Hunters – Stagione 1 3


Hunters - Stagione 1Certe storie vanno ancora raccontate, su questo non c’è dubbio; nessuna idea dovrebbe mai essere tacciata di banalità, se ancora non ha avuto possibilità di realizzarsi. Quando accade, il filo della narrazione non si deve perdere, o si rischia di confondere, dividere e spezzettare le potenzialità di vicende che avrebbero meritato qualcosa di diverso.
Hunters ha tante anime: il B Movie, il racconto della memoria, la satira sociale, tutti elementi che rischiano di cozzare fra loro se non dosati a dovere e con il giusto rispetto; un rischio che lo show decide di assumersi, nonostante la delicatezza dei temi trattati. La domanda è se sia riuscito a trovare un’armonia alla sua pluralità.

Il creatore David Weil è una penna relativamente nuova, ma è spalleggiato da veterani come Jordan Peele e Nikki Toscano in qualità di produttore e produttrice esecutivi e vanta la partecipazione nel cast di una leggenda come Al Pacino. La storia è un tentativo di veicolare le sensazioni dei racconti della nonna di Weil, sopravvissuta della Shoah, ad una narrazione seriale che si giostra fra la serietà e la satira, data la preponderante influenza di pellicole più spregiudicate e di nicchia. Lo show ha debuttato sulla piattaforma Amazon il 21 Febbraio e non è stato esente da controversie e polemiche, anche da parte della Associazione Auschwitz Memorial, a causa di alcune scene che nella triste storia dei campi non sono mai avvenute.

Ovunque sia la ragione, la natura della serie è chiara sin dalla trama.
New York, 1977: il giovane Jonah Heidelbaum vive con la sua safta (nonna in yiddish) Ruth una vita in bilico, sino alla fatidica notte in cui uno dei rifugiati clandestini della Germania nazista la uccide, cambiando totalmente la sua vita. Emblematiche sono le ultime parole, che saranno uno dei punti cardine della serie, definendo il cammino sanguinoso del nipote:

You can’t hide.

Hunters - Stagione 1Al funerale, Jonah viene avvicinato da Meyer Offerman, vecchia conoscenza della safta, che lo prende sotto la sua protezione e introduce ad un’eterogenea squadra degna degli eroi dei suoi fumetti preferiti: gli Hunters, un’organizzazione di cacciatori dei nazisti rifugiatisi negli Stati Uniti dopo la guerra, volta ad impedire la formazione del Quarto Reich.

Ancor più che gli intrecci della vicenda, la squadra di Meyer è la spina dorsale dello show. Ognuno viene presentato e presentata durante un Bat Mitzvah, occasione per introdurre i cacciatori attraverso una meta-scena dal sapore tarantiniano. La squadra è abbastanza eterogenea da accattivare immantinente lo spettatore, complici una recitazione sempre di buon livello e le continue strizzate d’occhio all’immaginario collettivo odierno che si ha riguardo agli anni ’70. Opposti ai cacciatori, i predatori, neonazisti la cui raffigurazione rimane pericolosamente in bilico fra l’antagonismo caricaturale e riferimenti ad estreme prese di posizione odierne. C’è chi rimane coinvolto nel fuoco incrociato: Millie Morris (Jerrika Hinton, Grey’s Anatomy, Servant) è la classica agente dell’FBI ligia al dovere, che, come da copione, si trova invischiata suo malgrado in questa tenzone sotterranea fra sopravvissuti dell’una e l’altra barricata. Tenzone perché così il conflitto è trattato sin dalla sequenza d’apertura, davvero ben realizzata: pedine con le fattezze di protagonisti e antagonisti della serie si muovono su una grande scacchiera, altro elemento che tornerà più volte nel corso della narrazione.

Hunters - Stagione 1Fra premesse e nomi importanti, Hunters offre molto sulla carta: un conflitto che forse mai finirà di aver qualcosa da dire, tematiche importanti e un’ambientazione accattivante. Ma le succitate rimangono premesse e Hunters  rivela le difficoltà nel realizzare a pieno le influenze a cui attinge.
I personaggi sono uno dei punti di forza dello show, ma al contempo mostrano le prime crepe di un prodotto che vuole far tanto e si risolve a non concludere abbastanza. Gli Hunters possiedono personalità definite, ma se si escludono Jonah e Offerman, nessuno di loro ha un arco davvero convincente. Ci sono spunti interessanti per quanto classici: Roxy è una mamma, Lonny è una meteora del mondo dello spettacolo, Joe è un reduce del Vietnam e così via e non mancano momenti in cui ognuno dei volti di Hunters si anima di un’identità propria, ma senza assistere a veri e propri passi in avanti negli archi dei rispettivi deuteragonisti, perché si intravedono solo scorci occasionali sulle loro motivazioni, alle volte così artificiosi o sbrigativi che è difficile inquadrarli davvero. Lo show si concentra su di loro troppo poco e troppo in fretta; un esempio è il rapporto di Lonny col padre in “The Great Ole Nazi Cookout of ’77”, che diventa di punto in bianco caratterizzante per il personaggio.
Un discorso diverso vale per i coniugi Markowitz: la storia di Mindy e Murray è forse la sottotrama più riuscita della prima stagione. La stoyline è sapientemente giostrata, riuscendo ad essere toccante nel rapporto che lega i due genieri e permettendo una forte partecipazione emotiva al lutto per la morte prematura del figlio, così come alla dipartita eroica di Murray. Davanti al regalo di Harriet, il loro struggimento è reale almeno quanto è stata reale la gioia per il matrimonio della figlia. Attraverso i Markowitz, Hunters ha il merito di introdurre profonde problematiche morali, sebbene mai affrontandole di petto.

