
Gypsy, formato da dieci episodi, racconta la storia di Jean Holloway (Naomi Watts), terapista che lavora a New York City e che presto intraprende con i suoi pazienti e le persone a loro vicine delle relazioni poco convenzionali. La trama è tanto semplice quanto immediata da intuire; il pilota ci presenta subito il grande tema della stagione facendoci avvolgere, sin dai primi minuti, da un’atmosfera carica di tensione e con un pizzico di mistero, che per gran parte del racconto ha il compito di sostenere il tono della narrazione, non supportato, per il momento, da eventi di centrale importanza, dialoghi particolarmente brillanti o personaggi estremamente interessanti. Il secondo elemento che sostiene tutta la costruzione è proprio l’unico personaggio degno di nota, la protagonista Jean, conturbante mentre parla di subconscio nei primi minuti in cui la vediamo, che aumentano la curiosità verso una donna che pare da subito forte e determinata. L’elemento più interessante di questo episodio pilota è il percorso che ci porta a formulare una seconda opinione sulla protagonista dopo la fine della puntata e ci fa mettere in dubbio non solo quel personaggio in particolare, ma anche tutta la rete di interazioni che ha costruito nell’arco dell’episodio.

Per questo Naomi Watts è l’unico grande punto a fuoco dell’episodio, ancora lontana, però, dall’interpretare il personaggio complesso e stratificato di cui lo show necessita; le domande che ci poniamo su Jean Holloway sono già tante, ma “cosa la spinge ad agire in quel modo?” è sicuramente la più importante. Della protagonista non ci viene mostrato molto, solo il suo presente, diviso tra un lavoro che non la stimola come vorrebbe e una famiglia non più eccitante come un tempo; Jean è una donna infelice, che cerca di aiutare gli altri per aiutare se stessa. Nel suo studio è sia terapeuta che paziente, ascolta quello che gli altri le raccontano, dà consigli e cerca di metterli in pratica in prima persona; i suoi consigli, però, non sono per nulla efficaci, troppo rassicuranti per avere effetto sulla vita reale delle persone, che la considerano più un’amica che una figura medica di riferimento. Le parole che dispensa a chi l’ascolta seduto nel suo studio non aiutano né gli altri, né lei stessa, che mette in atto una serie di comportamenti deontologicamente discutibili che non consiglierebbe a nessuno di avere. Si insinua nelle vite degli altri sia per capirli di più che per capire se stessa e riempiere la sua vita, non più eccitante come un tempo; sente che le manca qualcosa, che il suo matrimonio, le sue conoscenze e il lavoro non le danno più. Il suo metodo poco convenzionale di lavorare le dà delle certezze, è convinta che le confidenze di estranei possano riempirle la vita di esperienze e cerca di fare tutto per non farsi scoprire. Possiamo utilizzare questo suo comportamento per leggere e interpretare la vita di Jean, ma come verranno influenzate le vite dei suoi pazienti, all’oscuro di tutto? Questa è una delle grandi domande a cui lo show dovrà rispondere.

Per questi motivi Gypsy colpisce positivamente, più per il suo potenziale che per quello che ci è stato mostrato in realtà nei cinquantasei minuti del pilot; lo sviluppo della trama, anche se non tra i più originali, gli interpreti e il tema centrale promettono un buon livello di approfondimento supportato da interpretazioni all’altezza, capitanate da una Watts convincente che ha bisogno di grandi momenti drammatici per dare il meglio di sé. Per ora il giudizio è positivo, ma assolutamente parziale, in attesa di scoprire se i restanti nove episodi meritino tale fiducia.
Voto: 6/7
