Nell’ultimo decennio seriale, quando si parla di teen drama non si può non citare l’emittente britannica Channel Four. Nel 2007 si guadagnò il consenso di pubblico e critica con Skins, dramma generazionale che mostrava gioie e dolori della gioventù di Bristol; due anni dopo bissò il successo con Misfits, corrosiva variazione sul tema dei supereroi con protagonisti giovani delinquenti costretti ai servizi sociali; adesso ci riprova con The End of the F***ing World, atipico racconto di formazione ispirato all’omonima graphic novel di Charles Forsman.
James ha 17 anni, vive da solo con il padre in un’anonima cittadina inglese e ha da sempre un segreto inconfessabile: fin da bambino è stato convinto di essere uno psicopatico. Dopo aver sfogato la sua violenza innata su se stesso e sugli animali, si sente pronto per passare al livello successivo uccidendo un essere umano e la scelta cade su Alyssa, una spregiudicata ragazza che frequenta la sua stessa scuola, anche lei diciassettenne e anche lei totalmente alienata dai suoi coetanei. Spinta dalla noia e da un’incontenibile desiderio sessuale, Alyssa diventa la ragazza di James e lo convince a scappare di casa assieme, dando al ragazzo l’occasione perfetta per attuare il suo piano omicida, ma il loro viaggio senza meta attraverso l’Inghilterra li porterà ad una più profonda e tragica conoscenza di se stessi, il tutto unito all’incontro con reduci di guerra pervertiti, serial killer e benzinaie irascibili.
Grazie ad un esplosivo episodio pilota, la serie sa fare immediatamente presa sul cuore del pubblico e trova tutta la sua forza procedendo per ossimori. In un mondo di millennials alienati, James e Alyssa si impongono come anomalie di sistema, individui ancor più strambi dei propri coetanei ma che nella pazzia trovano uno spirito vitale incontenibile. La loro love story sfugge inizialmente ad ogni schema convenzionale e appare alquanto improbabile visti i caratteri diametralmente opposti dei protagonisti: James è laconico, introverso e restio al contatto fisico o emotivo con il prossimo, Alyssa invece cerca continuamente lo scontro tramite un’incontenibile sfrontatezza che le permette di nascondere al mondo le sue vere emozioni.
Una storia d’amore dunque, ma anche un racconto di fuga dalla civiltà che mescola il road movie al coming of age. Nel loro vagare senza meta attraverso il paese James e Alyssa sono imprevedibili, agiscono d’istinto, cambiano continuamente direzione e scatenano il caos per il puro gusto di turbare la quiete pubblica: allo stesso modo il tono della serie oscilla dal comico al tragico, lo stile del racconto cambia continuamente ritmo alternando sequenze statiche a montaggi frenetici e repentini che giocano con i punti di vista per riproporre eventi, dialoghi e azioni da diverse prospettive. Tutti gli ingredienti per una dark comedy sregolata vengono sfoggiati con orgoglio fin dai primi minuti ma a partire dal terzo episodio, in cui l’ossessione dei ragazzi per l’omicidio e il sesso li porta al punto di non ritorno, la serie e i suoi protagonisti cambiano improvvisamente faccia.
Il rigurgito di rabbia adolescenziale che aveva aperto il racconto lascia spazio alla terribile consapevolezza di essere adulti, soli e disperati. La fine del mondo a cui accenna il titolo è quella della spensieratezza sconsiderata di James e Alyssa, che imparano a fare i conti con la propria solitudine e a trovare l’uno nell’altro la forza per stare in piedi dentro a un mondo di grandi sconsiderati e assenti. La complicità tra i due protagonisti nasce proprio dai reciproci drammi familiari e dal condiviso disprezzo verso gli adulti: i genitori in The End of the F***ing World si suicidano, scappano dalle loro responsabilità o importunano i figli in maniera bieca, sono i rappresentanti di un mondo chiuso e asfissiante, incapaci di accettare la libertà di spirito dei più giovani. Privi di figure di riferimento, a James e Alyssa non resta altro che imparare da soli a diventare adulti, commettendo uno sbaglio dietro l’altro e mettendo in pratica gli insegnamenti di Leslie, l’immaturo padre di Alyssa: in un mondo di folli apparentemente normali, bisogna abbracciare la propria anormalità per essere sani di mente.
L’esplosività incontenibile dei primi episodi viene quindi accantonata in favore di una narrazione più canonica che comporta inevitabilmente un calo di energia all’interno del racconto. L’innamoramento di James e Alyssa segue le tipiche dinamiche di una commedia romantica, nel segno di uno smaccato sentimentalismo che stride visibilmente con lo humour nerissimo che aveva aperto la vicenda, ma appare come l’unica evoluzione possibile per i due fidanzatini in fuga. Se la storia riesce comunque ad appassionare e a coinvolgere gli spettatori è merito, oltre che della brillante scrittura della sceneggiatrice Charlie Covell, dell’innato magnetismo dei due attori protagonisti, capaci di guadagnarsi l’affetto del pubblico fin dal loro ingresso in scena.
Alex Lawther aveva già interpretato personaggi borderline in The Imitation Game e nella terza stagione di Black Mirror, quindi il ruolo del sociopatico James gli sta a pennello, ma a rubare la scena è Jessica Barden nei panni di Alyssa: apparsa come pupilla di Billie Piper nell’ultima stagione di Penny Dreadful, la sua interpretazione irriverente e sboccata dà vita ai momenti più esilaranti del racconto e incarna alla perfezione lo spirito anarchico e incontenibile su cui la serie getta le basi. The End of the F***ing World è senza dubbio una delle sorprese più inaspettate della nuova annata seriale di Netflix e si presenta come lo show perfetto per il binge watching: un racconto di formazione fuori da ogni schema che dialoga con gli adolescenti di ieri e di oggi, mette in mostra gli orrori della crescita con un’ironia squisitamente british e lascia, a visione terminata, un incontenibile entusiasmo giovanile che fatica ad esaurirsi nel cuore del pubblico.