Vida – Stagione 2


Vida - Stagione 2Parlare di Vida vuol dire affrontare argomenti diversi, fili che si intrecciano e si separano come se vivessero vite separate ma fossero figlie di un unico gomitolo. Vuol dire parlare di identità del singolo (queer, ma non solo) e al contempo di comunità; di cosa voglia dire essere “famiglia” e di cosa comporti sia negli aspetti positivi che in quelli negativi; di tradizione da mantenere a tutti i costi e di innovazione necessaria per sopravvivere. Il nodo in cui tutte queste storie si ritrovano è proprio Vida, nella sua duplice accezione: Vidalia Hernandez, la defunta madre di Lyn ed Emma; e Vida, il locale (e per estensione l’edificio) lasciato in eredità dalla donna alle figlie e alla moglie.

E forse è proprio il concetto di “eredità”, non certo solo materiale, a farsi strada come colonna portante di questa seconda stagione, dieci episodi che riescono – dopo gli introduttivi sei della prima annata – a scavare molto più a fondo nelle protagoniste di questa storia e nel loro bagaglio emotivo, sconquassato dalla morte di Vida, ma anche nelle vite del quartiere di Boyle Heights, dove va in scena la nostra storia. Una zona della East L.A. in cui gli scontri tra chi vuole tenere viva la tradizione messicana (l’eredità come patrimonio intangibile, l’essere latinx) e chi vuole cambiare tutto (la temutissima gentrification incarnata da Nelson) dividono il mondo in bianco e nero, al punto da non far tenere in considerazione nemmeno l’esistenza di una via di mezzo, nemmeno se perseguita con il solo scopo di sopravvivere. È l’eterno scontro tra passato e futuro che cerca nel presente una costante mediazione: nel rapporto tra le due diversissime sorelle e nella loro altrettanto diversa elaborazione del lutto, che passa per entrambe attraverso un confronto con cosa sono state e cosa vogliono essere; nella ricerca di equilibrio di Eddy, che deve affrontare un futuro senza la donna amata e – come vedremo – senza più avere le stesse certezze su di lei; nel locale stesso, infine, che per tutta la seconda stagione rimane, come le protagoniste, alla ricerca di una sua identità in un’infinita sequenza di compromessi, dove perdere un pezzo di storia può farne guadagnare un altro oppure far perdere completamente l’essenza di quello che il locale è stato.

Listen, being a brother, a sister, it’s all garbage.
We’re stuck with these people just because we share DNA?
What does that even mean?

Per entrambe le sorelle Hernandez la seconda stagione coincide come si diceva con un maggior approfondimento nelle loro identità, messe in crisi (volenti o nolenti) dalla perdita della madre; ma è anche la stagione che certifica come il loro equilibrio, il loro riconoscere se stesse e l’altra come ciò che sono sia l’unica chiave che possa tenere vivo il locale e, di fatto, la loro stessa storia.
Vida - Stagione 2Lyn, che apre la stagione con una scena di un’orgia piuttosto inaspettata a cui fa seguito una altrettanto inaspettata dichiarazione di astinenza, si ritrova ancor più che nella prima stagione a fare i conti col suo corpo e con il rapporto ambivalente che ha con questo, ma soprattutto con le origini di questa ambiguità: una bellezza consapevole che è al contempo profondamente incerta, minata alla radice da tutte quelle frasi che a partire da sua madre fino al presente le vengono ripetute come un mantra e che l’hanno portata ad identificare la sua bellezza come unico valore, quindi da una parte da coltivare il più possibile – in un modo che però non sarà mai abbastanza – e dall’altra vissuto come un limite per chi in lei vede solo quello e non una donna con delle risorse e delle capacità. L’invito a sfruttare ciò che la natura le ha donato è diventato per lei un implicito limite per la scoperta delle sue vere possibilità: ed è per questo che l’orgia di corpi bellissimi a inizio stagione diventa simbolicamente parte di un discorso più ampio che non comprende solo il piacere ma proprio il rapporto con se stessi, che risponde all’imperativo “non mi basta più, io da questa vita e da me voglio altro”. Certo, non è una strada tutta in discesa: imparare ad adempiere ai propri compiti e a rispondere delle proprie responsabilità non è certo una cosa che si impara in poco tempo, per non parlare dell’astinenza che dura davvero molto poco. Eppure, nel corso della stagione, Lyn impara a comprendere i propri errori e a cercare di porvi rimedio a modo suo, con risultati spesso confusi ma che la porteranno, alla fine, all’agognato riconoscimento da parte della sorella – “You did good” – che era poi l’unico davvero anelato. La percezione di essere “quella sbagliata” (derivata anche dalla famosa limpia di Dona Lupe della prima stagione) riesce qui, anche se spesso a fatica, a lasciar spazio a qualcos’altro, che è rivendicazione di poter essere qualcos’altro, e questo senza rinunciare alle sue responsabilità: il suo voler gestire la parte musicale del locale non è portato avanti solo per essere parte integrante del progetto, ma anche per dimostrare a se stessa prima ancora che agli altri che anche lei può essere capace di prendersi responsabilità, e di conseguenza anche di risponderne – economicamente, nel tempo, ripagando per le famose bollette delle carte di credito. Sul versante emotivo, il discorso si sposta inevitabilmente in avanti: il rifiuto di Johnny, il loro riavvicinamento e la brusca interruzione dettata dal travaglio di Karla sono per Lyn la conferma che tra di loro continua a esserci un legame, ma che con un figlio in arrivo niente potrà più avere quella leggerezza da lei tanto agognata.

