This Is Us – Stagione 2 1


This Is Us - Stagione 2La seconda stagione di This Is Us è terminata. Concludendo col botto un capitolo che ha dovuto misurarsi con il successo guadagnato dall’incredibile prima annata, lo show ha confermato fino all’ultimo momento la qualità del suo progetto narrativo: non con la spinta dell’effetto sorpresa su cui in precedenza aveva livellato gran parte del racconto, ma con la sola forza trainante di una narrazione capace di indagare lo spettro dei sentimenti e di gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Anche quest’anno non sembra difficile individuare le ragioni della grandezza di una serie che è stata capace di rinnovare i canoni di un genere (il family drama) dall’interno, rinvigorendolo con nuova linfa vitale. Le alte prestazioni della squadra di autori capitanata dallo showrunner  Dan Fogelman hanno traghettato la serie su un livello qualitativo più alto di quello della concorrenza appartenente al genere di riferimento, costruendo uno show non più solo caratterizzato da precisi meccanismi votati alla formazione della commozione dello spettatore, ma anche da elementi di indubbio valore – spie sintomatiche del fatto che una crescente qualità è presente anche nei prodotti delle reti generaliste, e prove provanti della natura d’eccezione di uno show che ha trovato strategie ed equilibri giusti per raccontare la realtà della famiglia americana allo stato dell’arte.

Questa seconda stagione, però, non ha vissuto di rendita adagiandosi sull’esaltante scia tracciata dalla prima, anzi: ha guadagnato terreno con una marcia in più, ha confermato e sviluppato in profondità quanto di buono era stato fatto, apportando anche miglioramenti necessari (per il personaggio di Kevin, ad esempio), cercando di limitare alcuni difetti comunque ancora presenti (come nelle storyline di Kate e Toby) e sfruttando una struttura narrativa sempre più fluida, controllata dagli autori nell’interezza della sua, ormai ingente, estensione temporale e della sua flessibilità grazie a una scrittura in grado di “piegare” con facilità il tempo a seconda delle necessità narrative. Questa operazione è stata ottenuta attraverso la giustapposizione delle linee del racconto e la conseguente formazione di parallelismi e simmetrie – formati per esplicitare i punti di contatto tra personaggi separati dal tempo ma avvicinati dalle emozioni e da vicissitudini simili – in grado di raggiungere alti livelli comunicativi e drammaturgici (basti pensare alla carrellata memoriale di “The Car” o a “This Big, Amazing, Beautiful Life”, puntata su Deja che ci rende partecipi dei suoi trascorsi travagliati).

This Is Us - Stagione 2Sentimenti che ricompaiono uguali in corpi diversi, vicende che si ripetono a distanza di anni, ricordi condivisi e nuove esperienze: sono queste le coordinate per raccontare personaggi vivi a tutto tondo, realistici e forti di una caratterizzazione precisa anche quando intrappolati nelle più confuse maree emotive, imposte da una narrazione (non plot-driven ma character-driven, cioè condotta dai suoi personaggi) che riproduce il ritmo della vita sia nei momenti più convulsi che in quelli più tranquilli. Sono le coordinate attraverso cui la stagione ha caratterizzato profili caratteriali in grado di staccarsi dagli stereotipi del genere, schivando i cliché grazie al continuo “taglia e cuci” di una scrittura attenta e dedicata sia all’affresco di un universale realismo dei sentimenti, sia ai sentimenti particolari dei personaggi.

I diciotto episodi della seconda stagione, infatti, hanno ribadito con forza e precisione che This Is Us è composta soprattutto dall’unicità dei suoi personaggi e delle loro sensazioni; è la storia di una quotidianità che insegna l’inesistenza di una quotidianità banale, la storia di emozioni che possono sembrare scontate e che invece non mancano mai di dimostrare la loro autenticità e la loro commovente ineffabilità, grazie a una scrittura capace di moltiplicare le sfumature di ciascun aspetto emotivo e a un lavoro interpretativo (tra cui spicca quello di Sterling K. Brown) in grado di comunicare  anche le sensazioni più intime dei personaggi. Sono Jack e Randall, Rebecca e Kate, Beth e Toby, Kevin, Deja e tutti gli altri il punto focale di un racconto che parte da situazioni personali per arrivare a descrivere stati d’essere e stati d’animo in cui tutti possono ritrovarsi, si sono ritrovati o si ritroveranno. L’analisi retroattiva della stagione dimostra l’importanza della centralità dei personaggi: sono le loro vicende e la sincerità di queste ad aprire il cuore dello spettatore e a farlo entrare in contatto con quel misto di realismo universale e particolare che gli autori hanno così bene rappresentato quest’anno.

