Dopo aver parlato della doppia premiere che ha segnato ufficialmente il nostro ritorno nell’universo di Twin Peaks, ci occupiamo ora degli episodi tre e quattro, rilasciati in anticipo online – e questa volta non per errore – dal sito ufficiale di Showtime e in onda, come da programmazione, la prossima domenica. “The Return” Part 3 e Part 4 non ritrattano nulla di quello che David Lynch e Mark Frost ci hanno mostrato nelle prime due parti di questo nuovo racconto, confermando – come se ce ne fosse bisogno – il nuovo corso dello show, non un revival nostalgico, ma il frutto di venticinque anni di residenza nella Loggia Nera.
È proprio la Black Lodge (che ora appare anche nella sigla d’apertura) il luogo di partenza di tutti gli eventi che vediamo in questi due episodi: la Loggia stessa, o forse uno dei suoi prolungamenti, è la protagonista dei primi minuti di “Part 3”, che riprende il viaggio spazio-temporale dell’agente Cooper lasciato in sospeso nella premiere. La dimensione onirica in cui è immersa tutta la sequenza lascia poco spazio alla razionalità, che continua a non saper connotare ogni singolo personaggio e azione; Cooper che contempla un infinito mare viola, la donna cieca che lo guida all’esterno di una navicella spaziale, il monito della signora vestita di rosso fanno tutti parte di quella serie di eventi a cui ancora non riusciamo a dare una spiegazione. È chiaro, però, l’epilogo di questa sequenza, che vede Cooper prima inghiottito da un portale e successivamente espulso nel mondo reale, non senza gravi effetti collaterali; questa sembra a tutti gli effetti una nascita, che parte dalla Loggia Nera, come se fosse un grande utero, e arriva all’espulsione nel mondo esterno tramite la presa della corrente di una delle residenze Rancho Rosa. L’arrivo di Cooper non segna solo una svolta nella trama, ma introduce un terzo doppelganger, Dougie Jones, creato per uno scopo, che è stato adempiuto, da qualcuno che ancora non si rivela; la creazione di Dougie ha il fine di spiegare la presenza di due Cooper nello stesso mondo, che in precedenza non era mai stata possibile: ora, invece, Dale Cooper e Mr. C. possono convivere nello stesso mondo e andare verso un incontro finale che possa far sì che uno soccomba in modo definitivo all’altro. Prima di ciò, però, ci sono altre conseguenze immediate che scaturiscono dall’arrivo di Cooper nel mondo reale: l’incidente di Mr. C. al volante e il fatto che lui vomiti la garmonbozia ne sono l’effetto immediato e fanno capire anche a lui che qualcosa sta succedendo; il modo con cui si tappa la bocca, il terrore nei suoi occhi e il suo fissare l’accendisigari della sua macchina (l’altro capo di un portale ideale che potrebbe collegarlo alla Black Lodge) ci fanno capire che quella situazione di crisi forse non gli è nuova e già si aspetta qualche grosso cambiamento.
Sul viaggio di ritorno dell’agente Cooper verso casa si concentra la maggior parte dell’episodio tre; la natura di questo viaggio però è ancora avvolta nel mistero: chi l’ha voluto e chi l’ha permesso? È l’unico modo per scappare dalla Loggia Nera o questo percorso è stato scelto, seppur inconsciamente, da colui che lo stava intraprendendo? Viene quindi spontaneo chiedersi se anche BOB abbia vissuto un’esperienza del genere per lasciare la Black Lodge e se la sua attuale condizione di malvagia entità sia da attribuire proprio a questo percorso verso il mondo reale. Questa sequenza racchiude tutta la poetica di Lynch e riassume il tono del nuovo Twin Peaks, una continua progressione verso l’astratto con cui lo spettatore si confronta, sfidato continuamente da quello che è proprio uno degli esercizi più difficili; per questo le poche sequenze a cui possiamo attribuire un significato risultano rassicuranti, anche se per gran parte inquietanti.
È questo il motivo che rende “Part 4” l’episodio più comprensibile fino ad ora, pur continuando ad abbracciare in modo totale lo stile e il mood dello show: Twin Peaks è sempre stato un mix di drama e umorismo un po’ kitsch, che in questo episodio torna protagonista lasciando da parte per un istante i voli pindarici ambientati nella Loggia Nera. La scena simbolo di questi momenti più leggeri, da sempre marchio di fabbrica dello show, è l’entrata in scena di Wally Brando, figlio degli storici Andy e Lucy, che dal nulla arriva nella cittadina per fare le condoglianze al fratello dello sceriffo. Michael Cera riesce a riflettere oggi la stessa involontaria comicità, studiata dagli autori nei minimi dettagli, che caratterizzava Twin Peaks degli anni ’90 e che ha contribuito a creare un’immagine così forte e duratura della serie.
