Sono stati mesi lunghissimi quelli che hanno separato il finale della quarta stagione di Jane the Virgin da questa premiere, un arco temporale ancora più lungo considerando sia che si tratta dell’ultima annata della serie sia il modo con cui si è chiuso l’ultimo episodio, ovvero lanciando in pasto al pubblico uno dei twist narrativi più potenti della storia recente della televisione.
Sebbene Jane the Virgin sia uno show che negli anni è stato capace di mantenere una qualità media molto alta, la quarta stagione è considerata tra le più riuscite, anche perché ha avuto la possibilità di raccogliere i frutti delle annate precedenti. In particolare, la serie di Jennie Snyder Urman ha approfittato dell’ormai familiarità tra il pubblico e i personaggi per avventurarsi in territori inesplorati fino a quel momento, trattando con profondità questioni complesse come la bisessualità, il rapporto delle “vecchie” generazioni di immigrati con la cittadinanza americana e quello delle donne con lo spettro (che spesso si rivela avere una natura molto più che fantasmatica) del cancro al seno.
Tuttavia, proprio quando lo show sembrava aver messo – anche solo per un attimo – da parte l’aderenza alla tradizione della telenovela e ai suoi modelli narrativi, è arrivato uno dei colpi di scena più violenti di sempre, ottimamente anticipato dagli episodi precedenti e lanciato da un segmento narrativo finale che urlava “SORPRESA!” a ogni fotogramma. Dopo una stagione e mezza di assenza Michael è tornato in vita e non è né un sogno né un incubo, ma la cruda verità con cui si apre questa premiere. È di fronte a questa montagna che comincia quindi la quinta e conclusiva stagione di Jane the Virgin, una serie che di sicuro non ha paura del pericolo e che, per iniziare l’annata nella quale dirà addio per sempre ai suoi spettatori, ha alzato al massimo il coefficiente di rischio.
Un po’ come nelle gare di ginnastica, quando si alza il livello di difficoltà ci si può ritrovare a terra con le ossa rotte dopo un tonfo clamoroso oppure si possono raggiungere risultati impossibili da ottenere seguendo strade più sicure. Riportare in vita Michael significa per la serie tornare sul triangolo amoroso iniziale e quindi esporsi a potenziali critiche nel caso non ci dovesse essere davvero qualcosa di sensato da raccontare sui personaggi e sulla storia complessiva. Inoltre, come succede per tutti i twist così violenti, l’effettiva portata di questa svolta può essere valutata solo dopo aver conosciuto anche la giustificazione narrativa che l’autrice ha ideato.
La premiere della quinta stagione decide di non sfuggire a questi interrogativi, offrendo fin da subito una lunga serie di risposte (come già Urman aveva anticipato su Twitter), ponendosi quindi in antitesi rispetto a tutti quegli show che, per dare ulteriore importanza alle scelte drammaturgiche effettuate, decidono di posticiparne le rivelazioni a oltranza (qualcuno ha detto True Detective 3?). Incurante del rischio di giocarsi tutte le carte subito o, più probabilmente, consapevole che di carte ne ha una valanga, la serie riconsegna al pubblico un Michael in preda ad un’amnesia totale indottagli da Sin Rostro, la quale dopo aver inscenato la sua morte è riuscita a cancellargli la memoria con l’elettroshock, tanto da spingerlo a cominciare una nuova vita con il nome di Jason.
La resurrezione di Michael è uno di quegli eventi in grado di sconvolgere un’intera serie e l’episodio d’apertura di questa stagione – diretto benissimo (ma su questo ci torniamo) da Gina Rodriguez – ha la responsabilità di dedicarsi con la massima attenzione alla risoluzione del cliffhanger che tutti attendono da un anno, ma anche l’imperativo di non farsi fagocitare da questo obiettivo, vista la necessità di introdurre storyline dal più ampio respiro e capaci di condurre lo show alla sua conclusione.
