Se siete appassionati di Lost e Fringe e siete curiosi di conoscere dove tutto ha avuto inizio, e per tutti coloro che hanno voglia di vedere un prodotto televisivo in cui azione, science fiction, mistero e bei personaggi si mescolano insieme, Alias è allora la serie che fa per voi.
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La donna qui ritratta, segni invisibili possiederà,
segni che il marchio sono di colei che porterà
a compimento le opere mie con furia cingendole,
una rabbia che arderà se non frenata
e a volgar costo questa donna farà
della maggior potenza scempio totale.
J.J. Abrams, Michael Giacchino, Roberto Orci, Alex Kurtzman, Ken Olin: li riconoscete? Sono tutti nomi legati ad Alias, la serie della ABC trasmessa dal 30 Settembre 2001 al 22 Maggio 2006. È proprio grazie al discreto successo di pubblico che Abrams avrebbe poi avuto la spinta per produrre, qualche anno dopo, la serie televisiva per cui è universalmente conosciuto, ossia Lost, che avrebbe avviato – con Desperate Housewives e Grey’s Anatomy – la rinascita della rete della Disney.
Prima di tutto, che cos’è Alias? Stiamo parlando di una serie televisiva incentrata sulla figura di Sydney Bristow, una spia assoldata a sua insaputa dall’SD-6, un’enorme organizzazione criminale che si fa passare per un’agenzia segreta della CIA. Quando, con la morte del suo fidanzato, Sydney riesce a scoprire la verità, decide di iniziare un doppio gioco con l’aiuto di suo padre Jack, a sua volta uno dei massimi gradi dell’SD-6.
A partire da questa base, che si rivela già nel primo episodio, il gruppo di autori dà il via a cinque stagioni che portano avanti una trama principale unitaria (messa da parte solo per la quarta stagione) e un incastro di vicende satellite più o meno efficaci.
Quali sono i motivi per consigliare Alias?
Trama e Mistero
Già a partire dal terzo episodio della prima stagione facciamo la conoscenza di Milo Rambaldi, un fantomatico filosofo del quindicesimo secolo definito come un incrocio tra Leonardo da Vinci e Nostradamus: a lui si dovranno i molti dispositivi estremamente avanzati per la sua epoca (e spesso anche per la nostra) che condurranno la trama in direzione della science fiction, pur senza raggiungere i toni più incisivi che verranno sviluppati in Fringe. Rambaldi (dedicato a Carlo Rambaldi creatore di E.T. ed altre creature per il cinema) diventa via via sempre più importante e intorno ai suoi dispositivi si muoveranno una moltitudine di organizzazioni, terroristiche e governative, per non parlare delle mire di quasi tutti i personaggi negativi. A questo va poi aggiunta la vicenda legata alla Profezia, che troverà una spiegazione razionale solo nel finale della serie.
Se Rambaldi ha un ruolo così centrale e verticale, che si svilupperà nel corso degli anni, vi sono però anche le trame più circoscritte alle singole stagioni e che chiaramente riguardano in prima persona la protagonista: il doppiogioco per la CIA, la lotta contro l’SD-6 (che, come scopre con orrore Sydney, è molto più vasta ed organizzata di quanto sembrava inizialmente), la sfida contro l’Uomo. Ogni episodio è generalmente ben costruito e si chiude con i più canonici dei cliffhanger, con Sydney interrotta nel bel mezzo di un’azione potenzialmente nociva. Nonostante questa sospensione abbia trovato in tempi più recenti delle soluzioni meno plateali, gli episodi funzionano e divertono. Da stand-alone più tipici della prima stagione si passa ad una narrazione più unitaria negli anni successivi che sviluppa soprattutto la trama orizzontale. Come se non bastasse, su chiara ispirazione della più famosa delle spie al mondo, lo 007 di Ian Fleming, il lato spionistico delle storie narrate – il vero fulcro centrale, ovviamente – è arricchito da travestimenti, perfetta conoscenza delle lingue (ma sulla pronuncia lasciamo stare) e gadget dei più fantasiosi.
Personaggi
Chiunque abbia seguito Alias potrà confermarvelo: i personaggi di questa serie sono molto ben scritti e interessanti. Certo, non c’è quella profondità emotiva che avrebbe caratterizzato i grandi drama di questi ultimi anni – stiamo parlando di una serie iniziata subito dopo l’11 Settembre 2001 e che non aveva ancora assorbito il nuovo cambio di paradigma – ma siamo già nell’orbita di personaggi dotati un po’ tutti di luci ed ombre, senza quella tipica distinzione manichea tra buoni e cattivi che aveva caratterizzato grandissima fetta della serialità americana precedente.
Certo, ci sono eccezioni: Sydney è l’eroina, la Xena dei tempi recenti, ma non per questo ne esce male. Per essere una donna forte ed indipendente funziona molto bene grazie anche ad una Jennifer Garner (Golden Globe per questo ruolo nel 2002) che è materialmente cresciuta come donna e come attrice insieme al suo personaggio. Sydney vive divisa tra la volontà di non perdere il suo legame con la vita di tutti giorni – emblematica in questo senso la sua decisione di non perdere il rapporto con gli amici di una vita né la sua attività universitaria – ed un lavoro che la costringe ad improvvisi viaggi all’estero, sempre rischiosi ed avventurosi. Come se non bastasse, il suo personaggio viene ulteriormente colorato dalla sofferenza per la morte della madre, da una delle più complicate e travagliate storie sentimentali di sempre e da un rapporto a dir poco gelido con suo padre.
