peggiore fino ad ora. Pomeriggio vedrò il quarto episodio, chissà che non sia un capolavoro.
Non voglio aggiungere nulla perché è inutile, voglio spendere questo commento per farti i complimenti perché hai spiegato benissimo cosa è stata questa terza puntata e probabilmente qual é il problema di questa terza stagione… complimentissimi, sei riuscita ad entrare nella testa del fan medio di Homeland che finisce la puntata e dice:”si va bene, faccio fatica a dire che la puntata è brutta perché non lo è, ma cos’é sto sentimento estraniante che sto provando???” grazie per aver risposto a questa domanda 🙂
Infedeli. [EDIT]
Qui non si può commentare l’episodio 4.
La redazione.
Prima di tutto grazie ragazzi!
@Michele: vorrei davvero condividere il tuo ottimismo e in un certo senso lo faccio, altrimenti non avrei aggiunto quel /6 al voto finale, ma mi ritrovo di più nelle considerazioni di xfaith! probabilmente con la prossima puntata tutto cambia e ci ritroveremo a ricordare queste prime tre (brutte) puntate con, alla fine, un’ottima stagione – e lo spero fortemente. Ma nulla lascia presagire il meglio. Anch’io credo che, per quanto possano fare, rimane comunque il fatto che questi episodi rivelano apertamente quel famoso elefante nella stanza da tutti ignorato: senza l’alchimia creata attorno ai due protagonisti c’è ben poco da ereditare, come personaggi, elementi da approfondire, dalle altre due stagioni. Se non appunto il modus narrandi! Cambino le modalità, s’inventino nuove indagini, puntino su gente migliore di DANA (tipo Quinn) e possiamo tornare ad essere tutti un’allegra famigliola felice. bah, sono ancora congetture! vedremo vedremo!
Chissà cosa ne starà pensando Obama!