Le 30 migliori serie del 2018: posizioni 30-21 1


Le 30 migliori serie del 2018: posizioni 30-21Come ogni anno, dopo la lunga lista di nomination per votare ai Seriangolo Awards (quest’anno all’ottava edizione: se non avete ancora votato fatelo subito cliccando QUI!), ecco che arriva la nostra Top 30 divisa in 3 articoli che vi racconteranno, 10 posizioni per volta, cosa ne pensa la Redazione di Seriangolo di questo 2018 seriale. Come ogni anno la lotta è stata serratissima (con più di 200 serie di partenza), così come giungere a dei risultati che tenessero conto delle Top 50 di tutti e 22 i redattori: questo è il nostro risultato, che inizia con le posizioni dalla 30 alla 21!

La classifica prende in considerazione tutte le serie andate in onda dal 23 dicembre 2017 al 21 dicembre 2018 e, come ormai consuetudine da due anni, riunisce tutti i macro-generi (drama, dramedy e comedy).
Le serie che non sono riuscite a entrare in classifica sono ovviamente molte di più di quelle che ce l’hanno fatta, per questo ci teniamo anche solo a menzionare le posizioni dalla 40 alla 30: Love, The Staircase, Chilling Adventures of Sabrina, Wild Wild Country, The Bisexual, Dear White People, The Little Drummer Girl, Crazy Ex-Girlfriend, The Looming Tower e Younger.

30. Riverdale (The Cw)

Le 30 migliori serie del 2018: posizioni 30-21

A prima vista sembrerebbe il solito teen drama, ma basta davvero poco per capire che si tratta di un’operazione coraggiosa e innovativa, che a partire da una serie di cliché facilmente riconoscibili lavora sull’eccesso alla Revenge ma riuscendo a costruire personaggi che acquistano credibilità e spessore episodio dopo episodio. La serie prodotta da Roberto Aguirre-Sacasa e Greg Berlanti è anche un mystery che e si ispira dichiaratamente a Twin Peaks, riprendendone quasi tutte le caratteristiche più iconiche e alcune delle principali peculiarità, tra cui la capacità di costruire un mondo affascinante e collocato fuori dal tempo e dallo spazio. Nonostante un citazionismo molto spinto, Riverdale riesce ad essere comunque una delle produzioni più originali degli ultimi anni, grazie a un ritmo narrativo che la rende fortemente addictive e alla capacità di realizzare un world-building accattivante come pochi. Dopo una prima stagione apprezzatissima da pubblico e critica, lo show ha alzato l’asticella della qualità e del rischio, raddoppiando il numero degli episodi e sperimentando ancora sul racconto (soprattutto per quanto riguarda la sua anima thriller), riuscendo mantenere compatto l’intreccio nonostante i tanti twist. Da tanto tempo non si vedeva una serie così avvincente e capace di lavorare sul genere con questa consapevolezza.

Attilio Palmieri

29. Corporate (Comedy Central)

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Sembrava che nel 2018 comedy pure non le volesse produrre più nessuno, con pubblico, critica e network ormai irrimediabilmente conquistati da generi ibridi come il dramedy, commedie non convenzionali e progetti sperimentali alle volte anche piuttosto deludenti. Comedy Central, però, ha deciso di tenere fede al suo nome e all’inizio di quest’anno ci ha regalato un nuovo show, Corporate, assolutamente classico nella struttura, il minutaggio e lo stile. Una workplace comedy, ma lontanissima dai buoni sentimenti di un Parks and Recreation o, ancora meglio, un The Office, del quale probabilmente rappresenta il gemello cattivo. Si tratta di uno show finalmente in grado di essere cupo senza fare alcuna concessione al drama, ma servendosi piuttosto di un’ironia nerissima e una straordinaria capacità di lettura del contemporaneo. Corporate è quello che potrebbe essere Mr. Robot se fosse una comedy: una spietata satira del tardo-capitalismo, in cui però non ci sono eroi ma solo pagliacci – pieni di umanità, splendidamente costruiti e in cui immedesimarsi all’istante, ma pur sempre pagliacci senza speranza.