Per far ciò Urman scrive un episodio che fa affidamento sulle principali caratteristiche dello show, esaltando quindi il perfetto equilibrio tra momenti fortemente emotional e altri dissacranti, tra l’attenzione all’approfondimento dei sentimenti e le continue prese in giro dei personaggi da parte del narratore, sempre fondamentale in quanto figura in grado di sdrammatizzare i momenti più intensi, e questa volta forse ancora più essenziale del solito.
Gli effetti dell’esplosione narrativa generata dal ritorno di Michael sono mostrati con dovizia di particolari nel corso dell’episodio, oltre che utilizzati dalla serie per riprendere le vicende di tutti i personaggi e dare così la possibilità agli spettatori di re-inserirsi pienamente all’interno della narrazione evitando però l’effetto recap. Il ritorno del personaggio interpretato splendidamente da Brett Dier si riflette in maniera diversa su ogni personaggio della serie, passando dal devastante impatto sulla protagonista fino all’esilarante reazione di Petra, la quale inizialmente non sembra neanche accorgersi della presenza di Michael.
“Chapter Eighty-Two” è uno degli episodi più importanti della serie fino a questo momento e non è un caso che sia scritto dalla sola Jennie Snyder Urman, ma forse è ancora più significativo che alla regia ci sia proprio Gina Rodriguez, che già ha diretto un ottimo episodio lo scorso anno e in questo caso si dimostra un’eccellente regista.
A questo proposito è impossibile non parlare del pianosequenza che sta al centro dell’episodio, un momento in cui la qualità della serie tocca vette vertiginose, soprattutto se si considera che si tratta di una lunga sequenza che si pone in discontinuità con lo stile tipico di Jane the Virgin. Nel mettere in scena le ripercussioni del ritorno di Michael sull’emotività di Jane, Urman e Rodriguez scelgono di caricare al massimo il momento adottando soluzioni radicali: ne viene fuori una macrosequenza di sette minuti interamente girata in continuità, con Alba e Xiomara (e tutti noi davanti allo schermo) a fare da spettatrici di una straordinaria esibizione interpretativa di Gina Rodriguez che porta avanti per tutta la durata della scena un monologo indimenticabile.
Una volta sola con le donne più importanti della sua vita, Jane può finalmente tirare fuori tutto ciò che a dentro, lasciando andare quel magma emotivo che la sta facendo esplodere e che emerge in superficie a scatti improvvisi, come se ci mettesse un po’ a sfondare il muro costruito dal super io della protagonista. Il ritorno di Michael è uno scossone micidiale per Jane, non tanto per la sua vita sentimentale (sulla quale sembra – fortunatamente per Rafael e per tutti gli spettatori che si sono affezionati alla loro coppia – non avere reali dubbi), quanto per il suo non riconoscersi più. Una parte importante di ciò che è attualmente, infatti, è figlia della forza con cui ha superato il lutto, del coraggio con cui ha guardato avanti imparando a essere una madre single, inciampando e alzandosi volta dopo volta, rinascendo più forte di prima. Il ritorno di Michael la fa sentire cancellata, come un personaggio di un videogioco che ritorna al punto di partenza senza però poter (né voler) eliminare tutto ciò che nel frattempo è diventata e ha imparato; è come se l’intero libro all’interno del quale ha scritto la propria vita e sviluppato la propria personalità fosse stato stracciato, lasciandola in balia di dubbi sulla propria autodeterminazione proprio nel momento in cui si sentiva più forte.
