Westworld – 2×04 The Riddle of the Sphinx 4


Westworld – 2x04 The Riddle of the SphinxViene comunemente chiamato “bottle episode” un episodio a budget limitato che costringe sceneggiatura e regia a lavorare con pochi set (in molti casi anche uno solo) e pochi attori. Il fatto di doversi concentrare su pochi intrecci e e di doversi situare in un ambiente essenzialmente statico anziché creare problemi solitamente giova alla scrittura che coglie l’occasione per l’approfondimento psicologico e relazionale fra i protagonisti dell’episodio e non corre particolari rischi centrifughi. Ne sono esempi il meraviglioso “Fly” di Breaking Bad o “The Suitcase” di Mad Men.

Sebbene questo quarto episodio non si possa considerare a pieno titolo un bottle episode, ne mantiene senza dubbio le logiche sottrattive nella struttura narrativa chiusa e nell’economia di spazi e personaggi; potrebbe non essere un caso, quindi, che “The Riddle of the Sphinx” sia il miglior episodio della stagione finora e probabilmente dell’intera serie. Le contingenze del caso hanno infatti permesso a Westworld di evitare di commettere alcuni dei suoi errori più ricorrenti come l’accumulo di trame e personaggi poco interessanti, una certa vaghezza e generalità nella direzione delle diverse storyline e l’eccesso di scene spettacolari (spesso sparatorie che si risolvono in vere e proprie carneficine) senza che vi sia dietro un’efficace preparazione dell’effetto drammatico.

Nemmeno troppo paradossalmente un taglio al budget ha fatto sì che Gina Atwater e Jonathan Nolan (sceneggiatori dell’episodio) si soffermassero su non più di quattro personaggi in particolare, regalando peraltro al personaggio di William/The Man in Black uno spessore finora inedito, e che Lisa Joy dirigesse meravigliosamente l’episodio proprio grazie ad uno sforzo di conferire versatilità e dinamismo ad uno dei pochi set a disposizione. Il bunker diventa così una meravigliosa prigione dove James Delos (un perfetto Peter Mullan) ripete il suo felice ed umanissimo rituale mattutino per poi scoprire durante lo scambio di battute col genero di essere in realtà il frutto di un tentativo di far perdurare un’intelligenza umana in un corpo robotico, e si trasforma, in seguito, nel laboratorio di orrori ricordato da Bernard. La ripetizione ci ha reso la stanza familiare ed ha preparato l’effetto di straniamento e orrore provato nel momento in cui la stessa stanza ci viene presentata dal punto di vista, questa volta, di Bernard. Come non accade così spesso in Westworld, quindi, la tensione della scena finale è preparata sfruttando tutto il potenziale della puntata, giungendo a livelli cinematografici, sin dalle primissime scene.

Westworld – 2x04 The Riddle of the SphinxFacendo astrazione della storyline di William in versione The Man in Black nel parco, che ancora mantiene i caratteri di vaghezza e sconnessione di molte delle trame delle puntate precedenti, l’episodio si dimostra molto compatto anche sul piano dell’intreccio visto e considerato come i percorsi dei due personaggi principali si incrocino alla fine e si siano, quindi, dall’inizio, mossi uno verso l’altro per portarci alla rivelazione finale, che forse già un po’ avevamo intuito ma che viene apertamente messa in campo in quest’episodio: ciò che il parco nasconde è il tentativo di realizzare il più classico dei desideri della scienza e della tecnologia umane, ovvero l’immortalità dell’umano aumentato. Bernard si riconferma, a questo punto, l’unico vero punto d’incontro fra uomo e macchina (almeno a nostra conoscenza) e probabilmente l’unico vero risultato positivo dell’esperimento.

