Dopo due episodi di apertura in cui il personaggio di Daniel è stato coraggiosamente relegato a flashback e visioni oniriche, Rectify torna a concentrarsi sul suo protagonista, regalandoci un’ottima puntata.
Il ritorno di Daniel non può che essere accolto favorevolmente: i precedenti episodi avevano infatti fisiologicamente risentito della sua assenza, nonostante le ottime performance del cast. In questo senso il risveglio di Holden sembra donare allo show una nuova linfa vitale, permettendo un ulteriore e più incisivo approfondimento delle tematiche che ne costituiscono l’ossatura, quali la giustizia, il perdono e la fiducia.
Il fulcro dell’episodio è infatti costituito dalla decisione di Daniel di mentire alla polizia per scagionare Bobby Dean, una scelta forse abbastanza prevedibile ma perfettamente in linea con il percorso del personaggio: proprio questa sequenza consente di metter in evidenza uno dei maggiori pregi della serie, ovvero la sua capacità di suggerire delle letture molteplici e stratificate delle azioni dei personaggi, che acquistano in questo modo una non comune tridimensionalità. L’esperienza del carcere, il senso di colpa e la volontà di lasciarsi alle spalle il passato sono tutti elementi che vanno a comporre le fondamenta di questa decisione, arricchendo ulteriormente la psicologia del personaggio e al tempo stesso spingendo lo spettatore a riflettere su queste tematiche.
Il risveglio di Daniel non è però solo fisico: dopo una prima settimana (e stagione) in cui lo abbiamo visto faticare per reinserirsi nel mondo e per certi versi fingere che gli anni trascorsi in carcere non fossero mai esistiti, in questo episodio Holden – dopo il provvidenziale dialogo onirico con il compagno Kerwin – appare più consapevole della sua condizione, sia di ex-detenuto che di uomo adulto, e deciso a lasciarsi alle spalle il passato per abbracciare la nuova vita che lo aspetta. In questo senso l’atto di gettare via tutti gli oggetti legati alla sua adolescenza e la liberatoria corsa in macchina del finale assumono la forma di una sorta di rito di passaggio, in grado di comunicare in maniera molto efficace questa ulteriore evoluzione del personaggio. Le parole di Amantha e Bobby Dean ci ricordano però che il perdono e il desiderio di voltare pagina di Daniel potrebbero non essere abbastanza: nessuno dei due personaggi (più simili di quello che sembra) sembra infatti pronto a concedere il primo e ad abbracciare il secondo.
Altrettanto riuscito risulta l’approfondimento del personaggio di Hollis, il condannato a morte assistito da Jon, la cui parabola appare diametralmente opposta a quella di Daniel: questo infatti a prima vista sembra assolvere alla mera funzione di delineare per contrasto la figura di Holden (colpevole e condannato il primo, apparentemente innocente e scarcerato il secondo), ma, al tempo stesso, ci ricorda che non sappiamo ancora cosa sia realmente successo la notte dell’omicidio di Hanna. Di conseguenza quello dello spettatore – e dei personaggi che gli sono vicino – non è altro che un atto di fiducia, di fede se vogliamo, nei confronti di Daniel.
Resta ai margini la sempre più incrinata relazione tra Teddy Jr. e Tawney, in cui l’inserimento dell’ipoteca sulla casa non potrà fare altro che peggiorare la situazione. Le sequenze dedicate alla coppia possono risultare forse un po’ ripetitive, ma hanno lo scopo di preparare al meglio quello che sarà l’inevitabile punto di rottura tra i due, e soprattutto quello di rimarcare il senso di oppressione di Teddy, il quale sembra ormai a un passo dall’esplodere.
Nel complesso Charlie Darwin non fa che confermare le ottime qualità di questa serie, in grado di tenerci incollati allo schermo senza ricorrere a continui cliffhanger e twist narrativi, ma con la sola forza dei suoi personaggi.
Voto: 8+