Francesca Anelli

28.  Sorry For Your Loss (Facebook Watch)

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Narrare l’ineffabile dolore della perdita, raccontarlo da una prospettiva giovane per cogliere inedite sfumature del lutto, arrivare a chiunque abbia un profilo sul social network più famoso al mondo: tutto questo è Sorry For Your Loss, serie di Facebook Watch che in dieci puntate da mezz’ora si è proposta di affrontare l’elaborazione del lutto da parte di una giovane donna, Leigh, per suo marito Matt. E l’ha fatto non solo con successo, ma raggiungendo vette inaspettate per una storia che non dura nemmeno cinque ore di visione. Non è mai facile dedicarsi ad un argomento simile, ma l’autrice della serie Kit Steinkellner ha saputo intuire le difficoltà della storia e volgerle a proprio favore. Se è impossibile raccontare il dolore che accomuna tutti gli esseri umani, allora forse è possibile metterne in scena delle suggestioni: la durezza di una quotidianità che torna uguale a prima per una donna che come prima non sarà mai più; il dubbio sulle circostanze che hanno portato alla morte dell’amore della sua vita; il confronto con una società che non sembra comprendere fino in fondo i lunghi tempi dell’anima – men che meno se chi soffre è giovane e ha quasi il dovere di “avere una vita davanti”. Esistono lutti diversi, approcci differenti e talvolta opposti: ma in tutti i casi, ci ricorda la serie al 28° posto della nostra classifica, “l’unico modo per uscirne è passarci attraverso”.

Federica Barbera

27. Big Mouth (Netflix)

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Dopo essere stata una delle più gradite sorprese della scorsa annata seriale, Big Mouth è tornata con una solida seconda stagione, che però non riesce a ripetere in toto i fasti dell’esordio, forse complice il venire meno del dirompente effetto novità o l’eccessivo spazio dedicato a Coach Steve. Pur proseguendo nel solco tracciato dalla prima annata e nonostante qualche piccola imperfezione, quest’anno non sono mancate alcune gradite novità: tra queste spicca senza dubbio l’introduzione dello Shame Wizard, in grado di incarnare in maniera efficacissima il conflitto tra le pulsioni dei protagonisti e il modo in cui queste vengono vissute e metabolizzate, ma anche l’approfondimento delle figure genitoriali, in costante dialogo con le vicende dei figli. Nel complesso quindi lo show animato di Netflix, portando avanti il racconto di crescita e di formazione di Nick, Andrew, Jessi e gli altri, continua ad affrontare con grande incisività temi delicati come la body positivity, la mascolinità tossica, la depressione, la contraccezione, l’aborto (con il bellissimo “The Planned Parenthood Show”), riuscendo a mantenere intatto il precario equilibrio tra il suo linguaggio irriverente e la sua vocazione didattica e confermandosi così come una delle serie più interessanti in circolazione.

Simona Maniello

26. Queer Eye (Netflix)

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Remake del programma Queer Eye for the Straight Guy andato in onda tra il 2003 e il 2007, Queer Eye è la versione iper-contemporanea voluta da Netflix nel 2017 e che quest’anno ci ha regalato una memorabile seconda stagione. Lo show mantiene invariato il format pensato da David Collins quasi quindici anni fa, ma ne rinnova la formula dal suo interno: soprattutto quest’anno i Fab 5 ci hanno raccontato storie difficili, mondi di cui raramente si parla; ci hanno mostrato quanto sia enorme e sfaccettato l’universo LGBTQ  e che tra eterosessualità e omosessualità non esiste alcuno spartiacque, ma solo la voglia di andare oltre il mero pregiudizio. Attraverso il design, i vestiti, il cibo, la cura del corpo e la voglia di sfidare se stessi, Jonathan&Co ci hanno portati in tante case del sud degli USA, riuscendo a sintetizzare nel singolo la complessità di un luogo variegato come la Georgia, usando il cliché come leva iniziale del racconto, per poi sminuzzarlo fino a ribaltarlo e quindi distruggerlo. Queer Eye è davvero uno show per tutti, immediato, facile, che non si perde mai nella sintesi, ma che anzi, proprio grazie alla sua semplicità riesce ad essere sempre efficace – e, da non sottovalutare, riesce a farci piangere tantissimo.