A tal proposito bisogna parlare di Jack Bristow – un Victor Garber in stato di grazia – la cui scrittura è di straordinaria efficacia, alle prese con un personaggio che vive un profondo affetto per la figlia ma è del tutto incapace ad esprimerglielo, e che è ancora sofferente per il tradimento subìto dalla moglie Laura. Come nella migliore tradizione di J.J. Abrams (qualcuno ha parlato alla relazione tra Jack di Lost e suo padre?), il rapporto tra protagonista e genitore è uno dei motori dell’intera narrazione. Jack Bristow è senza dubbio – tra i personaggi “positivi” – il più riuscito in assoluto, il più difficile da comprendere e per questo il più affascinante. Degni d’essere menzionati anche lo stupendo Marshall, Michael Vaughn, Will Tippin (Bradley Cooper quando era ancora un signor nessuno).
Nemici
Il capitolo dei nemici è forse quello più denso di nomi: se c’è un campo in cui gli autori non ne hanno sbagliata una è sicuramente nella scrittura degli avversari di Sydney, aiutati anche da interpretazioni di altissimo valore. Si deve ovviamente partire da Ron Rifkin ed il suo iconico Arvin Sloane, capo della SD-6 e mente brillante che riesce senza problemi a passare dall’affetto personale nei confronti di Sydney e l’amore spassionato per sua moglie ad una crudeltà senza rimorsi nell’eliminare ogni nemico e chiunque si frapponga tra lui ed i suoi obiettivi. Arvin Sloane è così un nemico dalla grande complessità e dalla personalità estremamente sfaccettata.
Capitolo a parte merita il personaggio di Anna Espinosa (Gina Torres): pur non essendo mai la nemica principale della serie, ha un’importanza vitale, perché ci permette di entrare più in profondità nei panni di Sydney Bristow. Anna è infatti la nemesi perfetta del personaggio della Garner: spia violenta, letale, abituata ad infiltrarsi sfruttando la sua avvenenza e la sua forza sessuale e soprattutto per niente pentita di lavorare alle dipendenze di vari criminali. Attraverso la Espinosa vediamo ciò che Sydney sarebbe potuta diventare e che, invece, ha scelto di non essere (e nell’ultima stagione questo discorso raggiunge la più lucida vetta). Un plauso alla Torres per essersi imposta nonostante il poco spazio datole.
A partire dalla seconda stagione, però, arriva sulla scena Lena Olin, e la sua Irina Derevko conquista la scena eliminando ogni concorrenza. La sua presenza magnetica, la bellezza del personaggio e l’ambiguità di fondo, che non permetteranno né agli altri personaggi né agli spettatori di capire davvero dove stia il suo cuore, domineranno l’intera seconda stagione e poi le ultime due. E legato alla Derevko – per poi rendersi indipendente – c’è anche l’intrigante figura di Julian Sark, il viscido e furbo criminale che riesce – quasi – sempre ad uscirne pulito.
Che dire di più? Alias non è forse tra le serie fondamentali del panorama televisivo americano, ma è molto importante per conoscere i prodromi di quello che verrà e per la capacità di andare oltre il semplice racconto.
Per 105 episodi saprà divertire, emozionare, incuriosire, affascinare. E non vi sembra abbastanza?
Stavolta dissento in parte. Buona serie (non eccelsa) ma invecchiata malissimo. Il recupero potrebbe avere un interessante apetto “formativo”. Come correttamente sottolineate contiene gran parte delle tematiche care ad Abrams (ampie tracce di Feliciy tra l’altro) ma anche gran parte degli errori che riproporrà in seguito. Ripeto: tutt’altro che da buttar via come prodotto, godibile ai tempi in cui venne trasmessa, ma fra le serie giunte al termine non mi sentirei di consigliarne il recupero francamente.
Alias ha il merito di averci fatto conoscere JJ Abrams, allora autentico “enfant prodige” e a distanza di 12 anni il giovane è cresciuto collezionando un bel numero di successi e di flop ad un ritmo impressionante. Non so voi, ma ancora non ho capito bene se è un ottimo e colto regista al pari di Tarantino (ma con ovvi interessi agli antipodi) oppure solo un gran furbacchione con i mezzi giusti (i soldi); ogni suo prodotto, televisivo o cinematografico che sia, è un’opera di ottima fattura citazionista, ma mentre uno Steven Spielberg (il suo punto di riferimento dichiarato) lo riconosci subito, lui continua ad essere un artista senza uno stile: ottime intuizioni, tanti riferimenti ai linguaggi e al passato recente, casting perfetti, ma anche collaboratori eccellenti (Giacchino su tutti, un compositore straordinario, basti ricordare la superba soundtrack di Lost), ma zero personalità. Alias gettò queste sue non-basi, presentandosi come un prodotto commerciale genuino, divertente, kitsch, dal ritmo serrato, di tendenza, il Miami Vice degli anni 2000; un po’ James Bond, un po’ Lola corre sarà ricordato per aver lanciato la bella Jennifer Garner ma anche per le location improbabili.
Beh, c’è da dire che le serie firmate da JJ Abrams spesso non sono portate a termine da lui stesso, ma vengono abbandonate prima (Lost e Fringe per citarne due), altre compare solo come produttore esecutivo (colui che finanzia i progetti), per cui lui in questo ultimo caso non ci mette nemmeno una briciola del suo ingegno “seriale”..
Per me JJ Abrams è un grande regista e produttore e ha scritto telefilm indimenticabili quali Lost e Fringe, partendo con una serie (mi riferisco ad Alias) che, seppur non eccelsa, è di ottima fattura. Sulle location alla fine stiamo parlando di un telefilm di spionaggio, deve esserci un po’ di “”surrealismo””, crea mistero secondo me =)