The Marvelous Mrs. Maisel – Stagione 3 1


The Marvelous Mrs. Maisel - Stagione 3Dopo due stagioni di grandissimo successo, The Marvelous Mrs. Maisel avrà bisogno di rinnovarsi per restare rilevante? Non possiamo saperlo, ma immaginiamo che Amy Sherman Palladino si sia posta proprio questa domanda al momento di iniziare a costruire la terza annata della hit di Amazon Prime Video.

Nel 2017, la signora Maisel si affacciava sui nostri schermi come una forza della natura, un personaggio femminile completamente diverso da quelli che avevamo visto fino ad ora, dipinta con spirito femminista pur non essendolo in maniera classica, in grado di farci ridere e dimenticare i walk-n-talk sorkiniani per far posto nei nostri cuori a deliranti e musicali piani sequenza fitti di battute e vestiti svolazzanti. Nel 2019, tutto questo è ancora abbastanza? La TV è cambiata, cresciuta ad un ritmo forse più veloce della stessa Miriam Maisel, che pure ne ha passate di tutti i colori, e quelle che prima erano entusiasmanti novità adesso rischiavano di essere qualcosa a cui ci si era, banalmente, abituati.

E infatti, all’inizio della stagione l’impressione è proprio questa: bella come sempre, ma appunto come sempre. Non che una serie debba fare particolari salti mortali, forzare una qualche evoluzione o mostrarsi necessariamente diversa da ciò che era quando è iniziata per poter ancora essere degna di attenzione, anzi. Spesso è proprio la coerenza stilistica a determinare il successo di una nuova stagione, specie se ciò che c’è stato prima ha lasciato un buon ricordo. Tuttavia, il rischio dietro l’angolo è sempre quello di sedersi sugli allori, abusando di quelle strutture che hanno fatto il successo del prodotto e svuotandolo della sua anima in favore di un pigro manierismo.

The Marvelous Mrs. Maisel - Stagione 3Dopo qualche puntata, però, nonostante il come sempre rimanga ben presente, succede anche qualcos’altro: Sherman Palladino decide di sfruttare l’elemento di novità della stagione e di farlo su due piani diversi, ovvero quello del linguaggio e quello dei contenuti. Da un lato, infatti, si serve della scusa del tour di Shy Baldwin per trasformare la serie in una specie di musical, mostrandoci una grande quantità di performance della band e del cantante ed integrandole con maestria nella cornice più ampia del racconto. Il fascino dell’atmosfera anni ‘50, anzi ormai “it’s the ‘60s, Man!”, si fa ancora più vivido, grazie ad un lavoro straordinario che combina in maniera brillante regia, costumi e scenografia.

Dall’altro, e questo è forse l’aspetto più interessante (anche se non per questo il più riuscito), usa l’allontanamento di Midge da New York e dalla sua comfort zone per allargare lo sguardo su una realtà maggiormente complessa di quanto la signora Maisel abbia mai avuto contezza, nella sua torre d’avorio dell’upper west side. Lo scontro indubbiamente più forte è quello di stampo razziale: in un percorso che culmina con lo show ad Harlem, Midge e Susie si imbattono per la prima volta con questioni che non hanno mai dovuto/voluto trattare, come del resto Amy Sherman Palladino. Accusata di poca sensibilità soprattutto sotto questo profilo, l’autrice si è sempre mossa in un territorio spiccatamente “bianco” e borghese, ma era giunto il momento di far conoscere alle sue eroine realtà più sfaccettate per poter effettivamente lavorare ad una crescita credibile dei personaggi. Cosa poteva imparare la signora Maisel, una volta aver affrontato i pregiudizi sessisti, il rifiuto dei genitori, la dura vita dello show business? Per evolvere era necessario sporcarsi un po’ più le mani, andando ad attaccare la natura squisitamente borghese e privilegiata del personaggio.

