Con il decimo episodio si conclude la prima parte di questa stagione d’esordio di This Is Us, una serie che può essere definita davvero come una piacevolissima sorpresa: non erano molte infatti le aspettative per questo family dramedy, che ha saputo invece conquistare milioni di spettatori grazie a un mix di diversi fattori.
Tolto il pilot, che poggiava le sue basi sul misterioso legame fra le persone messe in scena, le restanti nove puntate hanno lavorato per costruire, con eleganza, leggerezza ma anche momenti di grandi profondità, una storia familiare che si espande non solo grazie all’elevato numero di protagonisti, ma anche e soprattutto grazie alla struttura temporale della serie.
Sarebbe un errore, infatti, relegare la parte del nucleo familiare di Jack e Rebecca a mero flashback accessorio del racconto del presente: la grande forza di This Is Us si trova proprio nella sua conformazione, che rivoluziona dall’interno il concetto di family drama ampliandolo per abbracciare diversi livelli della storia, dando a ciascuno di essi un equo valore nel disegno complessivo.
And then I started to think, well, what if… we’re all in the painting, everywhere?
And-and what if we’re in the painting before we’re born? What if we’re in it after we die?
Del resto era stato proprio il pilot, con la sua struttura a nuclei separati che si rivelavano poi essere collegati, a darci gli indizi giusti per la lettura di questo racconto: Jack e Rebecca, con i loro tre figli, hanno dato il via ad una storia che viaggia attraverso il tempo per restituire una narrazione completa, in cui ciascun elemento contribuisce a creare quel quadro unico di cui parla Kevin nel quinto episodio, “The Game Plan”, in cui si è tutti presenti, allo stesso modo e nello stesso istante.
Non stiamo certo parlando di un approccio sci-fi ai viaggi nel tempo, ma comunque di una piccola rivoluzione del concetto di temporalità e dunque di vita. La nostra forma mentis, basata su una struttura di causa-effetto e impostata su un’idea di tempo lineare, tende a creare racconti sempre in questa direzione: storie che hanno una rilevanza maggiore, eventualmente accompagnate da dei flashback che, per quanto ben fatti, sono sempre funzionali alla trama principale.
Non è così in This Is Us: il coraggioso cambio di prospettiva, che viaggia tra storie del passato e del presente delle stesse persone senza per questo sottomettere le une alle altre, ci permette di assistere ad una vera storia di famiglia, in cui ogni elemento del passato aiuta a capire il presente ma mantenendo la sua autonomia, fino a creare un unico, grande racconto.
Un altro interessante esempio di questa unità di narrazione si trova nell’episodio 9, “The Trip”, in cui Randall – che ha per sbaglio ingerito dei funghetti allucinogeni – “parla” col padre Jack della sua crisi e trae da lui la forza per confrontarsi con sua madre ma soprattutto per capire i motivi delle sue bugie. Questa “incursione” di Jack nel presente è significativa proprio della cifra stilistica del racconto, che mantiene il suo carattere rassicurante di “commedia drammatica per tutti” ma con significative modifiche, che la spostano dalla tradizione per inserirla in un nuovo percorso.
È forse per questo che la serie sta avendo così tanto successo: in un panorama televisivo in cui la qualità si sta ormai alzando da anni, disegnando un vero e proprio muro tra il nuovo modo di raccontare e le serie “vecchio stile” dei canali generalisti – che pure hanno ancora il loro seguito –, NBC ha deciso di piazzarsi nel mezzo. Sappiamo che il family drama funziona perché arriva alla pancia degli spettatori, perché parla di loro e lo fa in un modo fruibile da tutti, ma questo non è stato visto come un ostacolo all’idea di tentare strade alternative, ed innovare un genere dall’interno è una mossa che merita sempre grande attenzione.
Nothing bad ever happens on Christmas Eve.