Il ritorno di Michael apre uno squarcio enorme anche nelle certezze di Rafael, mettendo in scena tutte le fragilità di un uomo che fino a quel momento ha compiuto un percorso di crescita encomiabile, sia per quanto riguarda il rapporto con la carriera, sia rispetto al suo ruolo di padre e partner. Ritrovarsi faccia a faccia con Michael significa dover fronteggiare un fantasma la cui pericolosità non immaginava neanche, finendo per sprofondare in un attimo in un abisso dal quale fa una fatica enorme a risalire da solo. Di colpo si sente messo da parte, soprattutto per via delle memorie di un passato (che per noi spettatori è soprattutto la prima stagione) in cui più volte Jane ha preferito Michael a lui, derubricandolo spesso a oggetto del desiderio e strumento di evasione. Rafael nel frattempo però è cambiato ed è proprio la consapevolezza di essere una persona diversa, che in questi anni ha conquistato il cuore della donna amata, che lo fa sentire ancora più sopraffatto, schiacciato dall’incubo di poter perdere tutto in un attimo. Più ancora che la paura concreta che Jane lo molli di nuovo per Michael, è fortissima in lui la sensazione di essere in un baleno diventato un estraneo a casa della famiglia Villanueva, di rischiare di scomparire per quelle persone a cui si era legato in maniera profondissima e da cui si era recato per chiedere la mano di Jane.
Si tratta di impressioni dovute soprattutto all’autosuggestione, perché la famiglia di Jane in questa premiere fa di tutto per essere vicino a Rafael e non farlo sentire abbandonato e messo da parte, consapevole che in questo momento è proprio lui una delle persone più fragili. È davvero commovente sotto questo punto di vista il rapporto tra lui e Rogelio, due modelli di mascolinità lontanissimi da quelli tradizionali, figure innovative e capaci di mettersi continuamente in discussione senza vivere nell’incubo di apparire vulnerabili. Il padre di Jane, in particolare, è in questo caso al centro di una tormenta emotiva che lo vede da una parte alle prese con il ritorno di quello che era a tutti gli effetti il suo migliore amico, una delle persone più importanti della sua vita, dall’altra impegnato a stare al fianco di Rafael, ovvero uno dei responsabili principali della felicità di sua figlia, oltre che il suo futuro genero.
“Chapter Eighty-Two” è un episodio perfetto, che in poco più di quaranta minuti vola alla velocità della luce raccontando così tante vicende che per altre serie ci vorrebbe mezza stagione, senza mai rischiare di perdere l’equilibrio ma tenendo sempre al centro del discorso l’assoluta consapevolezza di ciò che si sta raccontando, a cominciare dal narratore, vero baricentro drammaturgico e stilistico dello show.
All’interno di questa formidabile premiere Jennie Urman non dimentica di riprendere il discorso su colei che l’anno scorso è diventato uno dei personaggi più importanti, Petra, che da antagonista della serie è cresciuta in maniera esponenziale, rappresentando oggi una delle figure più complesse dello show. La sua relazione con J.R. (interpretata da una Rosario Dawson magnetica come non mai) sembra al capolinea, ma potremmo essere piacevolmente stupiti, visto l’amore per i colpi di scena dell’autrice, che anche in questo episodio non sembra affatto volersi affievolire, esaltato anche dal talento comico di Yael Grobglas.
La quinta stagione di Jane the Virgin inizia come meglio non si poteva, offrendo una vera e propria lezione di televisione, dimostrando ancora una volta di poter raggiungere livelli qualitativi elevatissimi attraverso l’utilizzo dei trope della telenovela.
PS: la lista dei momenti esilaranti è lunghissima, ma vogliamo ricordare almeno la convinzione con cui Rogelio cerca di essere riconosciuto da Michael, la transizione su Star Wars dopo la citazione della celeberrima battuta di Han Solo, Michael che è così diverso dall’uomo che era da essere addirittura attratto da Petra (la faccia che fa Gina Rodriguez non ha prezzo) e la competizione tra cani e gatti per via della new entry Bo.
Voto: 10
Bentornato JTV e complimenti per la recensione, Attilio. Come giustamente fai notare tu, il monologo centrale di Jane è davvero stupendo, e non usuale per lo show. Io non sono cosî convinto che, alla fine della fiera, Jane sceglierà Rafael. Certo se la competizione è con questo Michael smemorato (e apparentemente preso da Petra), ci sta. Ma che succederà quando la memoria di Michael tornarà? Magari a ridosso del matrimonio tra Jane e Rafael. Ho idea che su questo dilemma si giocherà l’ultima stagione e non so, in questo momento, immaginare come andrà a finire.