In ogni crime story che si rispetti, tutti i nodi vengono inevitabilmente al pettine ed è su questo topos tanto antico quanto efficace che si reggono gli ultimi due episodi andati in onda di How to get Away with Murder: la serie, ormai quasi giunta al termine, nonostante gli alti e i bassi ha saputo mantenere vivo l’interesse del pubblico grazie ad una trama intrigante e ad interpretazioni di buon livello.
1×11 Best Christmas Ever
Com’era prevedibile dal finale della scorsa puntata, l’ingresso in scena diHannah Keating, sorella di Sam, ha portato ulteriore scompiglio tra i giovani studenti/assassini, ormai in preda alla paranoia e incapaci di fidarsi gli uni degli altri: la componente crime viene qui messa parzialmente da parte per lasciare (finalmente) spazio all’approfondimento psicologico dei ragazzi. Le festività natalizie, simbolo dell’unione familiare per antonomasia, vengono ritratte come un inferno domestico in cui i protagonisti, invece che protetti, non possono che sentirsi ancor più isolati e abbandonati a se stessi. La totale assenza di punti di riferimento porta i personaggi a un’inevitabile evoluzione: Laurel, il membro più schivo del gruppo, trova finalmente il coraggio e la risolutezza che le mancavano di fronte ai suoi genitori, mentre Michaela, la più sensibile allo stress, non riesce più a mantenere la facciata di “ragazza realizzata” e a controllare le proprie emozioni, rischiando di mandare a monte il suo tanto agognato matrimonio. Lo stesso Wes, trascinatore e padrone degli eventi nella prima metà di stagione, è ossessionato dagli incubi e non sembra più in grado di mantenere il controllo della situazione.
Un gruppo di orfani spaventati, dunque, costretti a fare i conti con le loro colpe e capeggiati da una madre altrettanto ambigua e problematica come Annalise, divisa tra la volontà di proteggere i suoi allievi e il rimpianto per la morte del marito traditore.
Il caso giudiziario della settimana risulta perfetto per approfondire la tematica dell’abbandono familiare: la storia della donna seviziata e a sua volta seviziatrice, oltre ad essere ben orchestrata, funge da metafora della solitudine interiore dei protagonisti, coinvolti emotivamente in prima persona; la stessa Annalise, interessata da sempre solo a curare gli interessi del cliente, decide di seguire il proprio giudizio morale e di abbandonare il caso. Una decisione di non poco peso, considerando come negli episodi precedenti la Keating pensasse solo a salvaguardare gli interessi dei propri clienti, innocenti o colpevoli che fossero.
La quiete, tuttavia, è destinata a durare ben poco, come viene dimostrato nel finale di puntata: il cadavere di Sam è stato ritrovato ed è solo questione di tempo prima che il castello di bugie e segreti costruito da Annalise e soci cada rovinosamente a terra.
Nel complesso, quindi, un episodio di buona fattura che, nonostante non porti a grossi sviluppi della trama, riesce nell’intento di analizzare le conseguenze delle azioni della “famiglia Keating” senza apparire come un banale riempitivo.
Voto: 7 ½
1×12 She’s a Murderer
L’ambiguità del nucleo familiare e la tematica della fiducia vengono messe in risalto anche in questo episodio, nonostante, rispetto al precedente, l’introspezione lasci spazio all’azione. A fare da padrona è Hannah, che, dopo aver saputo della morte del fratello, non esita ad accusare apertamente Annalise e a prodigarsi per metterla nel mirino della polizia, al punto da ottenere un mandato di perquisizione per la sua casa. La furia accusatrice di Hannah, tuttavia, non pare essere dettata dal desiderio di giustizia quanto piuttosto dal disprezzo e dalla gelosia nei confronti della cognata, sentimenti covati da tempo e dettati da un morboso attaccamento nei confronti di Sam, come sottolinea la stessa Annalise con una “fine” battuta sull’incesto. Il cappio intorno al collo dei protagonisti, tuttavia, inizia a stringersi inesorabilmente per merito di Hannah e sarà interessante vedere come gli autori sfrutteranno il potenziale del nuovo personaggio all’interno della storia.
Dal canto loro, i Keating Four sono sempre più incapaci di gestire la situazione razionalmente e di fare fronte comune: se Connor e Michaela continuano a covare il desiderio di vuotare il sacco, Wes e Laurel cercano conforto e sostegno in Rebecca e Frank, le uniche persone in grado di capirli e di dare loro la forza di continuare; nonostante si tratti dell’aspetto più convenzionale della serie, le sottotrame amorosecontinuano a seguire il loro percorso, prevedibile quanto si vuole, ma non al punto da risultare stucchevole.
E Annalise? Ovviamente si ritrova a reggere sulle proprie spalle il peso delle sue azioni e di quelle dei suoi allievi, tutto da sola. Di particolare impatto è il flashback in cui, a poche ore dalla morte del marito, la vediamo intenta a ripulire il sangue dal pavimento e cancellare ogni indizio dalla scena del crimine con fredda meccanicità. Sorge spontanea la domanda nella testa dello spettatore: fino a che punto Annalise è disposta a mettersi a rischio per salvare la pelle dei ragazzi?
La risposta non tarda ad arrivare: dopo la scoperta della colpevolezza dei ragazzi da parte di Bonniee il suo tentativo di convincere Annalise a denunciarli, il suo amante Nateviene arrestato con l’accusa di essere l’assassino di Sam. Questo è senza dubbio il colpo di scena più grosso che gli sceneggiatori hanno saputo regalarci finora: una madre è disposta a tutto per proteggere i propri figli, persino a rinunciare al suo unico vero amore.
Con un cliffhanger del genere, e a sole tre puntate dalla fine, le aspettative del pubblico sono tanto grandi quanto lo è il timore che il risultato finale sia inferiore alla somma degli addendi, ma se abbiamo imparato qualcosa in tutti questi anni di serialità televisiva è che da uno show di Shonda Rhimes non possiamo che aspettarci una conclusione al cardiopalma. Perciò, che riescano a farla franca o che finiscano in galera, possiamo solo sperare che i nostri assassini “preferiti” ci regalino un finale in grande stile.
Lo so bene, ma quando ho parlato di “show di Shonda Rhimes” mi riferivo alla sua impronta produttiva, lungi da me negare la paternità di Nowalk della serie! 😉
Il blog Seriangolo.it utilizza i cookie per migliorare l'esperienza di navigazione; le informazioni acquisite vengono utilizzate da parti terze che si occupano di analizzare i nostri dati web, pubblicità e social media. Proseguendo la navigazione, si autorizza il loro uso.AccettoCookie Policy
Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
Ti piace Seriangolo? Seguici sulle nostre pagine Facebook e Twitter!
Lo sceneggiatore della serie è Peter Nowalk, Shonda è solo la produttrice!
Lo so bene, ma quando ho parlato di “show di Shonda Rhimes” mi riferivo alla sua impronta produttiva, lungi da me negare la paternità di Nowalk della serie! 😉