Top of the Lake – 2×06 The Battle of the Mothers


Top of the Lake – 2x06 The Battle of the MothersL’oceano sconfinato che inneggia alla libertà, la frenesia sotterranea di una Sydney pulsante e al contempo silenziosa eco di un’anima che ricerca se stessa: Top of the Lake – China Girl è questo e molto altro ancora. Questa seconda stagione conferma la forza di uno show che si staglia come un unicum nel panorama televisivo, intessendo un racconto dal sapore primordiale, che pare non avere né inizio né fine.

Già nel corso della prima stagione, la serie ha dato prova di una solidissima identità, sorretta anche e soprattutto dal peso della firma di Jane Campion, che dà al racconto un impianto fortemente autoriale. La seconda stagione consolida questa scelta narrativa e allo stesso tempo ne rafforza la portata: nonostante sia chiaro come lo show sia diretta espressione di una poetica ben precisa, le sperimentazioni formali non solo non mancano, ma diventano ancora più eloquenti, secondo una costruzione armonica e perfettamente bilanciata.
La scelta vincente sta innanzitutto nello scegliere di inserire tematiche delicate e complesse come la maternità o la misoginia in una cornice da crime story, riuscendo a piegare a proprio vantaggio le leggi di uno dei generi narrativi più strutturati.
Il crime è l’unico genere in cui il rapporto di causa-effetto, per definizione, deve essere lineare, in cui ogni azione ed evento narrato deve avere una decodificazione chiara e univoca. Ed è proprio per questo che nelle sue evoluzioni contemporanee spesso il racconto crime si dilata fino a inserire la detection in un contesto sfaccettato, in cui l’universo intimo e personale degli attanti coinvolti nell’azione investigativa – o criminale – si espande fino a contaminare la narrazione di spunti e tematiche che travalicano il genere, senza per questo tradirne l’assetto strutturale profondo. In quest’ottica, Top of the Lake è un caso emblematico; sia nella prima stagione che soprattutto in China Girl il caso da risolvere è utilizzato come un pretesto per approfondire elementi legati alla dimensione psicologica dei vari protagonisti e di Robin in particolare, fino a ergersi a portavoce di tematiche dalla portata universale.

And put herself in a suitcase?

Top of the Lake – 2x06 The Battle of the MothersLa linea seguita dalle indagini diviene cammino personale verso una migliore decodificazione di se stessi, e questo non vale soltanto per la protagonista, che in questa come nella passata stagione si ritrova coinvolta quasi personalmente nel crimine da risolvere. Se da un lato potrebbe sembrare una scelta ridondante legare ancora una volta la vita privata della detective Griffin al delitto, dall’altro il perfetto bilanciamento tra le varie sezioni narrative smorza tale sensazione fino ad annullarla del tutto quando il racconto si apre verso universi che travalicano la centralità della protagonista.
Inoltre, la conclusione dell’indagine – che ci restituisce una Cinnamon fragile e depressa, impiccatasi in preda a un disagio profondo – si fa portavoce di un ulteriore universo di senso: non c’è bisogno di trovarsi di fronte ad atrocità universalmente riconosciute – come lo stupro di Tui a opera del padre nel corso della prima stagione –, perché il dolore, il disagio, la sofferenza estrema possono nascondersi anche nei comodi sobborghi di una Sydney ultramoderna, che dà domicilio legale alla prostituzione. Mettendo da parte l’orrore del gesto compiuto – rinchiudere il corpo di una giovane donna in una valigia e gettarlo nell’Oceano –, questa volta non abbiamo un assassino da incolpare, ma proprio questa ‘assenza’ svuota il concetto di colpa dal suo significato univoco e lineare: la colpa – intesa in senso astratto – è davvero qualcosa che può identificarsi con un singolo individuo o a volte è invece un concorso di cause e colpe multiple?

I’m her mother. She called me. I gave birth to her.

Top of the Lake – 2x06 The Battle of the MothersA partire dal ritrovamento del corpo di Cinnamon, la storia si fionda in quello che è il suo tema portante: la maternità, vista come necessità, bisogno o come sensazione intima e personale di cui godere. La disperazione di Miranda – a cui fa da eco quella di Adrian –, l’incontro tra Pyke e Robin, entrambi alla ricerca di una dimensione familiare di cui sentono una mancanza, l’isteria di Julia, il disorientamento delle surrogate e la sofferenza delle loro ‘famiglie’ sono solo alcune delle mille sfaccettature con cui il concetto di maternità – che si amplia fino ad abbracciare il più ampio concetto di genitorialità – viene esplorato all’interno della stagione. La complessa stratificazione del racconto riesce a mostrare come l’ancestrale concetto di maternità possa essere approfondito secondo innumerevoli livelli interpretativi: da egoistico bisogno di perpetuare la propria stirpe – come la definisce Puss nel suo video –, a naturale necessità di dare un senso più alto a un amore, fino a diventare espressione del desiderio intimo e personale di riuscire ad andare oltre se stessi, di potersi ‘dimenticare’, nel bene e nel male.
All’interno di una tematica tanto ostica quanto multiforme, ha un peso determinante anche il ruolo del figlio: da un lato Puss deviato da una condizione familiare imperfetta e dall’altro Mary, persa in una difficile e problematica crisi identitaria.