Hunters - Stagione 1A metà della scacchiera abbiamo Millie, un’agente FBI che vive con la compagna in segreto, gravata da una tragedia in famiglia che incombe e nel bel mezzo di una cospirazione governativa. Anche qui lo show ha voluto presentare un personaggio, ma non è andato oltre nell’esplorarlo. L’arco narrativo della coraggiosa tutrice della legge è stato abbastanza coinvolgente, fra eventi storici reali e romanzati, e funge da contraltare all’aspetto da vigilantes degli Hunters; ci sono molti semi piantati in vista di una seconda stagione e si spera diano frutti sempre migliori, in particolare nella sua relazione con i Cacciatori e le conseguenze dalla clemenza verso Travis .

Dall’altro lato della barricata, gli antagonisti appaiono in bilico fra la caricatura e un racconto di ieri che dovrebbe far riflettere su alcune tendenze odierne. Queste due narrazioni non sono in armonia fra loro, perché dove una tenta di parlare allo spettatore, l’altra tenta di divertirlo e senza mai trovare come succedere in ambo gli intenti. Nelle sequenze conclusive di “Eilu v’Eilu”, ritroviamo la rediviva Colonnello in una villa a pranzare con un Hitler sopravvissuto in uno scenario bucolico e irreale, mentre Travis tenta di sobillare l’antisemitismo nella prigione dove è stato rinchiuso; proprio quest’ultimo ne viene fuori come un personaggio interessante, forse il più interessante. Il sadismo, nato dalla convinzione di esser nel giusto, la sua ferocia, i proclami razzisti su Darwin, messi in pratica sia su nemici che su alleati, sono qualità che inquietano, eppure Travis non appare una caricatura, né un villain come i suoi compagni; non è difficile pensare a lui come una persona reale. La testa del serpente è incarnata dalla figura del Colonnello: spietata, fedele alla svastica, eppure con un contegno materno tale da renderla conturbante abbastanza da renderla un villain magnetico nelle poche scene in cui appare.

Come era auspicabile, Jonah e Meyer sono le figure su cui lo show si spende di più.
Il protagonista possiede il carisma del bravissimo Logan Lerman, ma pur dando vita ad un’interpretazione di tutto rispetto, il suo arco narrativo riflette un preponderante problema dell’intero show: troppe idee, tutte appena scalfite.
Hunters - Stagione 1Il genio del cifrario, l’adolescente cresciuto troppo in fretta, l’erede della Caccia, lo specchio di Meyer sono spunti molto interessanti che si perdono, come si perde la figura di Jonah stesso, alle volte messo in secondo piano rispetto all’evolversi degli eventi. Un peccato, perché molte scene sono davvero ben rese: si pensi alla scena della zuppa di pollo in “The Mourner’s Kaddish” o il confronto finale dopo la rivelazione di Meyer.
Per l’intera durata della stagione, più o meno ognuno degli Hunters ammonisce Jonah riguardo al passato oscuro di Meyer, eppure tutti sono a dir poco sorpresi dalla grande rivelazione sulla sua identità. Al netto di quanto sia moralmente corretta o sbagliata questa scelta narrativa, il fattore sorpresa ha giocato un ruolo importante nella sua riuscita, soprattutto grazie al tentativo di portare lo spettatore a ragionare con Jonah nel realizzare un qualcosa che però già è nell’aria ancor prima dell’epifania. Il risultato lascia l’amaro in bocca: per quanto Hunters sappia creare tensione, non sembra altrettanto capace nei suoi snodi narrativi, vuoi per la sua indecisione fra il serio e il faceto, vuoi per l’incapacità di andare a fondo nel racconto.

