The Handmaid’s Tale – 1×06 A Woman’s Place


The Handmaid's Tale - 1x06 A Woman's PlaceL’ottimo percorso compiuto dalla serie di Bruce Miller nelle precedenti puntate è stato sostenuto da un apparato narrativo così solido da permettere a The Handmaid’s Tale, in questo sesto episodio, di allargare ulteriormente i propri orizzonti con la decisione di raccontare le subdole macchinazioni del sistema di Galaad attraverso occhi diversi da quelli della protagonista, senza però perdere – anche e soprattutto grazie alla bravura di Elisabeth Moss – l’intensità che caratterizza la storia e la messa in scena delle vicende di June.

L’intera puntata gira attorno all’imminente incontro del Comandante Waterford con una delegazione commerciale proveniente dal Messico, dandoci così l’occasione di osservare per la prima volta i comportamenti assunti a Galaad in previsione di visitatori esterni. Com’era da aspettarsi, ciò che affiora fin da subito è la disgustosa ipocrisia con cui si cerca di tenere accuratamente nascosta ogni traccia della fredda crudeltà che invece caratterizza appieno il sistema, coprendola con una torbida e grottesca imitazione di un paese civile, morale e illuminato. In particolare, è ben percepibile la paura che attanaglia i coniugi Waterford non solo nel temere di non concludere l’affare previsto, ma soprattutto nei confronti della terribile possibilità che i visitatori possano in qualche modo scoprire le brutalità che si celano dietro i comportamenti di ogni singolo membro della casa.
In questo contesto, ci viene presentata l’Ambasciatrice Castillo (interpretata da Zabryna Guevara), una donna la cui figura indipendente e autorevole stona volutamente con le donne presenti in casa Waterford, sottomesse completamente al volere dei Comandanti e impossibilitate – qualunque sia il loro rango – a prendere ogni tipo di iniziativa. La sincera curiosità dell’Ambasciatrice nei confronti dei meccanismi di Galaad e le sue legittime (e scomode) domande rivolte direttamente a Serena e a Offred rischiano infatti di scoprire il vaso di Pandora, rivelando le atrocità in esso contenute.

Are you happy?

The Handmaid's Tale - 1x06 A Woman's PlaceCome in ogni sistema autoritario, anche qui – in occasione di visitatori esterni – le vittime sono costrette a mentire e a mostrarsi soddisfatte del tipo di vita che compiono, tenendo gli ospiti all’oscuro di ciò che invece subiscono quotidianamente. Le terribili bugie che la nostra protagonista è costretta, suo malgrado, a raccontare alla delegazione messicana mettono però a dura prova la sua resistenza.  È infatti palpabile quanto, dietro la maschera fredda e composta di Offred, si celi una June che lentamente inizia a sgretolare la gabbia di ghiaccio in cui è intrappolata, affiorando sottilmente attraverso le sempre più frequenti espressioni sfacciate della Moss e inserendosi subdolamente in alcuni dialoghi con una punta di cinico sarcasmo che rischia di tradirne il profondo disgusto. Sempre più vicina al limite della sopportazione, quindi, non stupisce la fatica con la quale Offred risponde alle semplici domande dell’Ambasciatrice: il peso di quelle bugie è insopportabile ed è ben evidente nello sguardo teso e disperato della ragazza, l’unico a negare fermamente ciò che le sue labbra sono invece costrette a pronunciare.

Tuttavia, Offred non è la sola a tentennare quando è costretta a mentire: la visita dell’Ambasciatrice ci permette infatti di gettare più luce sul controverso personaggio di Serena (Yvonne Strahovski), vera protagonista di “A Woman’s Place”. I flashback a lei dedicati scavano nel suo passato, mostrandoci una donna completamente diversa da quella figura severa e glaciale che abbiamo conosciuto finora: Serena era infatti una persona vivace, impegnata, appassionata al suo lavoro e sinceramente preoccupata per le sorti della società.
Cosa ne è stato, dunque, di questa donna così intraprendente?

Never mistake a woman’s meekness for weekness.

