“That concept of Anarchy was pure, simple, true.
It inspired me, lit a rebellious fire.
But ultimately I learned a lesson… that true freedom requires sacrifice and pain.“
(“The Life and Death of Sam Crow” – John Thomas Teller)
Eravamo soltanto al quarto episodio della prima stagione quando la celebre definizione di “anarchia” di Emma Goldman fece capolino nella serie di Kurt Sutter, costruendo in quel momento un ponte inscindibile tra la mente di John Teller e quella di suo figlio ancora adolescente Jackson. Sette anni sono passati, sette anni di un viaggio spericolato, passionale, folle, in compagnia di persone che “bruciano, bruciano, bruciano” per dirla alla Jack Kerouac. Perché in fondo Sons of Anarchy, pur essendo ambientato nella fittizia cittadina di Charming, è stato un lungo viaggio on the road: di quelli che vivi col cuore ancor prima che con la mente, di quelli percorsi con l’acceleratore spinto senza paura, di quelli che hanno una loro colonna sonora indimenticabile, di quelli che ti cambiano lo spirito e di quelli che non hanno una vera fine, perché in quell’ultimo miglio conducono dritti all’eternità.
“We were prisoners of love, a love in chains,
He was standin’ in the door, I was standin’ in the rain,
with the same hot blood burning in our veins,
Adam raised a Cain.”
(“Adam raised a Cain” – Bruce Springsteen)
Kurt Sutter, autore che non si sottrae a scelte coraggiose (talvolta discutibili, ma poco importa ora), ha sciolto tutti i nodi e tutti i twist nell’episodio precedente e ha voluto lasciare l’epilogo della storia esclusivamente a lui, il suo protagonista: senza svolte, sorprese o colpi di scena, tutto va come deve andare e come era prevedibile andasse; la narrazione non ne esce indebolita, ma purificata, limpida e cristallina, libera di raccontare l’ultimo miglio del viaggio di Jax Teller, dall’alba fino al tramonto, i suoi addi, i suoi lasciti, i suoi ultimi metri verso la libertà. E in quell’ultimo tratto che manca da al suo viaggio, recide ogni legame col passato (gli anelli, le scarpe, le tombe, la patch) e consegna i suoi affetti al futuro (i figli, il club), non prima però di aver eliminato le maggiori minacce e compiuto ciò che il padre non era riuscito a fare (“Better late than ever“).
“Like a bird on a wire,
Like a drunk in a midnight choir,
I have tried, in my way, to be free”
(“Bird on a wire” – Katey Sagal & The Forest Rangers – Episodio 3×04: Home)
Eppure, Jax non ripercorre esattamente le stesse orme di John. Perché se John aveva optato per il suicidio, consegnando idealmente al figlio il fardello di portare il cambiamento e la rivoluzione nel sistema di valori del club, Jax non è guidato dalla speranza o dalla “vigliaccheria” di buttare sulle spalle dei figli il proprio fallimento. Al suo risveglio, nel suo consapevole ultimo giorno di vita, Jackson Teller prende le foto, i propri diari, il manoscritto di JT e brucia tutto, perché nulla si ripeta, perché i figli non debbano essere “infettati” anch’essi da quell’idea ed essere distrutti da un’utopia, un’illusione. Ciò fa della morte di Jax Teller non un banale suicidio, bensì un sacrificio, volto a spezzare il cerchio, a porre fine a tutto, a tal punto da scindere anche il legame con i propri figli, spingendoli all’odio verso il padre purché non sentano il desiderio (e la responsabilità) di seguirne le orme.