La storia che questi numerosi volti vanno a comporre si barcamena fra il doveroso rispetto dovuto alle analessi sui campi nazisti – seppure con non poche licenze – e un non prendersi troppo sul serio proprio delle pellicole che ispirano la serie. Si pensi alla scena dove Lonny esorta Jonah a guardare tutto “come se fosse un film” o alle varie carrellate pulp dove vengono presentati personaggi o introdotte situazioni.
Sin dai primi episodi la tematica della Caccia è indissolubilmente legata al simbolo della Scacchiera. I confronti più importanti fra Jonah e Meyer o Millie si svolgono attorno lo scacchiere e sullo scacchiere si gioca il “passaggio di testimone” da Meyer a Jonah, nell’interrogarsi su quale sia il prezzo nell’abbracciare la suddetta Caccia, attraverso una rappresentazione appena accennata di una lotta fra bene e male, venata di numerosi cliché. Proprio in questi cliché Hunters si accende e sa divertire, regalando momenti che sanno rimanere impressi, perché è nel suo lato più spregiudicato e satirico che lo show brilla: nei riferimenti pop di Jonah, nella spacconeria di Lonny, nelle scene d’intermezzo come la pantomima del qui televisivo su come il mondo vede la cultura ebraica.
Quando Hunters tenta di assumere toni seriosi, cambiando repentinamente tenore e registro nella narrazione, non centra lo stesso bersaglio e ne vien fuori una vicenda dai toni confusi, che lasciano trasparire una scrittura indecisa nell’attenzionare prima un aspetto, poi l’altro, senza un filo di continuità.

Hunters - Stagione 1Una storia che tenta di soddisfare più di un palato rischia di appiattirsi: molti sono i tempi morti e le sottotrame troppo insipide, molti sono i momenti in cui i personaggi sembrano presentare la situazione al pubblico anziché interagire fra di loro. Hunters sembra odiare il silenzio; è raro assistere a momenti di raccoglimento concessi ai personaggi, eppure quando lo show trova il tempo per il silenzio, il pulp e l’introspezione si incontrano in piccoli scorci che realizzano ciò che avrebbe voluto essere.
Una scena su tutte: Roxy che torna a casa dalla figlia e, ancora sporca di sangue, si adagia a dormire con lei; in queste sequenze c’è tutto ciò che dovrebbe essere Hunters, senza bisogno di ulteriori orpelli o dialoghi lunghi e sin troppo didascalici.

Sarebbe sbagliato dire che questa sia una brutta serie, interpretata male o priva di frecce nel suo arco, ma come si suole dire il troppo stroppia. Il novello prodotto Amazon ha tentato di unire due generi estremamente diversi per creare un prodotto originale, una narrazione che sappia essere seria e scanzonata in egual misura, nella pericolosa delicatezza dell’argomento scelto. Hunters ci ha provato, ma provare non è stato sufficiente a realizzarsi pienamente. Rimane una serie molto divertente, con personaggi in grado di far breccia nello spettatore, ma l’impressione di insieme non va mai oltre la pelle.

Voto: 7-

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3 commenti su “Hunters – Stagione 1

  • Setteditroppo

    La conclusione della tua recensione è perfetta. Sottoscrivo. Aggiungo una sola cosa: Al Pacino. Senza la curiosità di vedere Al Pacino che ritorna ad una interpretazione che qualcuno definirebbe “minimalista”, intelligentemente in contrasto con il linguaggio sopra le righe dell’intera serie e, comunque, sempre fortemente carismatica, ebbè… una seconda stagione o fa un deciso salto di qualità o ingaggia un altro grande attore/ttrice in grado di magnetizzare l’attenzione oppure prevedo una inevitabile discesa negli inferi del serial oblìo…

     
  • Michele

    Peccato!
    La serie comincia bene, ma poi si perde in una storia che cerca di fare tutto, ma scalfiace solo gli argomenti e risulta difficile da seguire. Al Pacino lesso, non ha fatto una bella prova.
    L’argomento di base è senz’altro interessante e si preseterebbe bene allo schermo, ma purtroppo risulta in un’occasione mancata!

     
  • luta44

    Io l’ho trovato pessimo, soprattutto nelle parti “storiche” diciamo così.
    Tutta la parte nel campo di concentramento è respingente nel senso che è talmente assurda, fumettistica, mistificatrice da far rivoltare lo stomaco.
    Così, se eri coraggiosa, impavida, ecc. ecc. non solo ti salvavi ma salvavi anche qualche compagna a caso, facevi innamorare un nazista dei più tosti (il Lupo, pensa te!), ovviamente nessuno ti violentava ma anzi ti permetteva di scegliere (di SCEGLIERE!!!) se accettare la sua corte o se rifiutarla (“Posso scegliere o sono obbligata?” “Puoi scegliere ovviamente” !?!?!? Eh, come no!) e alla fine portavi a casa la pelle.
    Magari un po’ magrina, ma è il suo bello, no?!
    Il finale, poi, è un misto fra l’assurdo e il ridicolo.
    Pessima prova di Al Pacino che credevo più furbo e invece ha accettato di partecipare al disastro di un polpettone vergognoso.
    Com’è che si dice?
    Money! Money! Money!
    E vorrebbero educare le giovani generazioni così????
    Così si insegna la storia RECENTE, non la guerra di Troia, negli States?!
    Andiamo bene!