Il viaggio di Dale Cooper sulla Terra si è concluso e ora assistiamo all’esplorazione di un mondo che l’uomo ha disimparato a conoscere suo malgrado; lo straniamento del detective lo porta per caso dove il fato avrebbe voluto che lui fosse, a casa del suo secondo doppelganger Dougie Jones, attraverso un percorso ad ostacoli che lui non capisce, proprio come non capiva il significato del mare viola, o le parole delle due donne che lo hanno guidato in “Part 3”. Quello che troviamo è un protagonista sempre in viaggio e completamente all’oscuro di tutto, incapace di decodificare i simboli attorno a lui – come succede al casinò, in cui segue l’istinto sotto forma di ologramma e vince una montagna di dollari senza neanche capire la portata di quell’avvenimento –, così come tutto ciò che ha vissuto nella dimensione astratta in cui si trovava, e di capire le parole pronunciate da una strana donna senza occhi (che ricorda la figura anch’essa senza occhi che vediamo brevemente nella scatola di vetro a New York) o da una moglie preoccupata delle sorti del marito. La riscoperta del mondo avviene lentamente, proprio come era avvenuta lentamente e in modo silenzioso l’esplorazione della Loggia Nera in “Beyond Life and Death”; non sappiamo se Cooper si renda conto di dove sia o se la permanenza in quel luogo astratto lo abbia cambiato per sempre, ma è come se rivivesse lo stesso trauma una seconda volta, strappato da quella che era la sua normalità e catapultato in un luogo in cui le regole sono opposte, così come la percezione di sé e di quello che gli sta intorno. Se nel mondo reale sono passati venticinque anni, non possiamo essere sicuri che lo stesso sia accaduto nella Loggia Nera, realtà che segue delle regole spazio-temporali a se stanti: quanto tempo sarà passato per il Dale Cooper preso in ostaggio nella Loggia? Questa è una delle tante domande ancora senza risposta.
“The Return, Part 4” non solo ha il pregio di farci prendere una boccata d’aria dall’astrattismo lynchiano che permea ogni millimetro dei primi tre episodi del nuovo Peaks, ma porta avanti anche la trama, che fino ad ora è stata posta in secondo piano; rivediamo ad esempio l’accoppiata Gordon Cole (interpretato di nuovo da Lynch, deputy director – vicedirettore – in scena e director – regista – dietro le quinte) e Albert Rosenfeld (ancora interpretato da Miguel Ferrer, venuto a mancare nel gennaio del 2017). Anche la storyline che li vede protagonisti non si esime dall’essere a tratti fumosa e piena di riferimenti a Fire Walk With Me, ma almeno permette allo show di svilupparsi su diversi binari distinti e con proprie chiavi di lettura. La presenza di Mr. C nella loro storyline crea un forte collegamento sia con “Beyond Life and Death” che con il film prequel, aggiungendo un grande punto di svolta: l’uomo si finge Dale Cooper per cercare di conquistare la libertà, ma la mente malvagia di BOB non sprecherà questa occasione per avere un tornaconto a lungo termine. Diciotto episodi di Black Lodge, giganti, voli nello spazio e figure misteriose sarebbero stati difficili da sopportare ed è anche venuto il momento di dare qualche risposta alle tante domande che fino ad ora ci siamo posti. Per il momento, però, la proporzione tra il Lynch più sperimentale e quello legato alla tradizione di Twin Peaks risulta soddisfacente e non fa altro che farci desiderare di immergerci di nuovo in quell’universo, oscuro, denso, a tratti fastidioso, ma estremamente attraente.
Voto 3×03: 8 ½
Voto 3×04: 8
Nota:
Dougie Jones porta con sé anche un risvolto meta-narrativo: troviamo questo personaggio creato da Lynch in una villa delle residenze Rancho Rosa, che è anche il nome della casa di produzione che “crea” Twin Peaks.
ma dai, non siete obbligati a dire che è una serie che vale, tutte ste forzature da parte dei soloni delle serie tv…