La controprova della qualità continua e della perseveranza di questo progetto narrativo è rappresentata da “The Wedding”, potente e magnifico finale di stagione in cui è possibile individuare in miniatura tutte le qualità di questa annata: la rappresentazione di sentimenti veri, l’uguale bilanciamento e attenzione del tempo narrativo dedicato a ciascun personaggio, il raggiungimento di uno stato di sorpresa e meraviglia senza la presenza di effettivi colpi di scena e la sincronia tra le diverse temporalità, in grado di formare costruzioni di senso toccanti grazie all’unione di “semplici” immagini.

Questa stagione è stata molto più equilibrata della precedente: l’assenza di una storyline come quella di William (che, pur nella sua bellezza lancinante, monopolizzava incontrastata la maggior parte dell’attenzione trasformando alcuni comprimari di Randall in personaggi quasi secondari) ha permesso agli autori di sviluppare una struttura con una fase iniziale, dedicata allo sviluppo dei propositi presentati l’anno scorso dai personaggi nei flashforward; una fase centrale, punto di rottura e giro di boa decisivo per i personaggi; una fase finale, in cui la lenta risoluzione dei problemi esplicitati con violenza nella fase centrale prima si è sovrapposta all’evento della morte di Jack e poi si è sovrapposta agli ultimi episodi, focalizzati a sigillare la stagione e ad accennare gli eventi (sembra dolorosi) che domineranno la prossima.

This Is Us - Stagione 2L’architettura a cornici ha permesso di indagare a fondo i temi più importanti della serie, facendosi forte di un nucleo tematico (quello della morte di Jack, forse personaggio centrale della serie) tanto potente da diffondere la propria influenza sulle altre linee narrative. L’indagine del rapporto con il lutto e coi fantasmi della morte ha permesso anche di approfondire meglio la figura di Jack come padre e marito apparentemente perfetto, scoprendolo invece personaggio prigioniero del proprio eroismo e dello stereotipo di pater familias infallibile. L’analisi delle patologie dei figli, sviluppatesi dopo la morte del padre e in parte ereditate dallo stesso, ha svolto la doppia funzione di demitizzare Jack attraverso la rappresentazione più o meno esplicita dei suoi difetti (come uomo, padre e marito) e di far emergere le meno piacevoli sfumature di Randall, Kevin, Kate e Rebecca attraverso la rappresentazione di alcuni eventi drammatici.

Pur non approfondendo le dettagliate dinamiche meta-narrative che sfruttano il collasso di una figura come quella di Jack – liberata durante la stagione dal peso del “mistero” della propria morte e libera di essere di nuovo approfondita, aprendo sconosciute parentesi del suo passato e della sua personalità – per nuovi orizzonti narrativi, risulta evidente l’impatto di questo evento sugli altri personaggi. La serie ragiona lucidamente su temi legati agli altri protagonisti, come la nevrotica volontà di perfezione di Randall, l’alcolismo e i meccanismi di negazione di Kevin, il blocco affettivo di Rebecca, il problema col cibo di Kate e la sua difficoltà a separarsi dal passato: tutti snodi emotivi che rimandano alla figura (assente) del padre e che sono sintomatici di una narrazione interdipendente e interconnessa, in grado di ragionare su se stessa, sulle problematiche dei suoi personaggi e della narrazione stessa.

This Is Us - Stagione 2È il caso per esempio della questione di genere presente nella serie, che fa notare, spesso ma non sempre purtroppo, le derive dei comportamenti sessisti e maschilisti di alcuni personaggi. Gli autori, quasi sempre senza retorica e senza diventare essi stessi moralisti e paternalistici, sono stati in grado di evidenziare questi comportamenti e i danni da questi derivati: approfondendo, attraverso l’uso di parallelismi come quello tra le coppie Jack-Rebecca e Randall-Beth, il tema del sessismo nella realtà matrimoniale di due epoche diverse; analizzando i rapporti di forza tra uomo e donna e dimostrando – pur in una storia tesa all’esaltazione di un modello famigliare molto legato alla figura del padre e quindi a una visione maschile – di saper confrontarsi con questo delicato argomento con un approccio consapevole, anche se non sempre puntuale. La stagione ha illustrato bene i danni della disparità di genere, delle conseguenze del tossico maschilismo sociale e della volontà di perfezionismo sulle relazioni nell’epoca di Jack e Rebecca e altrettanto bene la maggiore parità di genere tra Randall e Beth, i benefici di un dialogo aperto nella coppia e la forza delle donne nel guidare la famiglia (anche sentendosi accusate di severità e di freddezza).