“May you grow up to be righteous
May you grow up to be true
May you always know the truth
And see the lights surrounding you”
(Forever Young – Audra Mae & The Forest Rangers – Episodio 1×12: The Sleep of Babies)
“I need my sons to grow up hating the thought of me.” È questo l’unico testamento che Jax lascia a Nero, eletto padre putativo di Abel e Thomas. Nero rappresenta la speranza (“It’s my best friend“), ma una speranza esterna, priva di legami di sangue, e di conseguenza di qualsiasi scomoda eredità da lasciare ai figli. E ci vuole proprio la forza interiore di Nero, alla fine, per separare Jax da Abel, perché quello è l’addio più difficile per il Prez, perché la manifestazione più pura d’amore (“I love you, dad” che saranno anche le ultime parole di Jax, rivolte però a JT) è lì a tenerti in vita, è lì pronta a incatenarti ancora, a dirti (forse a illuderti) che allora non c’è solo del marcio in te, a rassicurarti tra le sue braccia, e allo stesso tempo a causare ancora più dolore. Jax vacilla, vorrebbe ma non può. “This is who I am. I can’t change.“
“May the light from above always lead you to love
May you stay in the arms of the angels”
(“Lullaby for a soldier” – Maggie Siff & The Forest Rangers – Episodio 6×10: John 8:32)
In una costruzione molto teatrale (che esalta ancor di più la natura shakesperiana dell’opera di Sutter), Jax porta in braccio i figli verso la macchina che li condurrà via; dietro di lui, in silenzio, Wendy e Nero lo seguono, testimoni e messaggeri del futuro. Il candore di Abel, il peso esistenziale di Jax, l’inconsapevolezza di Wendy e la forza interiore di Nero: in questo palcoscenico, il passato consegna i propri figli al futuro, senza creare continuità, ma rescindendo ogni legame in un addio senza lasciti, se non per un’infantile e affettuosa raccomandazione: “Have fun“. Abel dovrà crescere odiando il padre, una richiesta disperata da parte di Jax, un atto terribile e forse ancora più crudele persino del matricidio, ma allo stesso tempo il più grande atto di amore di un padre verso il figlio: accettare di farsi odiare per salvarlo. Perché nell’anarchia amore e morte si confondono, la vita crea e uccide, l’amore eleva e distrugge.
“And me I wait in Charming Town
To gain my love as one.
I’m staying here to end my life
Down in the Rising Son”
(The House of the Rising Son – The White Buffalo & The Forest Rangers – Episodio 4×14: To Be (Act 2))
Sono questi momenti che rendono Papa’s Goods sì prevedibile, ma di una forza dirompente: perché da bravo interprete della tragedia, Sutter sa che questo non è il momento dei climax o dei colpi di scena. Chi si appresta a vedere una tragedia del resto sa benissimo che non ci sarà alcun lieto fine, ma ciò che si aspetta di vedere (o meglio di sentire) è il momento della catarsi, della purificazione e, perché no, della riappacificazione con l’eroe. Jax Teller non è un antieroe, o perlomeno non lo è nel senso classico del termine, ovvero di un protagonista con meno intelligenza e motivazioni dell’uomo comune; Jax Teller è l’eroe fallito, e in questo sta il coraggio più grande di Sutter. Ci ha illuso facendoci innamorare di questo personaggio, il “Rising Son” che sognava di cambiare il mondo dal tetto di un garage; ci ha fatto salire in sella per accompagnarlo e credere insieme a lui in questo viaggio nel caos dell’essere umano, per poi alla fine tradirci (“That fear and guilt crippled me“), mostrarci, nella sua cinica rappresentazione, che l’umanità che vuole cambiare (incarnata da Tara e Opie, le cui tombe non a caso tornano protagoniste all’inizio della puntata) è una splendida utopia, ma in quanto tale, è solo un’illusione.
“I never found my father, I never found my mother,
even would I know in my lifetime I will be
a hero into the masses, to those born without chances.