Top of the Lake – 2x06 The Battle of the MothersTuttavia, nonostante la complessità e lo spessore del personaggio di Mary, la sua rappresentazione al limite ha un valore quasi esclusivo nella caratterizzazione delle sue due madri, in questo episodio – come da titolo – impegnate in una vera e propria battaglia. Dalla telefonata di Mary ostentata da Robin all’abbraccio all’aeroporto esibito da Julia, l’intero episodio è costeggiato da una silente lotta tra le due donne per contendersi lo scettro di unica madre. La sottile gelosia di Julia è espressione più ampia della mancanza di un legame di sangue che sa di non poter mai avere con sua figlia, a cui fa da contraltare il rimpianto di Robin per quei 18 anni perduti: entrambe fanno di tutto per colmare questa mancanza, usandola anche come mezzo per migliorare se stesse. Se Julia implora la figlia di insegnarle come aprire quel varco insormontabile tra di loro, Robin interroga la sua stessa anima per ritrovare in essa quel livello di consapevolezza che la porta ad amare Mary incondizionatamente. Ad occhio nudo potrebbe sembrare impulsiva questa affezione incondizionata verso una figlia succube di un millantatore che la trascina verso la piena rovina di se stessa. Ma, per quanto il buon senso, e il suo ruolo istituzionale, avrebbero dovuto indurre Robin a intervenire in senso di ammonimento, il richiamo del sangue la porta sulla linea della discrezione; senza neanche pensarci chiaramente, Robin sa benissimo di non avere alcun altro diritto se non quello di amarla. E mentre sente questo amore crescere forte, sente anche distendersi quell’orrore che ha sempre tenuto imprigionato sulla sua pelle, sulla sua anima. Quando Robin parla di Mary, soprattutto nell’ultimo scambio con Puss, è come se parlasse di se stessa: nel disorientamento di Mary Robin rivede il proprio, vede chiaramente riaffiorare ogni sua incertezza con lucido distacco: è come se per la prima volta riuscisse a vedere il suo caos interiore dall’esterno, essendo così in grado di oggettivarlo, accettarlo e forse anche di risolverlo. Amando Mary, Robin riesce finalmente ad amare se stessa.

I’m just crazy about her.

Top of the Lake – 2x06 The Battle of the MothersEd è proprio nella complessa bellezza del personaggio splendidamente interpretato da Elizabeth Moss che risiede una delle forze motrici dello show: Robin è l’elemento in cui metafora e rappresentazione riescono a trovare una piena e completa armonia. Nelle ripetute immagine dell’episodio in cui la vastità dell’oceano si infrange nel caos di Bondi Beach è impossibile non cogliere la stessa dicotomia che contraddistingue Robin, come Sydney, rinchiusa tra due forze contrastanti: l’immensità dell’oceano e il pulsare della vita. Nell’immagine di una donna dall’esistenza spezzata, incapace di espandersi completamente, l’ancestrale dissidio mare-terra diviene tangibile rappresentazione. Nel percorso di Robin verso se stessa, Mary e Sydney sono due tappe fondamentali e complementari: sono come la rappresentazione materiale dell’intimo bisogno di ritrovarsi comoda in quel caos che fa parte della sua anima e che come tale non può essere scacciato. Proprio per questo la dipartita dalla Nuova Zelanda, veloce e irrazionale, assume un iconico significato: Laketop era come una bolla dentro cui proteggersi, cercando di riscrivere il passato per costruire un futuro al di là di esso; Sydney è invece il mezzo per poter comprendere e superare il passato in modo da usarlo come solida base per gettare le fondamenta del futuro.

“The Battle of the Mothers” è la conclusione perfetta per una stagione intensa e bellissima. Un episodio forte, stratificato in cui a volte si ha l’impressione che anziché portare a chiusura tutte le linee narrative si crei un vortice in cui tutto resta sospeso (basti pensare al destino di Miranda dopo la sparatoria). Rispetto alla prima stagione non c’è una chiusura lineare di tutte le storyline, ma è proprio questa sensazione di insoluto a dare al racconto una forza dirompente. Nonostante alcuni salti temporali, spesso troppo ellittici,China Girl conferma la potenza di un racconto che riesce ad andare al di là del particolare per divenire universale, in cui forma e contenuto danzano insieme trasportate da una musica inebriante, composta per lo più dal rumore del mare.

Voto Episodio: 8½
Voto stagione: 8/9

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