Come è già facile evincere dal titolo, la quarta stagione di Vikings riprende gli eventi e il clima dell’ultima puntata e ci mostra il culmine degli intrighi, delle gelosie e dei tradimenti messi in piedi dallo show in questi anni; una première che è continuazione e ripartenza al tempo stesso, come se si trattasse di un risveglio che mostra un nuovo ordine del mondo, ancora tutto da elaborare.
Ma dove eravamo rimasti? Il tema del season finale era, appunto, il tradimento, quella corruzione dell’anima di cui Ragnar è ben consapevole (e se non ne va almeno in parte fiero, la considera parte integrante del potere) e che continua a praticare per necessità e interesse, ma che anche quelli intorno a lui stanno imparando a padroneggiare.
Per ambizione (Rollo), per gelosia (Floki), per cercare la propria identità (Bjorn), nessuno si è dimostrato immune alla tentazione di tradire, a parte Lagertha; perfino Aslaug esce per un momento dalla sua totale passività in una conversazione col Veggente che è chiarificatrice e sancisce la fine di ogni parvenza di amore: se mai lei e Ragnar si sono amati, ora non è rimasto nulla tranne il potere a tenerli uniti.
Ogni personaggio è solo in questa première, isolato dagli altri per scelta o costrizione; le alleanze saltano così come le amicizie e i legami di sangue, ed è proprio questa situazione di stallo e confusione che impedisce a Ragnar di raggiungere il Valhalla nella scena iniziale. Per quanto disappunto ci sia nel suo realizzare di essere ancora vivo e aver fallito il proprio obiettivo, c’è anche la consapevolezza di non aver finito la propria missione su questa terra, di non aver completamente adempiuto ai doveri che gli Dei gli hanno assegnato.
“Everyone’s so happy to see you, Ragnar.”
“Perhaps some more than others, hmm?”
È un ciclo infinito quello di Vikings, che ritrae in modo efficace la circolarità stessa della Storia e la spietatezza di un mondo antico in cui non esistevano pace e tranquillità, ma neppure la realizzazione di sé nel senso in cui noi oggi la intendiamo; era un mondo in cui fermarsi, riflettere, godersi le proprie conquiste era qualcosa di inimmaginabile perché c’era sempre un nemico, un invasore, qualcuno di più forte pronto a prendersi quello che ci si era guadagnato.
Per questo motivo, pur essendo uno show spesso ripetitivo e prevedibile, la creatura di Michael Hirst non ha eguali nella capacità immersiva, nel sapersi tuffare nel proprio contesto storico trascinandoci al di fuori della nostra piccola comfort zone in un’esistenza selvaggia, spietata, priva di pietà e di compassione.
I should have done this a long time ago, Einar.
Anche le alleanze inaspettate, come quella di Kalf e Lagertha contro Einar (che ci regala una Katheryn Winnick maestosamente gore e sexy allo stesso tempo) lasciano uno strascico di dubbi e incertezze. Non solo per la strana complicità di Erlendur, ma soprattutto perché Lagertha è indifesa, perennemente esposta in quanto donna, in quanto straniera, in quanto soggetto più debole –seppur con tutto il suo coraggio e valore. La parabola di Lagertha in queste 4 stagioni di Vikings è il veicolo ideale per parlare della natura selvaggia e implacabile della serie: lei è la compagna leale, il comandante intelligente, il guerriero valoroso, ma si trova sempre in una condizione di precarietà, senza una vera casa né una famiglia su cui contare.
Una sintesi perfetta dell’ingiustizia che permea questo mondo antico, forse poi non così lontano dal nostro presente.
“Don’t touch me. Monster. ” “Goodnight, wife.”
Quella di Lagertha è una condizione di isolamento uguale e contraria alla situazione di Rollo, che nella sua ostinata ricerca di affermazione rispetto ai successi di Ragnar ha commesso più tradimenti di ogni altro personaggio della serie, non solo nei confronti del fratello ma anche dei suoi compagni, del suo popolo, della sua cultura.