There’s a freedom that everyone deserves”
(The Lost Boy – Greg Holden – Episodio 5×04: Stolen Huffy)
E così, nell’ineluttabilità che è la protagonista di ogni qualsivoglia tragedia, anche Jax alla fine si pone consapevolmente di fronte alla morte, così come aveva fatto Juice, così come aveva fatto Gemma. Eppure, la grande differenza è che in lui non c’è rassegnazione, né constatazione. Il sacrificio di Jax è un gesto di volontà salvifico, è l’estremo gesto di un uomo avvelenato che nella morte sublima l’amore e la passione che lo hanno guidato, è l’estremo atto anarchico di chi, in ultimo, non si piega al destino e, nella sua ritrovata nudità spirituale (via gli anelli, via i ricordi, via la patch, via il casco e gli occhiali), trova il coraggio (e la serenità) di andare oltre esso: lì dove solo i corvi lo possono scortare, lì dove la strada conduce alla propria libertà.
“There must be some way out of here,” said the joker to the thief,
“There’s too much confusion, I can’t get no relief.”
(All along the watchtower – Billy Valentine & The Forest Rangers – Episodio 7×08: The Separation of Crows)
Ecco perché anche la morte del nostro Prez deve essere votata dal Club. Il Club, supremo governo delle leggi dell’universo sutteriano, prevede che l’incontro col Mayhem sia votato da tutti, che sia volontà di tutti, anche quando, come in questo caso, lo chiede il “condannato” stesso. È il libero arbitrio dell’anarchia, in quel club fin troppo contaminato da quelle logiche imperialistiche simboleggiate dalla bandiera americana che in più di qualche inquadratura svetta sulle loro teste. Ed è proprio da queste logiche che Jax, prima del suo sacrificio, decide di liberare la propria famiglia, uccidendo Barosky, gli irlandesi e Marks. E solo lui può farlo, libero ormai da strategie, congetture, piani per il futuro e progetti; lui che nel suo ultimo giorno di vita attraversa un processo di purificazione interiore ed esteriore, cui infine prende parte la Morte/Anarchia stessa, consegnando a Jax una coperta prima di ricordargli: “It’s time“. Terminato il suo operato, dopo aver consegnato i figli a Nero, la giustizia alla Patterson e il club a Chibs, e dopo aver ringraziato i suo fratelli per averlo “liberato”, non c’è più nulla che lo trattenga: “I’m Ready” – “I got this” (che furono anche le ultime parole di Opie prima di morire).
“Gimme, gimme shelter
Or I’m gonna fade away
War, children, it’s just a shot away
Rape, murder! It’s just a shot away
It’s just a shot away”
(Gimme Shelter – Paul Brady & The Forest Rangers – Episodio 2×13 : Na Trioblóidí)
Eppure, sul finale, nonostante il gesto liberatorio di Jax, Sutter non manca di lanciare un ultimo inquietante presagio: Abel che gioca con l’anello lasciatogli da Gemma, inquadratura non a caso immediatamente successiva a quella del cadavere della matriarca, come a testimoniare che la donna è stata solo la personificazione di quel male endemico che ognuno di noi, a prescindere dal rifugio che gli viene concesso, si troverà prima o poi a combattere, in una continua guerra contro la propria oscurità.
“It was too late for me. I was already inside it. It’s not too late for my boys” dice Jax a suo padre, ma la vita ha le proprie regole e quell’anello sta ad indicare che anche Abel, prima o poi, dovrà affrontare i suoi demoni, combattere la sua battaglia ogni giorno per vincere quel caos che ciascuno porta dentro di sé.
“Tell me who’s that writin’? John the Revelator.
Wrote the book of the seven seals”
(John the revelator – Curtis Stigers & The Forest Rangers – Episodio 1×13: The Revelator)
Sette stagioni come i sette biblici sigilli che chiudono il libro nel quale è contenuto il significato dell’uomo, un significato che Sutter ha indagato fino al suo più edipico e primordiale abisso. Kurt non è certo il primo della classe, non possiede il rigore, la solidità, la perfezione formale di altri suoi illustri colleghi, ma come i “secondi” della classe è forse più capace di far fluire libera la propria passione e parlare alle emozioni. Il suo viaggio è stato certo ricco di piccole/grandi imperfezioni, ma quando poi immagini una Katey Sagal al centro di un palcoscenico, nell’oscurità di un teatro, recitare al pubblico prima di morire le sue ultime parole nel silenzio del giardino di rose, capisci che allora la rilettura della tragedia classica e shakesperiana non solo ha centrato in toto l’obiettivo, ma è andata forse oltre le aspettative, creando un unicum irripetibile e una pietra miliare della televisione.