The Marvelous Mrs. Maisel - Stagione 3Certo, è un approccio palladiniano, quindi mai aggressivamente politico, ma è giusto così e non potrebbe essere altrimenti. Rimane in ogni caso un passo inevitabile, perché siamo entrati negli anni ‘60, come ci ricordano i giovani amici di Abe e soprattutto le sue crisi esistenziali. Nel mondo fatato della meravigliosa signora Maisel entra in punta di piedi la segregazione razziale, il maccartismo, il sessismo più feroce e anche la discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

Tutti i personaggi, simbolicamente, si aprono a nuove realtà e si spostano anche spazialmente (Joel a Chinatown, i Weissman e i Maisel nel Queens, il tour di Midge e Susie): il movimento, quindi, è il vero tema della stagione, e proprio quando tutto sembra tornare al punto di partenza con l’acquisto della vecchia casa – anche se dotata di una consapevolezza tutta nuova –, ecco che quel continuo spostarsi si conclude con una bella porta in faccia. La cacciata dal tour è un finale perfetto a compimento di un percorso che fino a quel momento era sembrato una passeggiata, e forse era proprio questo il vero problema.

Midge è entrata in un mondo che non era il suo e ha imparato dai propri errori, ma non basta passare un po’ di tempo con chi è meno privilegiato di te per toglierti di dosso in un attimo tutte le sovrastrutture che hanno sempre determinato la relazione tra le due parti. Alla scoperta dell’omosessualità di Shy, la comica non batte ciglio, ma non è sufficiente offrire il proprio supporto in un momento di difficoltà per dirsi pienamente “guariti” dall’omofobia. Nell’affrontare la questione, Palladino è stata magistrale: quando sceglie di dipingere Shy come un uomo effeminato e vanitoso, infatti, la protagonista non sfrutta malignamente e in maniera consapevole quello stereotipo per i propri interessi, lo fa senza pensarci e senza alcuna malizia. Eppure lo fa, ed è questo che fa soffrire Reggie e impedisce a Shy di perdonarla.

Nell’economia della stagione è un finale perfetto, e in quello della serie un bello schiaffo al concetto di come sempre. Siamo abituati a vedere Midge vincere, mentre nella terza annata fallisce con un’incidenza sempre maggiore, finché non compie un errore fatale che le costerà il suo sogno (almeno per ora). L’umanizzazione di un personaggio così idealizzato, per quanto tridimensionale, è un’operazione delicata, anche quando è applicata a Susie e alla sua dipendenza dal gioco. Ancora una volta, però, Palladino si dimostra una grandissima autrice, in grado di evolvere insieme alle proprie creature senza rinunciare ad una briciola del proprio stile.

Voto: 8

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Francesca Anelli

Galeotto fu How I Met Your Mother (e il solito ritardo della distribuzione italiana): scoperto il mondo del fansubbing, il passo da fruitrice a traduttrice, e infine a malata seriale è stato fin troppo breve. Adesso guardo una quantità spropositata di serie tv, e nei momenti liberi studio comunicazione all'università. Ancora porto il lutto per la fine di Breaking Bad, ma nel mio cuore c'è sempre spazio per una serie nuova, specie se british. Non a caso sono una fan sfegatata del Dottore e considero i tempi di attesa tra una stagione di Sherlock e l'altra un grave crimine contro l'umanità. Ah, mettiamo subito le cose in chiaro: se non vi piace Community non abbiamo più niente da dirci.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Un commento su “The Marvelous Mrs. Maisel – Stagione 3

  • Genio in bottiglia

    Grazie per la recensione, Francesca. Dal mio punto di vista, la porta in faccia finale è un po’ telefonata, inevitabile dal punto di vista narrativo (un’altra stagione al seguito del cantante, o uno skip temporale piazzato in un periodo tanto importante, sarebbero potuti risultare poco digeribili). E invece Susie che perde (anche) i suoi soldi e la cacciata dal tour ora che ha acquistato casa ci portano ad interrogarci sul futuro finanziario della nostra eroina. Su quello sentimentale mi pare che ci si muova verso Lenny Bruce, con rallentamenti inutili ma tant’è. Comunque la serie resta un gioiellino!