
È su questa immagine che Murphy, alla regia anche di questa seconda puntata, decide di lavorare: uomini e donne di qualunque estrazione sociale, vicini ad O.J. o estranei, dalla sua parte o da quella della polizia, sono tutti davanti ai televisori ad osservare quella corsa infinita e senza senso che sta monopolizzando i network. In più di un’occasione Murphy riprende queste persone di spalle, come a regalarci la loro soggettiva davanti ad un puntino bianco in fuga da decine di macchine; e poco dopo arrivano le riprese frontali ad indagare sulle reazioni di un’intera comunità che si interroga ma che, soprattutto, decide quasi subito da che parte stare.
“Once O.J. made his money, he split and never came back. He became white.”
“Well, you got the cops chasing him. He’s black now!”

Da una parte abbiamo la giustizia, guidata da Gil Garcetti, determinato a portare O.J. in tribunale; dall’altra abbiamo una folla di persone che decide di supportare O.J. non solo per quello che è stato, ma anche e soprattutto perché è nero. Non bisogna dimenticare infatti la contestualizzazione sociale offertaci sin dall’apertura del pilot; e non si possono ignorare frasi come “We’re not cheering for O.J. We’re booing the LAPD!” che rappresentano un completo sovvertimento dei concetti di giusto e sbagliato. Niente di meno di una guerra tra bande, insomma, in cui più dei fatti conta l’affiliazione e la squadra di appartenenza.
If it were our absolute goal, could we look more incompetent?

A un primo colpo d’occhio, infatti, sembrano tratteggiate negativamente solo le persone che sostengono O.J. (eccezion fatta per Robert Kardashian, ma ne parleremo): pensiamo a Shapiro, interpretato da un John Travolta che in questo secondo episodio funziona meglio rispetto al pilot, che manifesta tutto il suo viscido egocentrismo con una serie di dichiarazioni che non parlano di nessun altro se non di lui stesso. Oppure pensiamo a Cochran, che si situa in una posizione più condivisibile, ma che al contempo manifesta una tendenza a valutare il caso solo secondo la declinazione razziale e che interpreta ogni segnale a modo suo – le luci spente dall’unità SWAT per assecondare A.C. sono seguite dal lapidario commento “They don’t want us to see”. È di certo difficile rimanere obiettivi quando si è circondati da casi di malagiustizia e di abuso di professione, e la puntata riesce a rappresentare entrambe le facce della medaglia, quella più ottusa e quella che semplicemente vive radicata in un contesto complicato.


E la televisione non è da meno: la finale NBA ridotta a un quadratino sullo schermo, perché “O.J. is news, entertainment and sports”; “coccodrilli” già pronti in caso la ex-stella del football prema quel grilletto, per essere i primi a dare la notizia come si deve. È un cinismo che ben conosciamo e per cui ormai non ci scandalizziamo più, ma è la visione d’insieme a lasciare senza fiato: migliaia di persone si muovono e prendono la loro decisione per sfruttare l’occasione, per dire la propria o semplicemente per esserci entrando a gamba tesa in un evento storico, mentre un uomo – colpevole o innocente, non è questo il punto dell’episodio – attraversa Los Angeles con una pistola alla tempia e un mondo che cade a pezzi dentro e fuori di sé.
Who the hell signs a suicide note with a happy face?

Uno dei motivi per cui il pilot ha colpito nel segno è stato nell’aver tratteggiato un personaggio famoso e estremamente consapevole di esserlo, ma soprattutto caratterizzato da un narcisismo quasi infantile, in cui risulta normale parlare in terza persona o invocare la madre un numero sconcertante di volte. L’interpretazione di Cuba Gooding Jr. è da questo punto di vista impeccabile: il crollo nervoso messo in scena è quello di un uomo la cui fragilissima emotività impedisce di vedere la realtà dei fatti, e acuisce soprattutto il contrasto del prima con il dopo. Non è cambiato nulla – là fuori le persone urlano per lui – ma è cambiato tutto, il contesto, le motivazioni; è braccato, non ha alcun senso fuggire – del resto “tutti conoscono il suo volto”, come sottolinea Marcia –, ma lui ci prova comunque, in un tentativo di fuga dalle responsabilità dettato solo dal panico. Le contraddizioni che O.J. vive in questo momento sono tali e tante che non stupiscono nemmeno i momenti più no-sense, come le sentite scuse ai poliziotti che sta tenendo occupati “di venerdì sera”; e in questo frullatore di sentimenti che è diventata la vita percepita da O.J., è perfettamente normale che la sua lettera di suicidio termini con uno smiley.