Meno positivo il modo in cui la stagione ha affrontato il paternalismo dei personaggi maschili nei confronti di Kate, personaggio reso quasi passivo e senza autonomia (nelle scelte e nei giudizi) da ogni confronto con una controparte maschile, rappresentata indistintamente dai suoi fratelli o da Toby. Proprio quest’ultimo personaggio, tanto legato ad atteggiamenti macchiettisti, comici e affettuosi quanto a inconsapevoli pressioni paternalistiche, rappresenta lo smacco più grave per una stagione che non è riuscita a ragionare né sui difetti del personaggio né su quelli di una linea narrativa (la storia d’amore di Kate e Toby) che – pur acquisendo un peso narrativo crescente attraverso eventi importanti come l’aborto e il matrimonio – anche in questa annata non ha brillato per caratteristiche positive.

La causa è rintracciabile in gran parte nello sbilanciamento sopra citato tra Toby e Kate e nell’incapacità della serie di ragionare attivamente sui problemi di genere presenti, esplicitamente o meno, nel loro rapporto, oltre che nel mai compiuto approfondimento delle problematiche relative al cibo e quindi all’insicurezza di Kate. È probabile per fortuna, come suggeriscono alcuni momenti di “The Wedding” e il flashforward finale, che la loro storia subirà una svolta, sia per il personaggio di Kate e per il suo rapporto con il matrimonio, che per Kevin e il suo stato mentale: ciò costituirebbe la risoluzione di alcuni dei più evidenti difetti della serie.

This Is Us - Stagione 2Malgrado la presenza di questi limitati momenti, che dimostrano qualche difetto della serie nella capacità di autoesaminarsi, non sono comunque mancati esempi di qualità lampante al riguardo, anzi; puntate come “Vegas, Baby”, dedicata soprattutto ai problemi della coppia Randall-Beth, dimostrano una encomiabile capacità riflessiva, rintracciabile anche nei passaggi narrativi della morte di Jack, della storta drammatica nella vita di Kevin e della vicenda di Deja: eventi potenti che si sono dimostrati capaci di indagare e ragionare sui caratteri dei personaggi coinvoltigrazie ai quali la serie racconta con lucidità una realtà non più tanto zuccherosa, bensì anche drammatica, dolorosa e in grado di esplorare il proprio cosmo sociale e antropologico caratterizzandolo nei minimi dettagli.

Pur considerando alcuni difetti quindi è possibile dire che con questa stagione This Is Us ha mostrato una forte maturazione e si è superata raggiungendo livelli che poche serie possono vantare nel panorama seriale. Attraverso una stagione pressata dal peso delle aspettative, interpretata da attori in forma e costellata da grandi episodi e da un finale brillante, la serie ha emozionato, esaltato e raggiunto quello status di racconto del sentimento a cui aspirava da tanto ma che fino ad ora aveva solo sfiorato. This Is Us era già grande, ma ora lo è ancora di più.

Voto stagione: 

 

Informazioni su Leonardo Strano

Convinto che credere che le serie tv siano i nuovi romanzi feuilleton sia una scusa abbastanza valida per guardarne a destra e a manca, pochi momenti fa della sua vita ha deciso di provare a scriverci sopra. Nelle pause legge, guarda film; poi forse, a volte, se ha voglia, studia anche.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Un commento su “This Is Us – Stagione 2

  • nenoneno

    Ho versato secchiate di lacrime nella prima stagione, intervallate da sorrisi malinconici e grosse risate: This is Us ha proposto uno show che ha trattato, con eleganza e al contempo semplicità di linguaggio, emozioni spesso sfruttate allo sfinimento e banalizzate, conferendo loro la dignità necessaria.
    In questa seconda stagione, il tracollo: l’eleganza si è – a mio dire – dissolta, la scrittura è precipitata (pensavo addirittura fosse cambiato lo sceneggiatore), le storylines sono divenute morbose e raccontate senza garbo;
    il montaggio, che ho spesso trovato più funzionale alla chiusura tematica del singolo episodio che al crescere emotivo del racconto, non aiuta di certo;
    lo stesso episodio cardine – atteso per più di una stagione – della morte di Jack non si avvicina neanche alle vette di quello che aveva visto l’uscita di scena di William.
    Credo che questa serie avesse esaurito la propria (grande) forza ed il racconto con la prima stagione;
    piegandosi al successo riscosso, rinnovando per una seconda stagione, l’impressione è che ci si sia trovati costretti ad infarcire la storia di puntate pretestuose, che mi hanno trascinato, stanco e contrariato, a quello che avrebbe dovuto essere il momento più atteso.
    Non ho un’analisi più approfondita ed attiva da fare, anche e soprattutto per la cifra dello show, prevalentemente emozionale anche se tutt’altro che istintiva: lascio che l’assenza di partecipazione cui mi ha condotto quest’annata sia il metro del mio giudizio, poco sereno lo ammetto, ben sapendo che anche io sono colpevole di aver desiderato una seconda stagione, ché alle cose belle è difficile rinunciare.