Sarebbe bello se si cominciasse a smettere di parlare di Wesworld come del nuovo Game of Thrones e a leggerlo, piuttosto, semplicemente come una valida serie di fantascienza. Un’inversione di rotta di questo tipo sarebbe possibile se la serie lasciasse indietro tutte le pesantezze, le forzature e le intenzioni fastidiosamente pop (complessità artificiosa, “spiegoni”, personaggi stereotipati) e facesse più attenzione ai propri punti di forza che più che mai sono emersi in quest’episodio. Innanzitutto, sul piano estetico la puntata ha ricordato la potenza visiva della fase americana di Black Mirror: le scene con James Delos nel bunker, così familiari e asettiche allo stesso tempo, sono un piacere per gli occhi e lo sono, in egual misura, anche le scene nel bunker guidate da Bernard con dei drone hosts perfettamente eleganti ed inquietanti. In secondo luogo, la serie mostra con “The Riddle of the Sphinx” di poter parlare di temi portanti del genere fantascientifico senza essere scontata o semplicistica: il fatto di presentarci in parallelo i due personaggi “ibridi” della serie ci spinge alla riflessione che Westworld fa spesso e in modo a volte un po’ ridondante sulla differenza tra uomo e robot, stavolta presentata da un punto di vista di qualcuno che si sapeva umano e che quindi aggiunge complessità alla questione sull’intelligenza artificiale e alle sue possibilità di immortalità.
Westworld – 2x04 The Riddle of the SphinxIl desiderio di eternità è inoltre problematizzato in più punti nel corso della puntata perché viene considerato, attraverso William, sotto la prospettiva dell’ossessione, dell’ostinazione; attraverso il personaggio di James Delos, sotto quella della tortura eterna, della condanna alla ripetizione degli stessi gesti e, attraverso Bernard, sotto quella del senso di colpa e del peso di una condizione artificialmente imposta da altri. La risposta al classico enigma della sfinge del titolo (“Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?”), ovvero l’uomo, viene complicata, quindi, in questo senso, lungo tutto il corso dell’episodio facendone anche uno dei segmenti più compattati anche a livello tematico.

“The Riddle of the Sphinx” non è però un episodio perfetto: la durata è ancora eccessiva (71 minuti), alcuni spezzoni di trama rallentano e appesantiscono il ritmo, alcune violenze sono ancora gratuite e si fa ancora fatica a scrollarsi di dosso una generale sensazione di “costruito”. La puntata presenta, tuttavia, una solidità tematica, registica e di intreccio che ne fanno sicuramente la migliore della stagione finora e fanno sperare che il livello venga mantenuto anche in futuro.

Voto: 8

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Informazioni su Irene De Togni

Nata a Verona, ha studiato Filosofia a Padova e Teoria letteraria a Parigi. Non simpatizza per le persone che si prendono troppo sul serio ma le piacerebbe che le serie TV venissero prese un po’ più sul serio (e ora che ha usato due volte l’espressione “prendersi sul serio” non è più sicura di quello che significhi).


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4 commenti su “Westworld – 2×04 The Riddle of the Sphinx

  • Boba Fett

    Mi è sembrato di capire leggendo qui e altrove, che si citava Game of Thrones come un esempio di produzione ad altissimo budget, come ci si aspetterebbe da qualsiasi opera fantasy/fantascienza. Per come la vedo io, senza entrare ancora nel merito di questa stagione di Westworld, siamo di fronte ad una “classica” serie Hbo, che di mega produzioni costosissime se ne intende (forse non tutti sanno che subito dopo GoT nella classifica delle serie più costose di sempre c’è la saga di Tony Soprano e delle sue famiglie)…

     
    • Irene De Togni

      Ciao Boba Fett,
      Per quanto mi riguarda tendo ad associare Westworld più a Game of Thrones che ad altri prodotti non tanto o comunque non semplicemente per questioni di budget ma più che altro per un certo modo di trattare temi filosofici importanti in modo il più possibile mainstream o l’aperta intenzione di arrivare il più vasto pubblico possibile. Vi sono somiglianze anche nella struttura estremamente corale e in un certo modo di strutturare il racconto. In generale Westworld voleva essere abbastanza dichiaratamente l’erede di Game of Thrones nell’economia del canale. Che poi le produzioni HBO siano solo ad altissimo budget non è neanche così vero se pensi a serie come Girls o Looking che si avvicinano molto più al cinema indipendente che a una mega produzione.

       
      • Boba Fett

        Ciao Irene, beh se quello è l’intento, visto anche come la serie sta avanzando, secondo me l’eredità di GoT se la sognano! Quel che mi sembra veramente troppo simile è la soundtrack, ma evidentemente una certa pigrizia narrativa (dichiarata nell’episodio “giapponese”) riguarda anche la composizione dei temi musicali.

         
        • Irene De Togni L'autore dell'articolo

          Sono d’accordo, nemmeno io ho trovato entusiasmante la colonna sonora o i crediti di apertura. Il fatto che sia lo stesso compositore che ha lavorato anche per Game of Thrones non doveva per forza far sembrare le musiche di Westworld “derivative” in un certo senso.