“I am a passenger
And I ride and I ride”
(The passenger – Alison Mosshart & The Forest Rangers – Episodio 5×07: Toad’s Wild Ride)
E noi del viaggio di Kurt Sutter siamo stati i passeggeri, testimoni di questa montagna russa di passioni, di questa immersione nella bellezza e nell’orrore dell’animo umano, soffrendo, amando e divertendoci, come l’episodio non manca di ricordarci in uno degli inseguimenti più spettacolari della serie, omaggio al lato action e caciarone di Sons of Anarchy. Su di esso, si staglia il sottofondo di I can’t help falling in love with you, che riallaccia (come l’inquadratura finali dei corvi) un ponte con il pilot; perché del resto, cosa è Sons of Anarchy se non una serie sulla forza devastante dell’amore (come la citazione finale dell’Amleto, con cui tutto si conclude), in quanto unica imprescindibile forza motrice costante dello spirito umano?
“It’s better to burn out than to fade away
The king is gone but he’s not forgotten”
(Ehy Ehy My My – Battleme – Episodio 3×13: NS)
– Where are you going, Jax? – I’m not sure.
È così che termina il lungo viaggio di Sons of Anarchy, la storia di una famiglia, la storia di un gruppo di bikers, ma più di tutto una storia d’amore, quello passionale, malato, romantico, estremo e perverso, quello anarchico che non conosce barriere e che infine ha la meglio anche sul fato. Sutter ci ha mostrato come l’Anarchia non può sussistere in un gruppo, come essa sia una pura utopia, ma al contempo ci ha fornito la catarsi per trovare l’anarchia in ognuno di noi, in quella passione di vivere, nella purezza di un sacrificio in cui l’uomo trova il senso di ogni cosa. Togliamo allora le mani dai freni e chiudiamo gli occhi, lasciamo che il vento ci trasporti e che la Legge ci insegua, nella celebrazione della libertà estrema, lì dove risiede l’unica anarchia possibile, quella dell’uomo che brucia, brucia, brucia.
Come fly with black
We’ll give you freedom
from the human track.
Come Join the murder,
soar on my wings.
You’ll touch the hand of God
And He’ll make you King.
He’ll make you King.
Voto: 9+
Voto Stagione: 8,5
Voto Serie: 9+
Commenti dall’Angolo delle Discussioni sull’episodio:
seriangolo forum
Recensione incredibile e perfetta per quello che è stato un gran series finale. Bellissima la scelta di introdurre ogni paragrafo con una canzone, con la musica, uno dei grandi ed indiscutibili punti di forza della creatura di Sutter; sono d’accordissimo, inoltre, sulla definizione di Jax non come antieroe ma come “eroe fallito”, azzeccatissima nell’esprimere quella che è sempre stata l’anima della serie.
Devo dire che questo “Papa’s Goods” è un episodio che non ho trovato perfetto, con scelte discutibili (come la risoluzione delle storyline di Marks e Barosky, troppo frettolose e “obbligate” per i miei gusti) e altre bellissime (la scena del cimitero, quella del voto al tavolo, l’inseguimento di Connor, il “corteo” finale). E’ per questo che questo finale rispecchia un po’ quella che è sempre stata la mia concezione di Sons of Anarchy: un prodotto imperfetto, a volte grossolano eppure straordinariamente coinvolgente e diretto. Tutto si può dire della creatura di Sutter, ma non che non entri nel cuore coi suoi personaggi, con le sue musiche, con la sua tragedia e il suo riuscitissimo legame con l’Amleto di Shakespeare. Ho davvero poche parole per questa conclusione, che reputo (considerando gli ultimi 3 episodi) l’unica possibile per la serie, e anche la più riuscita.
