Outlander – Stagione 4


Outlander – Stagione 4La fortuna di Outlander è frutto di una molteplicità di elementi che rendono lo show un unicum nel panorama televisivo odierno: nessun altro prodotto, infatti, riesce così bene a far convivere in sé così tante anime, apparentemente inconciliabili tra loro. È di fatto un period drama con al centro una grande storia d’amore, ma sono tuttavia fortissime le infiltrazioni fantastiche – dai viaggi nel tempo ai riferimenti alla mitologia, celtica e americana – e la struttura narrativa tipica dei grandi romanzi d’avventura.

Questa quarta stagione non dimentica nessuno di questi aspetti e, anzi, grazie alla nuova ambientazione, apprezzata sin dalla premiere, riesce a rilanciare un racconto che sembrava aver esaurito la sua carica primigenia. Se, infatti, al centro della serie tratta dai libri di Diana Gabaldon c’è sempre stato il legame tra Claire e Jamie, capace di attraversare tempo e spazio, in questa quarta annata le cose sono leggermente diverse; gli autori, seguendo piuttosto fedelmente la linea tracciata dai romanzi, puntano comunque i fari sulla coppia, osservando però i due non più solo come amanti ma, soprattutto, come genitori, e lasciando molto spazio – nella seconda parte in maniera ancora più marcata – all’ugualmente complesso rapporto tra Brianna e Roger, paradossalmente destinati ad un percorso non meno doloroso dei due protagonisti. È una scelta importante ma necessaria, perché con il travagliato ricongiungimento giunto dopo vent’anni di separazione, visto in “A. Malcom” lo scorso anno,  Outlander aveva vissuto una seconda parte di stagione instabile, trainata più dalle esigenze di una trama dinamica e avventurosa – il salvataggio del giovane Ian nei Caraibi – che dalla potenza narrativa dei suoi personaggi, da sempre il vero motore dello show.

We’re all here in this New World not because it’s new. These lands are as old as any. It’s only new… because there is hope. And hope is at the very heart of love.

Outlander – Stagione 4Siamo quindi nel Nuovo Mondo alla fine del XVIII secolo, all’alba dei grandi stravolgimenti sociali e della guerra che porterà alla nascita degli Stati Uniti come nazione indipendente dalla madrepatria inglese. La prima parte della stagione vede la famiglia Fraser alla ricerca di un luogo dove stabilirsi e cominciare la vita che ha sempre sognato; la strada è, ovviamente, tutt’altro che in discesa e le coordinate spazio-temporali in cui è ambientata la storia sono un’occasione troppo allettante per gli autori che decidono di mettere i protagonisti di fronte ad alcuni dei temi sociali più scottanti e discussi del periodo. Il secondo episodio “Do No Harm” è, così, il momento in cui Claire si scontra con la realtà della schiavitù negli stati del sud: la grande difficoltà della donna deriva dal non riuscire a piegare la propria moralità alle esigenze del momento, nemmeno quando è a rischio la sua stessa sopravvivenza. La scelta di marcare in modo così netto la posizione dei protagonisti contro il razzismo e lo schiavismo sono solo alcune delle questioni capaci di dialogare con la contemporaneità che la stagione mette sul piatto, in modo forse un po’ didascalico ma sempre con un’onestà intellettuale disarmante e, soprattutto, con una rappresentazione realistica e cruda che non risparmia davvero nulla. Outlander è uno show che ha sempre interagito senza filtri con lo spettatore, con l’obiettivo dichiarato di offrire un intrattenimento autentico e, proprio per questo, diretto al suscitare emozioni in chi guarda.

I have no choice but to live with what you’ve done to me, but you will be forgotten.

Outlander – Stagione 4In quest’ottica non si può non saltare direttamente alle gioie e ai dolori che caratterizzano la storyline di Brianna, tra le più importanti della stagione. Caratterizzata come una donna forte e sicura di sé, alla ricerca di un’identità – Claire parla a Jamie di come sia molto indecisa sulla scelta del proprio futuro – e capace di prendere decisioni coraggiose – partire da sola per andare a salvare i genitori attraversando duecento anni di storia e due volte l’oceano –, Brianna è protagonista di una delle scene più inaspettate e potenti della serie. Si parla, se ci fossero dubbi, dello stupro violento perpetrato dal malvagio Stephen Bonnet al termine di “Wilmington”; al di là della rappresentazione della scena in sé, perfetta nel rendere visivamente l’impossibilità della donna di opporsi o sfuggire al criminale, ad essere importante è qui la scelta di soffermarsi sull’impassibilità del pubblico della locanda, totalmente asettico e incurante delle urla che provengono dalla stanza a fianco. Non è solo, dunque, la feroce raffigurazione di un crimine che tutt’oggi viene sottovalutato e minimizzato, ma anche e soprattutto la volontà di dimostrare come il silenzio e l’indifferenza possono essere crimini tanto gravi quanto quello di chi commette effettivamente la violenza; lo scopo, perfettamente riuscito, è quello di far sentire lo spettatore complice di quello che sta accadendo semplicemente perché non può fare nulla per impedirlo. Uno dei momenti più alti della serie coincide qui con il massimo grado di coinvolgimento emotivo di chi guarda, impietrito, ciò che sta accadendo su schermo; come si diceva, non è un caso che sia proprio questo uno dei punti di maggior forza dello show.