Il mid-season finale “Last Christmas” utilizza una struttura già vista durante queste puntate, ma variandola dall’interno e portando la serie ad un punto di svolta – che non a caso si posiziona proprio prima della pausa natalizia.
Abbiamo visto in diverse puntate come le abitudini nate nella famiglia Pearson siano state conservate da tutti negli anni successivi, che si tratti di guardare il Superbowl, di ricordare la forza della famiglia attraverso le filastrocche dei genitori, o di conservare (adorabili) tradizioni nate per caso, come quella del “menù” del Ringraziamento (1×08 “Pilgrim Rick”, uno di quegli episodi che dovrebbe far eleggere Jack Pearson a padre dell’anno per sempre).
Qui la tradizione nasce dalla vigilia di Natale, in particolare da quella vigilia in cui Kate e il dottor K sopravvissero entrambi a due interventi chirurgici. La forza che i figli traggono da questi insegnamenti è il vero collante tra loro: in questo caso Randall riesce ad impedire al collega Andy (Jimmi Simpson, di recente sugli schermi in Westworld) di compiere un folle gesto parlandogli proprio di come questo rovinerebbe per sempre la viglia di Natale di sua figlia Chloe.
E del resto la puntata sembra seguire proprio questo vecchio adagio.
Kate e Rebecca si confrontano per la prima volta sul loro rapporto e su quanto questo abbia influito sui problemi di alimentazione della ragazza; a tal proposito, la scrittura di questo legame, dell’amore e al contempo del contrasto che le ha sempre legate è stato uno dei punti più alti di questa prima parte di stagione, che ha disegnato il loro rapporto senza mai eccedere ma con un’impeccabile costanza, tanto da rendere questo confronto un momento di grande realismo. William ritrova Jessie (Denis O’Hare) ed è con lui che torna a casa, questa volta davvero circondato da tutti gli amori della sua vita, benché ad un passo dalla morte. Kevin e Sloane si trovano insieme quasi per caso, ma soprattutto si danno forza uno con l’altra per superare le proprie insicurezze creando un’unione davvero significativa.
E infine c’è Toby, che torna dalla sua Kate con il preciso intento di stare con lei e di prendersi finalmente cura di se stesso. Ma per la prima volta la puntata non si chiude con un abbraccio, con un momento positivo da cui trarre insegnamento: si conclude invece con l’evento che rischia di rovinare per sempre quel “Nothing bad ever happens on Christmas Eve” e, per quanto non si possa essere certi dell’esito, le ultime inquadrature a Toby in sala operatoria non lasciano presagire nulla di buono.
“Last Christmas” si chiude quindi con una nota amara, altra innovazione rispetto ai classici episodi natalizi di ogni family drama che siamo abituati a vedere. Questo perché This Is Us, che pure mette in scena una visione della famiglia spesso volta a commuovere con situazioni da cartolina e quasi in-credibili (seriamente, Jack padre dell’anno, subito), cerca per altri versi di raccontare la vita vera con un realismo davvero encomiabile. I problemi di peso di Kate, la vita di Randall come figlio adottato, le insicurezze e i vuoti interiori di Kevin; ma anche le difficoltà dei genitori Jack e Rebecca, il dolore di William, la sua gioia ritrovata a un passo dalla morte e il suo amore per Jessie: ciascuno di questi elementi è stato trattato con tatto e dolcezza, ma senza mai perdere di vista il focus sulla realtà, che a volte è molto meno dolce e molto più cruda di quanto vorremmo.
È un family dramedy, e in quanto tale obbligatoriamente dolce-amaro: sa far sorridere e a volte ridere di gusto, ma anche piangere, in quel modo catartico che forse a volte corre il rischio di cadere nel retorico, ma di cui non si smette mai di avere bisogno.
This Is Us torna il 10 gennaio con l’undicesimo episodio (per un totale di 18 per questa prima stagione). Non ci resta che aspettare di scoprire cosa succederà alla famiglia Pearson – nel passato, nel presente e nel futuro.
Voto: 8½