Non è un mistero che la prima parte di questa stagione non mi sia affatto piaciuta, ma sono davvero contento che con quest’ultima fase Jax Teller e soci sono tornati ad emozionarmi come nei momenti più alti della serie. Il mio voto alla stagione sarebbe un 8- (media tra un 7/7,5 dei primi 9 episodi e il 9 degli ultimi 3), ma quello al finale e alla serie un 9 pieno, meritatissimo e indiscutibile.
Dimenticare Sons of Anarchy sarà impossibile.
Recensione che mi ha emozionato quasi quanto la puntata. Serie indimenticabile.
Ne ho anche lasciato traccia nei commenti alle precedenti puntate, quindi non credo di sorprendere nessuno se ammetto di essere tra quei pochissimi che non hanno particolarmente apprezzato questa stagione né questo finale (quantomeno nella sua realizzazione scenica). Ma capisco anche cosa può aver significato questa serie per chi l’ha particolarmente amata, per cui, imbucandomi al funerale, preferisco semplicemente unirmi al cordoglio provato in questo momento dai tanti Sons Addicted, senza aggiungere altro.
Anzi, solo una cosa che ci tengo: come voto ho dato 10, è da intendersi per la recensione.
Bellissima recensione Diego, sia per la scelta delle canzoni sia per la varietà e l’agilità dei paragrafi.
Non c’è tantissimo da aggiungere quindi mi limito a dire una cosa molto semplice: Sons of Anarchy aveva avuto il suo climax nei due episodi precedenti al finale, cosa che ha reso sulla carta l’epilogo dell’intera serie ancora più difficile. Kurt Sutter ne è uscito alla grande. Chiudere serie così lunghe è sempre molto difficile e Sons of Anarchy si è chiusa meglio di molte altre, se per il crescendo finale, sia per il giudizio effettivo sull’ultimo episodio (eccetto quelle due terribili inquadrature finali in cui il digitale è inspiegabilmente orrendo).
Sono sempre stato dell’opinione che nella vita quando ci siano problemi, errori, cose brutte l’essere umano tenda , a volte giustamente e altre no, a catastrofizzare ed assegnare valori ipernegative alle cose meno belle che gli accadon, mentre generalmente le cose belle vengono sempre poco enfatizzate e poco esaltate. A mio avviso le cose belle vanno esaltate anche se magari a volte non rappresentano il top assoluto. Ecco perchè da oggi mi impegno a divulgare la parola di Sutter nel mondo e valutare SOA come fosse un mad men, un true detective o un breaking bad anche se magari non reggerebbe in un paragone assoluto con certe serie di spessore.
In 7 anni SOA mi ha accompagnato in un viaggio on the road spietato, violento, brutale, viscerale, pieno di colpi di scena e pieno di sottofondi emozionali apparentemente banali o addirittura assenti che puntualmente esplodevano in puntate storiche come storici sono e saranno per sempre i montaggi musicali proposti da quel geniaccio di Kurt.
Le ultime 4 puntate sono state devastanti. Magari non le più incredibili, le più ben fatte ecc ecc ma di sicuro le piu intense e vissute di queste sette stagioni. In quest ottica questo finale a mio avviso si colloca come un finale meraviglioso, senza mezzi termini meraviglioso. Lo si dice spesso quando termina una serie che si ama ma mai come stavolta rappresenta la verità.
Simbolismi mai eccessivi, richiami mai ridondanti, musiche che sembravano cucite addosso alle singole scene, un Hunnam impressionantemente bravo anzi bravissimo come mai prima, una lettura della vicenda spaventosamente intimistica e emozionale.