Vida - Stagione 2Una trasformazione radicale avviene anche per Emma, la più razionale delle sorelle: quella con la testa sulle spalle, lo spirito di sacrificio – sempre e comunque vissuto con l’astio di chi con il lutto non ha ancora fatto i conti – e il pugno di ferro per prendere le decisioni che vanno prese. Questa seconda stagione fa un lavoro impeccabile nel decostruire pezzo per pezzo il personaggio di Emma, evidenziandone di volta in volta tutte quelle scelte che, se da un lato sono viste come necessarie, dall’altro sono affrontate come se non comportassero alcun coinvolgimento emotivo, che invece viene svelato poco per volta, grazie all’intervento di personaggi esterni che nel bene e nel male assestano colpi ben piazzati nella sua (apparentemente) coriacea identità.
Il rapporto con Cruz non poteva che finire male proprio per scarse affinità (in questo caso non certo per l’eccessiva rigidità della protagonista): ed è il personaggio di Nico, vera chiave di volta di questa stagione e non solo per questo arco narrativo, a far emergere il problema prendendo le parti della protagonista durante la discussione alla festa di matrimonio. Emma si è già sentita sbagliata e più di una volta, a causa di sua madre e dell’essere stata cacciata di casa proprio per quello che era: sentirsi rifiutata e presa in giro solo perché non aderisce al “canone queer” imposto dal gruppo è qualcosa che Emma non può, giustamente, sopportare, mentre a livello di scrittura la scena si rivela come una solida critica a chi, anche nel mondo LGBTQI+, pretende di estendere una verità assoluta che valga per tutti e che se non viene applicata fa di quella persona automaticamente un outsider, o uno che deve ancora crescere (“baby-queer”).

Vida - Stagione 2È Nico a prendere le difese di Emma ed è da lì che nasce un rapporto che progredisce in modo molto lento e ben calibrato, che trova il suo sviluppo completo solo nell’ultimo episodio ma che attraversa, puntata dopo puntata, ogni singolo stadio dell’avvicinamento (e parziale allontanamento) tra le due. Nico è quella che riesce a stare vicina ad ogni personaggio in crisi all’interno della serie (Eddy, Marisol, Lyn) senza prendere parti e senza per questo risultare ipocrita, ma è anche l’unica che trova il coraggio – proprio a causa di quello che prova – di dire a Emma quello che chiaramente nessuno ha il coraggio di dirle: che la sua rigidità è figlia di una emotività repressa, nascosta per se stessa e di conseguenza rifiutata negli altri (come ad esempio proprio per il discorso del lutto); e che se entrambe provano qualcosa l’una per l’altra non vuol “dire niente”, anzi, “vuol dire tutto”.
Tra le tante scene di sesso presenti nella stagione, quella tra le due nel season finale ambientata nel bagno del locale potrebbe sembrare quella più “sporca”, se volessimo giudicarla dal luogo in cui avviene; ed è invece la più intima mostrata fino a quel momento, soprattutto perché è l’unica volta in cui vediamo Emma veramente libera. La lunghezza della scena, lungi dall’essere morbosamente attaccata ai corpi per un gusto voyeur, ha al contrario il sapore del tempo affrontato nel modo giusto, anche nei dettagli che meno ci aspetteremmo di vedere in una serie TV – la scena di Nico che si lava le mani prima di toccare Emma è uno di quei motivi per cui il female gaze della serie (la writers’ room è tutta latinx e con persone che si riconoscono come femmine, le registe sono tutte donne) è qualcosa da tenersi ben stretto.

Vida - Stagione 2Emma e Lyn sono molto vicine per metà della stagione, proprio perché pur nelle loro differenze l’obiettivo comune del locale e del condominio le avvicina, le costringe in qualche modo a confrontarsi; la scoperta delle bollette provoca una temporanea rottura dolorosissima eppure necessaria ad entrambe per la loro crescita. Emma, che da sola si trova a dover affrontare le conseguenze del suo comportamento con il tuttofare Baco e del suo essersi comportata male con lui, e Lyn, che costretta a muoversi da sola deve imparare a fare affidamento a tutte le sue risorse, si riuniranno solo nel finale, a difesa del pub, a dimostrazione di come le due sorelle siano assolutamente complementari, l’una necessaria all’altra – per sopravvivere e anche per portare avanti il lavoro. Emma è razionale, rigida, necessaria per far quadrare i conti; Lyn è casinista, emotiva, spirituale: solo smussandosi a vicenda e spingendo l’altra al di fuori della propria comfort zone le due sorelle possono funzionare, come famiglia e come imprenditrici.