Il secondo, interpretato da un David Schwimmer molto più a fuoco qui che nel pilot, rappresenta forse l’unico faro di ragione e cuore nella vita di Simpson: un amico vero, leale e fidato, che tuttavia non può supportarlo nella sua folle corsa verso la dannazione, nemmeno se ha una pistola alla testa. Robert è l’uomo di cui nessuno conosce il cognome, il mite capostipite di una delle famiglie più chiassose della storia americana – e la scena girata a casa Kardashian è una di quelle chicche sulla contemporaneità di cui già si parlava nella scorsa recensione; Robert è l’amico che piange disperato in macchina, ed è uno dei pochi, famiglia esclusa, a non approfittare della situazione.
Lo scacchiere è quindi costruito, ognuno è ai proprio blocchi di partenza: il processo sta per iniziare e solo chi l’ha davvero vissuto in quegli anni sa quale inferno sta per scatenarsi. “The Run of His Life” è un episodio ricchissimo sia a livello di analisi sociale che psicologica, in cui i riferimenti alla società di allora e a quella attuale sono così tanti da costituire un affresco degli ultimi vent’anni che ha davvero pochi precedenti. Intorno a un uomo, alle sue azioni e alle sue scelte, si polarizza prima una nazione e poi il mondo intero: American Crime Story ce lo sta raccontando meglio di qualunque cosa potessimo aspettarci.
Voto: 8/9

Che bella recensione Federica!
A me questo episodio è piaciuto tanto, forse più del pilot che pure apriva la strada a tanti discorsi.
Io ricordo abbastanza bene il vero inseguimento del ’94 (anche se abbiamo un dibattito in atto coi colleghi di Serial K sul fatto che abbiamo o meno interrotto anche qui in Italia la trasmissione della partita dei mondiali di calcio, che oltretutto quell’anno si tenevano in USA) e ricordo che mi colpì il nonsense di quella macchina che viaggiava a passo d’uomo con l’autostrada vuota e il corteo di polizia dietro.
I fatti di Los Angeles erano vicinissimi nella memoria ovviamente, e la sensazione di straniamento e di stare davanti a qualcosa di molto più complicato di quello che sembrava era fortissima.
Murphy sta facendo un’operazione molto molto ambiziosa, perché da una parte ci immerge nella sensazione dell’epoca, dall’altra “riscrive” una storia vera usando attori che sono già celebrity in sé, e infine la rilegge alla luce delle conseguenze culturali (e trattandosi di murphy, parliamo di cultura pop ovviamente) di questi fatti.
Secondo me potrebbe essere la serie più potente della stagione e l’unica volta in cui, dovendo seguire dei fatti reali, forse ryan non svacca sul plot sulla lunga distanza!
Grazie Eugenia! Sono d’accordo, si sta facendo un’operazione che funziona (e bene) su più livelli, e questo episodio ha una qualità altissima proprio per le molteplici letture che offre soprattutto sulla percezione di un evento come questo da parte della società. Ho trovato giustissima l’idea di dedicare l’intero episodio alla Bronco Chase, non tanto e non solo per il suo significato storico, ma soprattutto perché permette all’intera puntata di mettere in stand-by la ricerca della verità e di analizzare, e subito, l’impatto su un’opinione pubblica che qui ha ancora pochissime informazioni relative al caso. L’operazione è ancora più riuscita di quella operata nel pilot e secondo me è proprio grazie a questo che anche le singole performance sono nettamente superiori.
Mi chiedevo anch’io se ci fosse stata una sospensione anche in altre parti del mondo, io non me lo ricordo – il resto del caso ovviamente sì.
Noi siamo qui a Festivi e Seriali a riguardare The Jinx (brrr) e stiamo discutendo proprio di questo, i miei compari più anziani garantiscono che i mondiali furono sospesi in diretta anche in Italia
Bella recensione !
Serie da urlo finora!!!
Grazie! 😉