Ho tremato quando Jax ha salutato i figli, assistendo a quel mini corteo funebre con Nero e Wensy in processione verso un ultimo inconsapevole saluto a Jax. Corteo funebre ben più imponente quello che vedremo sul finale di puntata, dove la legge, la giustizia accompagna quel giovanotto biondo di belle speranze verso l’ultimo rombo di motori prima che un camion renda la sua morte un eccezionale sacrificio.
I corvi a richiamare la prima sequenza del pilot, lady anarchia pronta a calare l’ultima ombra su un personaggio mai troppo esaltato, l’anello diviso fra tara e opie, quell’i ve got this che rima con quello di opie della 5×03, abel che accarezza l’anello del padre, il monologo di Jax con il padre, il dialogo con Nero, il bellissimo momento prima con Chibs e Jax sul tetto dove il prez aveva sognato la rivoluzione ed ora prende atto della sconfitta definitiva ed implacabile, poi al tavolo dove tutti votano per la morte dell’amato compagno, il saluto finale, l’inseguimento, le immagini dei morti e le immagini dei vivi. Un susseguirsi di emozioni che credo di avere incontrato raramente. 78 minuti di rara bellezza, culminati con un finale splendido (rovinati da un effetto “poco” speciale) e impareggiabile.
Voto 10 alla serie ed al trittico finale. Le cose belle vanno esaltate come dicevo all’inizio ed ecco perchè per me quel 9.9.5 diventa un 10 e quella recensione un 10 pieno…
WHAT HAPPENS AT THE END OF THE DAY?
THE BAD GUYS LOSE
la recensione è stupenda, complimenti davvero,
Alcune canzoni me le porto ancora nel cuore e riviverle mi ha dato un pugno nello stomaco fortissimo.
La puntata è stata strepitosa, un colpo al cuore ogni volta sebbene nei precedenti commenti e in conversazioni tra fan mi ero praticamente già fatta il finale. Eppure in tutta la sua prevedibilità è stata magnifica, proprio perché così doveva andare; un’altra soluzione non sarebbe stata possibile, non in linea con la storia di Jax, di Gemma, dei Sons.
Alla puntata un bel 9.5
Alla stagione un 8.5
Alla serie 9.5
Alla recensione 10
Non ho parole, davvero, posso solo dire grazie a Sutter per avermi regalato un finale così bello, e grazie a voi di Seriangolo per avermi aiutato ad apprezzarlo in tutte le sue sfaccettature (insieme a tutti gli altri episodi). Se la serie mi ha intrattenuto ed emozionato per sette stagioni, voi sicuramente avete il merito di aver “guidato” molti brainstorm e pensieri nati da quegli episodi, con una cura e una qualità che non voglio dare per scontate. Quindi grazie.
Ultima recensione che rende onore al finale, stupende le citazioni della soundtrack. Ero curioso di sapere in maniera più approfondita cosa ne pensavate della senzatetto, che trasforma Jax nel “Reaper” dandogli il suo “mantello” per uccidere Marks, oppure del fatto che sia stato proprio Milo (incontrato da Gemma subito dopo aver visto la stessa senzatetto) e il suo camion “Papa’s Good” a porre fine al viaggio di Jax. Non so voi, ma a me questa cosa di Michael Chiklis (protagonista di The Shield) che si “scontra” con Charlie Hunnam mi è sembrata molto bella e autocelebrativa da parte di Sutter. Tuttavia va benissimo così, non c’è spazio per troppi ragionamenti e speculazioni in questa recensione, così come non c’è stato nell’episodio, entrambi andavano “sentiti” e basta.