Which means that Vida lied to me. This whole time, she lied to me.
And she lied to them.

Vida - Stagione 2Altro elemento destabilizzante e al contempo inevitabilmente parte della famiglia è costituito da Eddy, reduce dal pestaggio della prima stagione e con la quale viene continuamente procrastinato un confronto che, come prevedibile, arriva nel momento più sbagliato di tutti: la scoperta che il matrimonio con Vidalia non ha valore legale così come non ce l’ha il testamento libera sicuramente Emma del pensiero di dover coinvolgere la donna nelle scelte del condominio, ma non libera nessuno dal fatto che Eddy era la moglie di Vidalia, con o senza documento – perché la famiglia non è certo qualcosa che vale solo su un pezzo di carta. Il confronto di Eddy col lutto, che passa per scene devastanti come quella della maglietta lavata per errore da Marisol, è un dolore continuo che però si avvale della forza dell’amore, che va avanti “in nome di quello che c’è stato”; ed è quando Eddy scopre che il marito di Vida, Victor Villanueva, non è mai morto, e che quindi le bugie della donna non sono ancora finite ma soprattutto hanno coinvolto anche lei, che tutto va in pezzi.
È una parte poco affrontata, questa, e che traccia la strada per la già preannunciata terza stagione – come la prenderanno le sorelle Hernandez? Don Fulgencio è davvero padre di una delle due? Quali altri misteri Vidalia si è portata nella tomba? –, mentre questa annata si dedica di più come dicevamo al concetto di eredità. La necessità di Eddy di sentirsi inclusa nelle scelte del locale, del murales, del condominio, il suo dire “I have a say” non è per reclamare chissà quale mania di possesso, ma proprio per rimanere legata a Vida attraverso il locale che ora porta il suo nome e le proprietà che lei le ha lasciato, che hanno un valore affettivo tanto quanto ce l’aveva quella maglietta chiusa ermeticamente per poter sentire ancora il suo profumo.

Vida - Stagione 2Troviamo infine Marisol, forse il personaggio cui è stata data meno attenzione in questa stagione – la gestione della sua storia con Tlaloc aveva molto da offrire, visto le basi su cui poggiava, ma il poco screentime a disposizione ha fatto sì che tutto il lavoro sulla fiducia e il consenso fosse più ridotto di quanto sarebbe stato necessario. E tuttavia è lei la chiave tra le sorelle Hernandez e l’accusa di gentrificazione: perché se da una parte Marisol fa parte dei Vigilantes, dall’altra è stata accolta sia a livello lavorativo che di vita da quella famiglia che sta solo cercando un modo di sbarcare il lunario, e Marisol non riesce – neanche alla fine, motivo per cui se ne andrà di casa – a farsi da tramite tra le due parti. O meglio, riesce a farlo solo in parte: se tra i Vigilantes non è in grado di imporsi per bloccare l’attacco al locale e più che cercare di spostare l’obiettivo della rappresaglia non riesce a fare, nella conversazione con Emma riesce invece a far capire come quei cambiamenti (nel locale, del murales) vengano presi dalla comunità. Il concetto di “erasure”, di cancellazione, è alla base dei conflitti interni al quartiere, con la differenza che se c’è qualcuno che è effettivamente colpevole di voler calpestare la Storia e la tradizione in nome del denaro (Nelson), c’è chi invece lo fa solo se costretto, solo se attirare un certo tipo di pubblico o mettere un murales nuovo serve a tenere in piedi un pub gestito comunque da gente del luogo.
Questo senso di dentro/fuori, di bianco/nero pervade una comunità che invece, a livello narrativo, richiede e urla di essere raccontata con tutte le sue sfumature, soprattutto quelle che di sé più rifiuta: in questo senso Tanya Saracho e la sua writers’ room fanno un lavoro eccezionale nel mostrare l’immobilismo che blocca ogni possibilità di dialogo, e al contempo come un singolo mattoncino spostato, o una parola detta al momento giusto possano innescare una reazione a catena dalle conseguenze imprevedibili.

Vida, con la seconda stagione, approfitta dei suoi dieci episodi per estendersi al meglio e raccontarci ancora più in profondità questa storia che è tanto contemporanea quanto ci ricorda in ogni istante di arrivare da molto, molto lontano. Quasi tutte le parti ne traggono vantaggi positivi e ciò che ne emerge è uno show sull’inclusività di ogni sorta, sull’accettazione di se stessi e degli altri e sul confronto costante con il proprio passato per poter affrontare ogni nuovo passo del futuro.

Voto: 8½

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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