Sara De Santis

25. The Deuce  (HBO)

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Fine anni Settanta, New York in preda a uno dei più profondi stravolgimenti sociali della sua storia: questo il background in cui The Deuce incastona i suoi personaggi, anime complesse in preda a un desiderio di rinnovamento che non sempre riesce a tenere una linea ascendente. Rispetto alla prima annata, questa seconda stagione alza la posta in gioco proponendo un universo complesso e a tratti indecifrabile, in cui la rete di implicazioni sociali, politiche, culturali ed economiche si scontra con uno stratificato sistema di personaggi che, come la città in cui gravita, sembra essere in preda a uno stravolgimento fisico e spirituale. Con molta naturalezza e senza manierismi, Pelecanos e Simon  creano una fitta rete di incastri narrativi in cui il viaggio nella nascente industria del porno diventa un pretesto per analizzare un’epoca in tutte le sue sfumature, con un’attenzione particolare al punto di vista femminile messo in relazione alle oppressioni di un atavico sistema con cui quasi tutte le protagoniste sono portate a scontrarsi.
Ampliando il lavoro fatto con la prima annata, The Deuce  ci propone anche quest’anno un mondo vivo, multiforme, intriso da una passione che la maestria della penna di Simon fa diventare autentica e ineluttabile.

Francesca Gennuso

24. American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace (FX)

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Un mese prima della tragica morte di Lady Diana, il mondo si ferma quando apprende che lo stilista Gianni Versace è stato assassinato ai piedi della sua villa di Miami. Il colpevole, Andrew Cunanan, viene ritrovato morto pochi giorni dopo in una casa galleggiante, ma chi era davvero il giovane omosessuale italofilippino? E quale filo lo lega alla personalità più osannata nel mondo della moda? American Crime Story aggiunge un nuovo capitolo al suo studio sul legame tra celebrità e storture sociali negli Stati Uniti d’America, ma dopo aver affrontato la questione razziale con la meticolosa ricostruzione del processo a O.J. Simpson, Ryan Murphy e il nuovo showrunner Tom Rob Smith smentiscono le aspettative del pubblico con ardite scelte narrative che si prendono il loro tempo per lasciare il segno. Al contrario di quanto il pubblico si aspettava, i riflettori sono tutti puntati sull’assassino e il racconto procede a ritroso negli anni per risalire all’origine della sua psiche frammentata: lungi dall’essere rappresentato come un martire, il carnefice di Versace emerge come una vittima dell’omofobia congenita nella società americana e delle false illusioni dell’American Dream. Sempre in equilibrio tra thriller e melodramma, The Assassination of Gianni Versace parte dalla morte di una delle più grandi icone gay degli anni Novanta per raccontare, con stile ipnotico e patinato, la schizofrenia latente di una nazione ossessionata dalla notorietà. L’intero cast è di alto livello ma la vera punta di diamante della serie è Darren Criss, che con il suo Andrew Cunanan ci regala una delle performance più inquietanti e tragiche di questo 2018 seriale.