Voto puntata: 9.5
Voto Stagione: 9
Voto alla Serie: 9.5
Voto alla Recensione: 9.5
Io ho aspettato di essere sola in casa per poter vedere questo episodio in tutta calma, e così nessuno ha potuto assistere ai miei lamenti angosciati quando è partito il corteo funebre con Jax in testa e le auto della polizia dietro. Mi ero preparata alla visione di questo finale come ci si prepara a un funerale. Posso dire che Sutter mi ha cavato le viscere lentamente, ha iniziato da parecchio tempo a questa parte a farlo. E ora mi sento svuotata. Nessun’altra serie mi ha fatto questo effetto.
Per me, questa è la serie migliore degli ultimi anni, insieme a Mad men. Ho iniziato a seguirle insieme, 7 anni fa, e finora restano le serie che sono riuscite a coinvolgermi più di tutte (a eccezione di “I Soprano”, ça va sans dire). perché? Fondamentalmente, per i temi trattati. Mad men è una serie sul tema dell’identità, e SoA è una serie sulla lotta degli esseri umani contro il Male peggiore, cioè quello che è dentro di noi. E mica cazzi, scusate tanto.
Ecco perché le fonti di Sutter vanno da Shakespeare ai tragici greci, dalla Bibbia al Vangelo. Tutto ciò che fin dai tempi antichissimi ha parlato di questo tema. Jax è l’agnus dei qui tollit peccata mundi (l’agnello che toglie i peccati del mondo), e va incontro alla morte in atteggiamento cristologico spalancando le braccia, non prima di avere incontrato lady anarchia che lascia in bella vista il vino e il pane (simboli eucaristici). E persino Michael Chiklis quando lo vede, non a caso esclama “Jesus!”.
SoA non è stata una serie perfetta, ma IMHO è stata una serie importantissima. Per me, che ho una formazione classica, questo è stato un lungo viaggio emozionante e straziante attraverso i topoi che mi sono cari. Troppe serie si perdono per la strada o alla fine mancano il bersaglio. Questa no. L’unità tematica non è mai venuta meno.
Tanto di cappello a Kurt Sutter per aver preso temi antichi come l’Uomo, e una narrazione classica, e averli resi fruibili al grande pubblico. E di nuovo, come è stato per True detective, il grande successo di questo finale presso il pubblico mi rende felice. Lo snobismo estremo dei critici che preferiscono dire che la merda come la roba della Rhimes è bella, piuttosto che apprezzare questa serie, nulla ha potuto. Quando una cosa merita, la strada del successo la trova comunque.
Questa serie è sottovalutatissima…piu riguardo il finale e piu me ne rendo conto..
Alla fin dei conti abbiamo assistito ad un viaggio di un eroe fallito, di un uomo cresciuto nella violenza e allo sbando che ha cercato di elevare la propria vita e quella degli altri a qualcosa di piu, qualcosa di meglio. Nel farlo è stato travolto dagli eventi, dal destino e dalle persone piu care. E’ morto provandoci, e quel sorriso a braccia aerte in sella ad una moto mentre la sua vita va aschiantarsi per sempre sono racchiuse mille emozioni e mille trattati di filosofia. Essere libero richiede sofferenza e sacrificio, Jax attraverso una vita di sofferenza ha capito che l’unico modo per elevare se stesso e gli altri a qualcosa di piu grande era sacrificarsi, annullarsi, eliminare dal mondo la sua fisicità e lasciando in eredità ai figli un ricordo di un mostro al solo scopo di salvarli da quella vita.
The bad guys lose diventerà una delle frasi piu significative del decennio televisivo e jax uno dei personaggi migliori mai comparsi su uno schermo.
Una sola domanda:
che significato simbolico hanno i corvi che beccano il pane nella scena finale secondo voi?
Io ho letto di un simbolismo biblico con il pane a significare il corpo di cristo e dunque il sacrificio, e l’assenza del vino colmata dal sangue di jax che simbolicamente equivalgono al sangue di cristo e dunque al sangue di un uomo sacrificatosi per gli altri…
voi che avete interpretato?
Recensione perfetta e molto emozionante per una serie indimenticabile.
Grazie Sutter per avermi fatto il cuore in mille pezzi!