Rollo è un uomo-bambino che vive di ribellione, incapace di piani a lungo termine e quindi inadatto al potere, tanto meno a governare la complessità di una città come Parigi (di cui non capisce nemmeno la lingua) o a gestire il rifiuto di Gisla di accettarlo come marito. La scelta di sterminare i suoi stessi uomini è quantomeno poco lungimirante – persino per Rollo che in queste stagioni ci ha mostrato ogni sorta di scelte irrazionali – ma è la chiusura perfetta per la première: un plot twist non proprio inaspettato ma funzionale a preparare lo scontro tra i fratelli.
Quest’anno Vikings rifiuta il salto temporale e si dedica ad approfondire le conseguenze di quell’assedio di Parigi che porta a Kattegat una montagna di ricchezze e infiniti problemi da gestire per Ragnar.
Con Floki in catene, Bjorn nelle foreste a cercare se stesso, una moglie che complotta contro di lui e la dominazione su Parigi in serio dubbio, il Re si trova forse per la prima volta davvero solo, debole ed esposto agli eventi che gli Dei hanno deciso per lui.
Voto: 7
E’ un po’ che vi seguo e vi apprezzo per il lavoro che state facendo anche con serie non proprio popolari.: Vikings ha un suo seguito e ammetto che , dopo aver visto alcuni episodi per sfizio, la storia ha cominciato a far presa su di me e ora la seguo volentieri.
Questa serie ha il pregio di non annoiare e le ricostruzioni risultano globalmente credibili e , secondo quanto si legge in giro, piuttosto accurate. Certo i personaggi hanno complessivamente psicologie alquanto elementari, con il solo Athelstan e il re del Wessex il cui nome ora non ricordo a mostrare una complessità che potremmo definire moderna. Anche Ragnar a dire il vero travalica i limiti del suo tempo, e sembra aspirare a una sete di conoscenza ignota agli altri della sua gente.
Questa premiere mette un sacco di roba al fuoco, forse anche troppa. Vedremo come si dipanerà la storia nei prossimi episodi.
Ciao Zip, anch’io sono appassionata di Vikings anche se devo ammettere che forse inizia a ripetersi un pochino. Però c’è da dire che sicuramente non delude mai le aspettative dei fan!
Buona recensione per una buona fiction che fornisce un quadro non edulcorato del Nord Europa dell’alto medioevo. Era un’epoca in cui la speranza di vita si aggirava intorno ai 30 anni, i contadini erano letteralmente legati alla terra che coltivavano, le disuguaglianze tra ceti era feroce, le attività prevalenti erano legate alla necessità della sopravvivenza in un ambiente spesso ostile. L’amore, come scritto nella recensione, è effimero: i personaggi principali cercano il potere e il tradimento è uno dei mezzi più efficaci per raggiungerlo. Non credo neanche che l’amore romantico – per come noi lo conosciamo e lo sperimentiamo- fosse concepibile a quei tempi, avesse un suo statuto. Erano nettamente prevalenti le esigenze di avere una prole numerosa che aiutasse nei lavori agricoli e quella del soddisfacimento delle pulsioni sessuali. Vikings ci fornisce un quadro abbastanza fedele e mette l’accento sul desiderio di esplorare come motore dell’ascesa di Ragnar e dei Vichinghi. Un desiderio di conoscenza che ovviamente si unisce alla necessità di trovare nuove terre più fertili e ricchezze nel saccheggio di nuovi territori. Questa prima puntata coglie I protagonisti in un fase delicata di transizione: Ragnar è sostanzialmente isolato, Rollo si è venduto a un buon offerente, Lagertha cementa una alleanza dagli esiti imprevedibili, Bjorn parte per cercare se stesso. Sono curioso di vedere come si svilupperà la stagione che appare in continuità con quella precedente.
Grazie Writer, a me la première è piaciuta molto ma non posso dire lo stesso del secondo episodio. Come dice Zip sopra, forse c’è troppa roba, troppe trame e troppe location.