Se lo stupro è un momento di svolta importante per l’evoluzione del personaggio, allo stesso modo non è da sottovalutare il modo in cui gli autori si sono approcciati all’elaborazione del trauma. In particolare è significativo come Brianna faccia un enorme difficoltà a parlare di quanto successo, che addirittura affermi di sentirsi in colpa per non essere riuscita a difendersi dal suo aggressore. La colpevolizzazione della vittima è un altro dei problemi ancora oggi aberranti dei casi di violenza sessuale, un ragionamento che ha del torbido perché riesce a distogliere lo sguardo dal vero criminale e si accompagna ad una mentalità retrograda, per usare un eufemismo; non è un caso che nella serie sia proprio Jamie che, durante un litigio, arriva a sostenere che la figlia possa essersi inventata tutto e che in realtà abbia acconsentito a giacere con l’uomo per poi pentirsene solo in seguito. Non è assolutamente un dialogo out of character se si realizza che lo scozzese ragiona come un uomo del 1700 e che, oltre a incarnare la considerazione diffusa della donna di duecento anni fa, non sarebbe poi così strano sentirlo pronunciare le stesse parole nel 2019.

I don’t want you to live a half life. I would lay the world at your feet, Claire… but I have nothing to give you.

Outlander – Stagione 4Ad accompagnarsi alla profondità dei temi toccati dalla serie c’è sempre la splendida cornice narrativa che, come in ogni melodramma che si rispetti, richiede un’enorme sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore al fine di regalare colpi di scena incredibili, momenti epici e avventure nelle foreste del North Carolina. Lo show mette continuamente da parte un certo grado di realismo per costruire un mondo eterogeneo in cui possono convivere rurali tribù di nativi americani e lussuose cene di gala tra nobili, ma soprattutto nel quale gli incontri improbabili non risultano così fuori luogo se giustificati da una trama densa e ricchissima come quella di ogni episodio. L’opera di world-building e di edificazione di un parco di personaggi mai banali e tutti con le loro peculiarità, infatti, si amplifica e si espande: il ritorno di Murtagh, il rapporto Fergus-Marsali, la bontà di John Gray, la risolutezza di Jocasta, la determinazione di Ian. Nonostante nasca nella sua forma pura come una love story, Outlander è sempre di più un racconto corale, che si fregia della non banale abilità di non lasciare per strada nessuno dei suoi personaggi, tutti dotati di una propria individualità in modo da evitare facili manicheismi. Persino Stephen Bonnet, che fino a “Providence” rimane un personaggio bidimensionale, caratterizzato solo dalla sua crudeltà, con la visita in prigione di Brianna assume un minimo spessore, quanto basta per avere la possibilità di essere sfruttato ancora in futuro, lasciando  una strada aperta in tal senso che potrebbe rivelarsi molto utile.
Anche quest’anno il lavoro sui corpi dei personaggi è esemplare: Outlander conferma la sua particolare abilità di esprimere l’erotismo a livelli altissimi, regalando scene di sesso importanti e funzionali alla narrazione, a differenza della gratuità a cui ci hanno abituato moltissimi altri prodotti. La già citata scena di violenza che si pone in parallelo all’unione fisica tra Brianna e Roger temporalmente subito antecedente, al fine di evidenziarne le differenze e amplificare il senso di disagio nello spettatore, per esempio, o negli episodi finali il rapporto tra John Gray e il giudice invitato alla cena, che permette a Brianna di capire meglio le difficoltà del soldato in un periodo storico spietato nei confronti dell’omosessualità.

My name is Brianna. I’m your daughter.

Essendo una stagione che parla molto di genitorialità, biologica o acquisita, frutto della volontà o accettata per forza di cose, non si può non discutere dei ruoli di Jamie e Roger. Il primo si confronta con una figlia che non ha in realtà mai conosciuto prima dell’età adulta, di cui è padre biologico ma con la quale fatica a rapportarsi a causa di una distanza che non è stata solo fisica. Brianna è, infatti, cresciuta nel ventesimo secolo con Frank e fatica a chiamare “papà” un uomo di cui non aveva mai sentito parlare per quasi vent’anni. Jamie vive il rapporto con la figlia ritrovata costantemente infestato dal ricordo che lei ha di Frank, affrontando una comparazione che lo vede perdente in partenza. A riprova della sua frustrazione nel ruolo di padre ci pensano la visita di John Gray a Fraser’s Ridge e la relazione che il protagonista è costretto a instaurare con il giovane William, suo figlio biologico assolutamente inconsapevole delle proprie origini.

Outlander – Stagione 4Come se esistesse una sorta di circolarità beffarda, anche Roger deve affrontare, in chiusura di stagione, un dilemma che riguarda la scelta di crescere un figlio che non solo quasi sicuramente non è suo, ma il cui sangue potrebbe essere della persona che ha violentato la moglie. L’amore che lo ha spinto tra le braccia di Brianna e che gli ha permesso di avere la determinazione necessaria per sopravvivere anche dopo il più sconvolgente – e tragico – misunderstanding della serie, è anche la forza che lo aiuta a sciogliere i suoi dubbi e a ricongiungersi con la donna.
Si può criticare il finale per quanto riguarda il fatto che lasci troppo spazio ai buoni sentimenti e che l’assunto “amor vincit omnia” sia un esito troppo scontato persino per un melò così dichiarato come Outlander, ma se messo a confronto con la crudezza della stagione, è più che altro un elemento che va a bilanciare la narrazione, andando a regalare un minimo di sollievo alla coppia Brianna-Roger, ma anche a quella Claire-Jamie in quanto direttamente coinvolta nella vicenda e ben consapevole che le sfortune non sono ancora finite.

La quarta stagione di Outlander dimostra come la serie di Starz sia più solida e in forma che mai. Un gioiello soprattutto per quanto riguarda la scrittura dei personaggi femminili e per come sia in grado di interpretare alla perfezione alcuni dei problemi delle contemporaneità, inscrivendoli in un racconto di avventura che all’apparenza restituisce “solo” un intrattenimento di altissima qualità.

Voto: 8 ½

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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