
Le indagini di Guglielmo e Adso sui misteriosi omicidi avvenuti nell’abbazia porta i protagonisti ad addentrarsi sempre più a fondo nella biblioteca, dedalo ricolmo di cultura secolare e trappole mortali; ma a funestare l’animo dei due monaci, ancor più della ricerca dell’assassino, vi sono l’imminente disputa con Bernardo Gui per salvaguardare l’ordine francescano e i turbamenti amorosi di Adso, diviso tra i suoi obblighi spirituali e gli incontri clandestini con la ragazza senza nome di cui è innamorato. La progressione narrativa dei due episodi non vede ulteriori sviluppi oltre a quelli appena citati, e come se non bastasse vi è un insanabile squilibrio nello sviluppo dei vari nuclei tematici. Se nel romanzo di Eco e nel film di Jean-Jacques Annaud la componente di detection rappresentava il cuore pulsante della storia, la serie di Giacomo Battiato non sembra mostrare alcun interesse verso la scoperta del colpevole e i turpi misteri che si nascondono all’interno dell’abbazia.
Le sequenze di investigazione vengono trattate in maniera elementare e sbrigativa, quasi come se il regista e gli sceneggiatori volessero liquidarle il prima possibile per poi concentrarsi sulla ricostruzione storico-politica dell’epoca medievale e sulla componente sentimentale del racconto, concepite nel romanzo originale come la cornice perfetta di quello che è a tutti gli effetti un racconto giallo. Questo disaccordo tra le varie parti, accentuato da un montaggio lapidario che non crea omogeneità ma appesantisce ancor di più lo sviluppo narrativo, va inevitabilmente a danneggiare le performance degli interpreti, in particolare quella di John Turturro.

La storia d’amore tra Adso e la fanciulla, e la conseguente crisi mistica del giovane francescano, vengono messi in primo piano con uno stile poco sofisticato che non garantisce un corretto sviluppo psicologico dei personaggi, ma ulteriore spazio in questi episodi viene dato anche al rapporto morboso tra l’ex dolciniano Remigio e il deforme Salvatore. Stefano Fresi, come Ron Perlman nel film originale, riesce a dare fascino a un personaggio ambiguo e inquietante come Salvatore attraverso la fisicità e lo schizofrenico multilinguismo che lo caratterizzano, ma il flashback del suo primo incontro con Remigio è trattato con una tale sciatteria formale da far passare in secondo piano le riflessioni sull’intolleranza nei confronti del diverso che dovrebbe veicolare, dando ulteriore riprova di come tutte le sequenze riguardanti Fra Dolcino siano tra le meno riuscite di tutta la serie.

Questo sempiterno conflitto tra innovazione e tradizione è la metafora perfetta per descrivere le cause dell’inatteso insuccesso de Il Nome della Rosa: un prodotto televisivo che vuole inserirsi all’interno del panorama seriale contemporaneo ma si ritrova a seguire le orme di uno stile di rappresentazione a dir poco anacronistico. Le speranze per un ultimo colpo di coda sono ormai labili e la sensazione che resta è il rammarico per le potenzialità inespresse di una serie che, nel tentativo di rappresentare uno dei romanzi più complessi della letteratura moderna, è rimasta sopraffatta dal peso dell’opera originale al punto da perdere la propria identità.
Voto 1×03: 5
Voto 1×04: 5½

Non concordo molto con la stroncatura che questo sito da’ ai primi quattro episodi di questa serie TV. Sicuramente e’ diversa dalle serie americane che vanno per la maggiore, ma non e’ detto che se ne debba copiare per forza lo stile per piacere ad un pubblico in larga parte assuefatto a quel modo di trattare uno show televisivo.
Certo, come le mie due figlie, molti storceranno la bocca ed interromperanno la visione davanti alla mancanza d’azione, ai tratti pomposi e prolissi dello Sherlock Holmes in saio ed al tentativo (molto semplicistico) di fare anche qualche lezioncina di storia. Pero’ non mi sembra un lavoro fatto male. Del resto lo stesso libro di Eco non e’ certo un’opera mainstream ed adatta a tutti, il film lo era…
Insomma e’ una serie diversa, raccontata in modo diverso dalle produzioni americane, ma IMHO superiore a tanta altra fuffa che ci proviene dagli stessi USA ed anche da altri paesi.
Certamente non e’ tutto oro quello che luccica e sicuramente il tentativo di spalmare l’opera su tante ore sta finendo col annacquare tutto con sottotrame e flashback che potevano essere evitati (ma anche questo… c’e’ qualche serie TV contemporanea che non lo fa?).
C’e’ anche il tentativo di semplificare molto la trama e gli ingarbugliati passaggi del libro per venire incontro ad un pubblico che si sapeva trasversale, ed anche questo ci sta. Pure l’osannato film semplificava molto (e credo che senza il carisma di Connery ne avremmo un ricordo ben diverso…).
C’e’ poi da tener conto la necessita’ da parte della sceneggiatura di dover ri-raccontare una storia che quasi tutti conoscono, un giallo dove si sa gia’ sia chi e’ l’assassino sia le modalita’ degli omicidi e’ quindi abbastanza ovvio che cerchino di spostare l’attenzione dello spettatore su altri aspetti e sottotrame.
L’unico modo di renderlo avvincente sarebbe stato quello di chiamare il tenente Colombo… ;-P