The Crown – Stagione 4 7


The Crown - Stagione 4La quarta stagione di The Crown è arrivata in questo sfortunato 2020 facendocela davvero per un soffio a causa della pandemia. Non si può certo dire che la serie ne abbia risentito: questa annata è, per diversi motivi, un prodotto ampiamente riuscito, e non solo perché parliamo di The Crown che ha da anni una qualità molto alta, persino quando non si avvicina alla perfezione. La quarta stagione della serie Netflix spicca rispetto alla precedente per una coesione interna più solida, una struttura più marcata e caratterizzata da fili conduttori diversi tra loro che però si incastrano come meccanismi di un orologio, restituendo una sensazione di completezza difficile da riscontrare altrove.

I temi che si mescolano fra loro in modo così riuscito sono tre: il fatto che questa sia la stagione più politica di tutte, con la precisa scelta di far coincidere il tempo della narrazione con quello della carriera politica da Prima Ministra di Margaret Thatcher (1979-1990); il fatto che ci sia una più alta presenza di donne in ruoli chiave, sia da un punto di vista politico che narrativo (in passato Queen Elizabeth era unica tra uomini, supportata solo dalla Regina Madre e dalla sorella Margaret; ora, oltre a Thatcher, abbiamo Diana Spencer, Camilla Barker-Bowles e una cresciuta e quindi molto più presente Princess Anne); in ultimo, la stagione, che in nome di questo aumento di personaggi femminili avrebbe potuto vedere una messa sullo sfondo della sovrana, è invece quella che più di altre sembra indagare nella psiche di Elizabeth, che è stata ormai quasi completamente cambiata dal potere della Corona.

Quest’ultimo punto è fondamentale non solo per cercare di comprendere la monarca vivente più longeva al mondo (e quarta più longeva nella storia mondiale): ma anche perché attraverso l’analisi della sua persona diventa automatico e necessario fare lo stesso col resto della famiglia, in una stagione in cui il peso della Corona subisce una sorta di trasferimento, incarnandosi nelle catene di Buckingham Palace. Ed è per questi motivi che partiremo proprio dall’ultimo punto, nel tentativo di dipanare l’enorme matassa di questa ricchissima annata.

“And… in the meantime, it is your job to…”
Stick around, stay alive, and keep breathing”
Precisely.”

The Crown - Stagione 4Come ben sappiamo, il ruolo della Regina all’interno della monarchia costituzionale britannica è da un punto di vista politico praticamente ininfluente: la sovrana ha infatti l’obbligo di astenersi da qualunque giudizio sul Governo che si forma in suo nome. La Corona è caratterizzata da regole ferree, in nome di leggi non scritte che però cominciano a rivelare tutte le loro iniquità a mano a mano che il mondo avanza in modo sempre più veloce, a differenza di una monarchia a tutti gli effetti ferma. Arrivati a 27 anni di regno all’inizio di questa stagione, gli effetti della Corona hanno modificato la testa e l’anima di Elizabeth, come ben le aveva profetizzato sua nonna Queen Mary: “And while you mourn your father, you must also mourn someone else. Elizabeth Mountbatten. For she has now been replaced by another person, Elizabeth Regina.”, 1×02 “Hyde Park Corner”.
La vediamo quasi perfettamente a suo agio con un ruolo dominato dall’inattività: quell’inazione che la Corona insegna diventa per Elizabeth uno stile di vita; ogni problema viene affrontato con uno stoico “bisogna farlo, non preoccuparti, ti abituerai”, che emerge con spietato candore proprio nei momenti in cui la Regina si confronterà con i figli nel quarto episodio, “Favourites”. L’esempio più lampante del suo enorme cambiamento rispetto al passato si trova davanti alla medesima situazione, vissuta però in anni diversi: se ai tempi di Margaret il suo veto al matrimonio col divorziato Peter Townsend era vissuto con un’evidente lacerazione interiore di fronte ai tormenti della sorella, davanti al figlio Charles il comportamento è profondamente diverso. Di più, davanti ad una Margaret (che in questa stagione sembra diventare la coscienza psicologica della famiglia) che sottolinea la crudeltà del continuare a condannare le persone all’infelicità, Elizabeth ascolta, ma non si prende nemmeno il tempo di pensare: raggiunge Charles e gli ribadisce senza alcuna remora o comprensione emotiva che quello è il suo ruolo, che è ciò che deve fare, che si abituerà. La sua risposta a tutto è “It’ll pass”: stando fermi e immobili, accettando il destino, prima o poi ci si abituerà alla situazione che è stata imposta, l’importante è non fare troppa resistenza. Del resto lei stessa ne è un esempio lampante: sappiamo tutti quanto i tradimenti di Philip l’abbiano fatta soffrire, eppure adesso sono ridotti ad una battuta serafica fatta a colazione, una stilettata dall’altra parte del tavolo che ha il sapore della sofferenza passata, che in quanto tale non costituisce più né una minaccia, né una preoccupazione.