Francesco Cacciatore

23. Mrs. Wilson (BBC One)

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Mrs. Wilson riesce perfettamente nello scopo di unire una storia vera e documentata al format della serie TV. Ruth Wilson (The Affair) interpreta sua nonna Alison che, dopo la morte del marito (Iain Glen, Game of Thrones), scopre una serie di angoscianti verità fino a quel momento da lui tenute nascoste. Diviso tra la nascita del loro amore in una Londra bombardata durante la guerra e il presente in cui Alison insegue i fantasmi di quello stesso passato, Mrs. Wilson costruisce una storia coinvolgente in cui lo spettatore accompagna la protagonista nel suo viaggio alla ricerca di risposte alle tante domande che ha, fino ad intraprendere un tuffo nell’intimità di una donna forte, determinata e soprattutto molto coraggiosa. Una donna che con le sue ricerche ne coinvolge altre tradite e raggirate come lei dallo stesso uomo che, al netto di ogni giudizio finale, è riuscito a creare più armonia dopo la sua morte di quanto non fosse riuscito a fare in vita.
Fotografia impeccabile, regia pulita e un’interpretazione coralmente perfetta fa entrare di diritto Mrs. Wilson nella Top 30 del 2018 nonostante l’uscita, poco pubblicizzata, a fine anno.

Jacopo Spaziani

22. Star Wars Rebels (Disney XD)

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Con l’ultima stagione, Star Wars Rebels ha chiuso splendidamente il suo percorso, regalando ai fan una delle migliori storie ambientate nella galassia lontana lontana. Attraverso episodi come “A World Between Worlds” e “DUME”, Dave Filoni ha alzato l’asticella per l’epilogo della sua creatura, aggiungendo tasselli importantissimi alla mitologia di un racconto sempre più in espansione da quando la Disney ne ha preso le redini. Da Ezra fino a Chopper, i personaggi di Rebels si sono conquistati a pieno diritto un posto speciale nel cuore dei fan, convincendo anche i più scettici che vedevano questo prodotto pensato esclusivamente per i più piccoli. Come una grande serie di animazioni dovrebbe fare, Star Wars Rebels è cresciuta insieme ai suoi fan, passando dai toni – giustamente – più leggeri dell’inizio, a quelli più cupi della quarta stagione, senza mai dimenticare l’elemento caratteristico da space opera della saga. Mancheranno molto le avventure di questo gruppo di Ribelli, ma con un finale aperto e l’arrivo alla fine del 2019 del servizio di streaming Disney+, su cui troveremo tantissime serie ambientate nell’universo di Star Wars, la speranza è che Dave Filoni e gli altri diano ancora spazio alla ciurma della Ghost.

Ivan Pavlović

21. Lodge 49 (AMC)

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Poteva essere un semplice tappabuchi estivo, una di quelle serie da guardare svogliatamente in attesa dei pezzi forti autunnali, ma inaspettatamente sulle spiagge malinconiche di Long Beach portate in scena da AMC si è dimostrata essere molto di più. Lodge 49 è una serie difficile da ascrivere ad una categoria di racconto ben precisa: in precario equilibrio tra il dramma esistenziale e la commedia nera, la storia segue le vicende di Dud, ex surfista caduto in disgrazia dopo la morte del padre, che vede una possibilità di futuro nell’affiliazione ad una decadente loggia che si rifà ad arcaiche credenze e riti legati all’alchimia. La mera esposizione della trama, tuttavia, è forse l’ultimo elemento adatto a descrivere la serie di Jim Gavin; lo show, infatti, è totalmente guidato dai suoi folli personaggi e dalle scelte che compiono, dal surreale propagarsi delle relazioni tra loro e dalle situazioni al limite del paradossale che si vengono a creare. La serie ha ben meritato un posto in questa classifica grazie alla sua verve atipica e alla sua natura multiforme, in grado di far divertire, emozionare, colpire e sollevare questioni mai banali sulla difficoltà dell’elaborazione del dolore, attraverso il racconto onesto, e alle volte crudele, di una contemporaneità nella quale la ricerca della felicità personale è un viaggio tortuoso e ricco di ostacoli.

Davide Tuccella

La seconda parte della classifica verrà pubblicata domani, con le posizioni dalla 20 alla 11!

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Un commento su “Le 30 migliori serie del 2018: posizioni 30-21

  • Mario 1989

    Comunque a mio modo di vedere Hill House meritava di stare a pieno titolo tra le prime dieci e voi non l’avete inserita nemmeno tra le prime quaranta…