Quella che sembrava solo l’ennesima vittima del sistema autoritario venutosi a creare, ne è in realtà una delle artefici. L’ideale che Serena condivideva (prima in modo paritario) con il marito nascondeva infatti i semi di quella che poi sarebbe diventata la Repubblica di Galaad: la necessità di mettere al mondo sempre più bambini per sconfiggere l’infertilità dilagante ha portato la donna a impegnarsi attivamente – attraverso, appunto, la scrittura di un libro dedicato al “femminismo domestico” – nell’arginare questo problema, cercando di invogliare le donne a sacrificare la vita lavorativa per occuparsi a tempo pieno delle proprie famiglie.

The Handmaid's Tale - 1x06 A Woman's PlaceLa serie continua in questo modo a utilizzare astutamente i flashback con l’intento di dimostrare quanto alcune misure eccezionali considerate necessarie, tendenti a limitare la libertà di scelta degli individui, possano svilupparsi nel peggiore dei modi, anche scostandosi di molto dall’intento iniziale. È evidente, infatti, che la situazione prospettata da Serena sia andata crescendo in modo sempre più incontrollabile dal momento in cui gli uomini hanno preso il comando e le hanno proibito di prendere parte a quelli che erano i suoi stessi programmi – “They put so much focus on academic pursuits and professional ambitions, we let them forget their real purpose. We won’t let that happen again”.  Le stesse misure volute e introdotte dalla donna le si sono quindi ritorte contro con una crudele ironia, contribuendo alla costruzione di una personalità che, nel presente, si rivela complessa e contraddittoria, capace di imporsi solo a favore della sua stessa sottomissione (come dimostra il carismatico discorso durante la cena).
La regia si rivela molto capace nel sussurrare allo spettatore – attraverso la visione della donna che spesso indugia pensierosa allo specchio – il probabile senso di colpa che l’attanaglia per aver contribuito a mettere a repentaglio non solo la sua libertà, ma anche quella di tantissime altre donne che, a causa delle sue convinzioni, sono ora costrette a vivere in un modo a dir poco terribile.

“My country is dying.”
“My country is already dead.”

Fin dall’inizio della puntata, si avverte qualcosa di strano nell’ossessiva celebrazione del “contributo” delle Handmaid di fronte alla delegazione messicana: l’attenzione concentrata su di loro e l’improvvisa e inaspettata dolcezza con cui Aunt Lydia si rivolge alle ragazze sono infatti i sintomi di qualcosa di ben più sinistro.
È solo verso la fine dell’episodio che questi timori assumono concretezza, quando veniamo a scoprire (insieme a una sconvoltissima June) che la merce che i Waterford stanno cercando di vendere all’Ambasciatrice sono proprio le Handmaid.

The Handmaid's Tale - 1x06 A Woman's PlaceCi troviamo al punto più intenso della puntata: il punto in cui la sottomissione delle Handmaid è arrivata a un livello tale da permettere che possano essere utilizzate come un mero prodotto di scambio, al pari dei cioccolatini messicani. Per June, la cui resistenza stava vacillando già in precedenza, questa è la goccia che fa traboccare il vaso, e lo dimostra il disperato e rischioso tentativo di chiedere aiuto all’Ambasciatrice, l’unica che potesse capire e forse fare qualcosa per migliorare la situazione delle Handmaid.  Il dialogo fra le due è reso splendido grazie alla straziante interpretazione della Moss che, attraverso la cruda sincerità delle sue parole, riesce a rendere palpabile la disperazione di June, ormai senza più nulla da perdere.  Il terribile rifiuto dell’Ambasciatrice si posiziona nella stessa esatta linea di comportamento assunto da Serena: il comportamento, talvolta masochistico, di chi è ormai disposto a sacrificare davvero qualunque cosa pur di “risollevare” il proprio paese, senza considerare che così, invece, si contribuisce ad alimentare quella stessa degradazione da cui si cerca di fuggire.
È in questa situazione di dolorosa ed insopportabile impotenza che, inaspettato, arriva il primo barlume di speranza per la nostra protagonista, che molto probabilmente condurrà la serie a un importante cambio di direzione.

Per concludere, “A Woman’s Place” è uno splendido episodio, capace di indagare a fondo nelle complesse personalità dei suoi personaggi e di riuscire ad analizzare con intelligenza gli aspetti più controversi del sistema dispotico che si propone di raccontare, confermando la qualità visiva e narrativa di una serie che, fin dall’esordio, si è immediatamente distinta per la sua bellezza e per la sua intensità.

Voto: 8/9

 

 

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