Da un po’ di tempo, quando si parla di televisione, si tende a fare la differenza tra qualità e intrattenimento, come se qualcosa di molto buono fosse altrettanto impegnativo e invece solo abbassando il livello si potesse passare una mezz’ora di intrattenimento televisivo buono e leggero.
Ahs vs. Evil Dead smentisce una volta per tutte questa linea di pensiero dimostrando che uno show può essere leggero, ben fatto e appassionante. Con un prodotto come questo cadere nel trash sarebbe stato molto facile – e probabilmente ci sarebbe anche un po’ piaciuto; l’unica cosa che si può recriminare a questa dramedy è proprio il fatto di essere troppo perfetta, curata non solo nei dialoghi, ma anche negli effetti speciali, nella quantità di eventi mostrati e nella loro importanza, nelle scenografie, nella regia e fotografia d’autore – che mantiene la traiettoria indicata da Raimi nel pilot. Forse in questo la serie tradisce un po’ lo spirito dei film di cui è sequel, girati con mezzi di fortuna – soprattutto il primo capitolo –, pochi soldi, un’esperienza ancora da costruirsi, ma con tanta voglia di fare cinema. Ovviamente il difetto di essere troppo curato è qualcosa a cui lo spettatore ci mette poco ad abituarsi e, sebbene l’aver a disposizione il giusto budget non possa essere considerato un difetto, sarebbe stato interessante vedere il maestro Raimi alle prese con gli stessi – o almeno simili – mezzi con cui ha completato la trilogia de La Casa.
Questo nuovo capitolo della saga è interessante non solo rispetto a se stesso, ma anche al lungo percorso da regista di Sam Raimi; è come se tutto fosse tornato alle origini e il regista e autore avesse voluto rimettere le mani su un vecchia opera per riscriverla, influenzato da tutti gli altri lavori svolti nel frattempo, che l’hanno fatto crescere e diventare un’icona del cinema moderno. Così si spiegano le numerose differenze tra la serie e i film, non solo dettate dai diversi mezzi a disposizione, ma anche dalla voglia di far evolvere una creatura che è entrata nella storia grazie al suo essere semplice ed efficace. Il personaggio interpretato da Bruce Campbell, per esempio, non è mai stato così spiritoso e irriverente, soprattutto perché intorno a lui non aveva un gran quantità di spalle che potessero permettere certi scambi di battute che invece in AVED ha. L’introduzione di personaggi secondari parlanti ha portato non pochi vantaggi ad una serie che non poteva permettersi dieci puntate di soli combattimenti con il demone di turno, ma che doveva per forza di cose costruire un racconto più articolato della saga a cui fa riferimento. Pablo e Kelly per ora sono solo questo, due spalle che danno la possibilità ad Ash di essere un personaggio ancora più completo di quello che ci si ricordava; la costruzione di una loro psicologia sfaccettata e complessa forse non si avrà mai, ma il loro scopo non è questo. Anche la poliziotta Amanda ha lo stesso ruolo, che “Books from Beyond” riesce a mettere chiaramente in evidenza: tutte queste new entry hanno lo scopo di servire il vero protagonista e mattatore della serie, Ash, e di aiutarlo a costruire una trama che possa essere un po’ più evoluta rispetto a quella dei lungometraggi, senza rinnegarli e mantenendo lo stesso spirito.
È proprio questa la cosa più importante dell’intero progetto: l’aver mantenuto l’anima sia di Ash che di Evil Dead modernizzando il corpo che la contiene. Per questo il citazionismo dello show continua ad avere un senso, come lo aveva in Evil Dead II; AVED, però, non vuole essere solo una grande citazione dei lavori precedenti di Raimi, ma cerca di allargare il colpo coinvolgendo anche grandi icone pop. La citazione all’horror moderno percorre tutta la serie, e infatti ritroviamo diversi elementi di The Walking Dead che faranno incuriosire i fan dello show di AMC: le tombe con le croci di legno viste più volte in TWD, il mulino a vento – che ricorda la fattoria protagonista della seconda stagione – e, non ultimi, i morti che ritornano in vita sotto forma di zombie-demoni; anche il trucco prostetico richiama fortemente quell’universo. Non è un caso che entrambi gli show abbiano anche il compito di riportare in auge dei temi che andavano di moda qualche anno fa, attualizzandoli e riproponendoli ad un pubblico giovane che ha imparato ad adorarli senza fare troppa fatica. Non solo citazioni agli zombie cable, ma anche a grandi classici del cinema, come Alien – con il faccia a faccia letterale tra Ahs e il demone evocato –, o a registi importanti come Tarantino – di cui viene riproposta la celebre inquadratura a fronte dell’automobile.
Per questo Ash vs. Evil Dead continua ad essere una scommessa vinta, riuscendo ad incarnare lo spirito originale in una forma nuova che gli calza a pennello, grazie anche alla lunghezza degli episodi, che permettono di andare subito al sodo e raccontare ciò che deve essere raccontato senza scene che servano a fare minutaggio a discapito del ritmo. È ancora presto per dire se una stagione costruita esclusivamente in questo modo possa essere soddisfacente, ma fino ad ora lo è e, per adesso, ci basta.
Voto: 8