Una delle caratteristiche principali di Vikings è sicuramente l’impianto visivo/simbolico, che rimanda in qualche modo alla duplice dimensione in cui si muove il popolo norreno: il mondo terrestre e l’oltremondo divino. Blood Eagle celebra in maniera visivamente efficace l’incidenza del divino nell’uomo, in mezzo agli uomini, innestando strettamente la narrazione sul simbolo.
Altra caratteristica della serie è sempre stata la capacità di saper calibrare la ricostruzione storica e fattuale con il racconto – più sottile e narrativamente più complesso da rendere – degli usi, costumi e credenze di questa antichissima società; e in questo particolare episodio, gli elementi allegorici sono numericamente schiaccianti rispetto alla necessità di far proseguire la storia e la narrazione. Il misticismo colora di tinte oscure e crudeli il personaggio di Ragnar Lothbrok mentre si avventura lungo la strada impervia ed insidiosa dell’ambizione.
God save England!
Il grande dato storico (e insieme plot twist della puntata) è l’alleanza tra il già conosciuto re Ecbert di Wessex e re Aelle, sovrano della regione di Northumbria, nata a causa dell’imminenza di nuove invasioni dal nord Europa. I due decidono di unire le loro forze non solo per contrastare più agevolmente Ragnar e i suoi, ma anche per conquistare un altro territorio (nello specifico, la regione più a sud dell’isola britannica – Mercia). A suggellare il patto, come da tradizione, ha luogo il matrimonio tra i primogeniti dei due sovrani: Aethelwulf, figlio di Ecbert, con Judith, figlia di Aelle. L’occasione delle nozze combinate diventa anche il mezzo per mettere a paragone e far quindi risaltare le differenze tra la solenne celebrazione cristiana da un lato, e il matrimonio pagano tra Floki ed Helga dall’altro: festoso, chiassoso e sancito dallo scambio di spade, ben prima che dallo scambio degli anelli – unico punto in comune con il rito cristiano.
I due matrimoni, però, corrispondono a momenti ben più significativi rispetto al dato meramente contingente. Aethelwulf e Judith sanciscono non l’unione di due innamorati, ovviamente, ma l’alleanza, la volontà di cooperare e rafforzarsi dei due sovrani contro un nemico comune – anche se Ecbert, probabilmente, nasconde molto più di quanto non stia ancora rivelando. Dall’altra parte, invece, il matrimonio tra Floki ed Helga è il punto di rottura del primo con Ragnar, vista la scelta di escluderlo volontariamente dalle sue nozze – Everything here is for Ragnar. But he cannot have everything. He cannot have you and me. La decisione di Floki rivela per prima e in maniera incontrovertibile che il sibillino scontento degli uomini verso il loro jarl sta diventando sempre più evidente, costringendolo ad arretrare verso se stesso, separato e lontano da chi lo ha sostenuto sin dal primo momento.
It’s only the start of his real ambitions.
Similmente a Floki, anche re Horik inizia a sentire la minaccia dell’ascesa di Ragnar; perciò a jarl Borg, ormai prigioniero e prossimo alla sua esecuzione, non rimane che strisciare ai piedi del vecchio nemico, insidiarsi (come il serpente che gli striscia accanto) con le sue predizioni nella mente di Horik – he is Ragnar Lothbrok. His fame eclipses even yours -, e tentare magari di trovare un modo per allearsi con lui e scampare così a morte certa.
Ma l’ambizione è un sentimento che corrode, che nasce da dentro e che continua a consumarsi come un focolaio permanente, inesauribile: ciò che lo rivela sono gli effetti che produce all’esterno, che si tramutano in azioni per lo più devastanti e distruttive per chi è intorno. Ragnar è ora sotto il giogo di questa fiamma e produce, appunto, l’allontanamento progressivo da tutti coloro che ama: la (bellissima) scena centrale con lui intento ad osservare i commensali di nascosto, coperto da un paravento, invisibile agli altri ma capace di vedere e percepire ogni movimento, è esattamente la misura della sua nuova posizione.
Il Ragnar contadino (come lui stesso si è definito davanti a re Ecbert), legato alla sua terra, salito al trono spinto non dalla sete di potere ma principalmente dalla voglia spasmodica di conoscere, di muoversi, ha ormai lasciato il posto alla sua versione più oscura e crudele. Ragnar è incapace di parlare con Bjorn come un padre affettuoso e gli rivolge solo parole da duro guerriero, così che il giovane va a cercare la “saggezza” e l’affetto proprio in Floki; guarda poi Aslaug da lontano, incinta per l’ennesima volta ma con presagi tutt’altro che positivi; percepisce, infine, i movimenti sospetti di Siggy e Horik – che riporta, verosimilmente, al “nuovo” Rollo.
L’evoluzione di questo personaggio, anche se particolarmente repentina, è sicuramente una delle più interessanti a livello di intreccio: rappresenta una mina vagante, costantemente sopraffatto da chiunque sia, in quel frangente, il più forte (o il più persuasivo); ma è, soprattutto, costantemente schiavo della sua congenita invidia. Ora che aveva trovato pacifica resa nell’accettare il ruolo e la benevolenza di Ragnar, torna alla ribalta l’ambizione di Siggy che prova a smuoverlo dalla sua posizione, ad insidiare e a mettere in discussione la sua nuova fermezza. Davanti ai suoi occhi, insomma, Ragnar non vede che un silenzioso movimento di cospirazione, nascosto dal chiacchiericcio e dalla musica, ma fin troppo reale per chi ha deciso di porsi ai margini ed osservare. È il sintomo palese di un capo, prima attento e vigile, che sta lentamente scolorendo e gettando le premesse verso la più infausta delle derive: nuove sembianze di tiranno paranoico e isolato.
Earl Ingstad? Never heard of him.
Forse a scongiurare questa lineare progressione, torna in scena, e da protagonista, Lagertha. Anche la fanciulla dello scudo ha compiuto la sua ascesa: si presenta di nuovo a Ragnar, ma questa volta in qualità di jarl e, con sentenza chiara e concisa – now, we’re equal -, impone il suo nuovo ruolo negli schemi dell’ex compagno, scindendo il binomio donna “procreatrice” e casalinga, ormai incarnata da Aslaug, dall’amazzone, la donna guerriera e fiera combattente. Lagertha, inoltre, ha sempre rappresentato il giusto contrappeso alla sete d’avventura di Ragnar; e, insieme a lei, c’era anche la presenza rassicurante e fondamentale di Athelstan. La sua figura rimane comunque avvolta dal mistero, ma non in senso positivo: è un personaggio irrisolto, cui viene dato uno spazio relativamente ampio, ma che continua ad essere difficilmente inquadrabile. Cercando di interpretare gli obiettivi della sceneggiatura, Athelstan rappresenta sicuramente il canale scelto per mostrare il grande abisso che separa la cultura britannica e quella vichinga tramite l’irrequietezza e il tormento di un unico uomo, dimidiato tra le due. In questo senso, l’oscillazione continua della sua fede (fino all’immagine cristologica della crocifissione), la salvezza per “benevolenza” di due re e la volontà di entrambi di tenerlo al proprio fianco come una sorta di oracolo a cui chiedere per scoprire l’altro, sono modi sicuramente interessanti e visivamente belli di raccontare in un solo personaggio l’incidenza di due dimensioni così asintotiche. Eppure manca qualcosa. È come se Athelstan mancasse di una sua personalità, di una sua particolarità, di una rotondità specifica che lo qualifichi: è un personaggio che si illumina di luce riflessa, sempre tramite oggetti o personaggi esterni; perciò forse non attrae, non cattura, tanto da diventare irrilevante ai fini del racconto.
A chiudere l’episodio e ad avallare quanto precedentemente detto sulla metamorfosi di Ragnar, arriva la scena madre che dà il titolo all’episodio: l’esecuzione di Borg e la sua “trasformazione” in aquila – come voleva la premonizione del seerl. Davanti agli occhi attoniti della folla, immerso in un vortice onirico e infiammato, Ragnar spezza la schiena del suo vecchio nemico e si macchia del suo sangue; solo Lagertha guarda la scena con lucidità e senza distogliere lo sguardo. Che sia il segno di un cambiamento radicale per entrambi?
Vikings non avanza cronologicamente, ma fa un enorme balzo in avanti verso una descrizione sempre più cupa e sinistra della capacità che la sete di potere e l’ambizione hanno di far mutare silenziosamente l’uomo partendo dal midollo.
Voto episodio: 8
Scena finale da vedere e rivedere! E un applauso particolare alle musiche! La scena poi con ragnar che guarda tutti da dietro le quinte rende benissimo l’evoluzione del personaggio e del suo rapporto con gli altri! Sono parzialmente in disaccordo solo su athelstan: secondo me una personalità ben definita ce l’ha e azzardo a dire anche una delle più interessanti! Credo paghi secondo me solo lo scarso minutaggio a disposizione che, escluso l’episodio incentrato molto su di lui, e’ stato davvero troppo poco in questa stagione!
ho scoperto da poco questa serie e ne sono affascinato!