The Crown - Stagione 4Quello che però porta avanti questa stagione è quel “quasi a suo agio” di prima: ci sono momenti in cui la Regina mostra delle crepe nel suo comportamento, in cui il dubbio la porta ad agire seguendo momentaneamente un sentimento di pancia e non di testa (è sulla testa che giace la corona). Lo vediamo quando le dichiarazioni di Thatcher come madre la portano a ripensare al proprio ruolo di genitore: la scoperta di avere quattro figli “tutti persi, ognuno nel suo deserto” è una fiammella di consapevolezza che viene completamente soffocata dal marito, che la riporta all’ordine. Philip, un tempo l’outsider della famiglia, è cambiato sotto l’influenza del suo stesso ruolo, e rappresenta il freno (insieme alla Regina Madre) di qualunque evoluzione personale di Elizabeth. Quel monito sugli unici compiti della Regina (in sostanza vivere e basta) è la raggelante condizione di inattività a cui Elizabeth è costretta; la prigione in cui lei stessa si è chiusa, senza più vederne le sbarre, e quella in cui viene ricondotta quando – in rari momenti – prova ad aprire la porta per vedere cosa c’è fuori.
Questa impostazione conduce ad un’ovvia ma mai così evidente anaffettività generale all’interno della famiglia, che, se con l’arrivo di Diana esploderà in modo lampante, non può non essere notata anche prima a livello di scrittura, ed è qui che entra in gioco il trasferimento simbolico tra la Corona delle prime stagioni e il Palazzo. I momenti conviviali che la famiglia vive sono tutti non a caso a Balmoral: l’unico luogo in cui gli intoccabili Reali possono essere “umani”, cucinano, si servono da soli, lavano i piatti – indimenticabile il curioso aneddoto, non mostrato, del regalo di Natale di Thatcher alla Regina¹. E forse non è nemmeno un caso che i test sulle persone nuove si tengano proprio lì: per dare una sorta di certificato di approvazione a chi è in grado di gestire questa dicotomia da capogiro, a chi può ancora dimostrare di essere “umano” nonostante le rigidissime regole di Buckingham Palace, il luogo in cui tutti tornano nelle loro immobili postazioni. Da una dicotomia simile non potevano che emergere persone doppie anche da un punto di vista di valutazione morale, che nella stesura di questa stagione non cade mai in maniera univoca su nessuno dei personaggi coinvolti (con un’eccezione, come vedremo).

The Crown - Stagione 4Un esempio su tutti è Charles: sebbene, con l’andare delle puntate, il suo comportamento lo renda sempre più detestabile e deprecabile, non sfugge mai (grazie anche all’eccezionale interpretazione di Josh O’Connor) come anche i suoi peggiori comportamenti siano riversati su Diana perché non può riversarli su chi l’ha condannato a quella vita. Questa non è una giustificazione ma una contestualizzazione della sua costruzione in questa serie, che assume ancor più valore se si pensa che Peter Morgan è stato anche sceneggiatore del film “The Queen” di Stephen Frears, in cui invece Charles era rappresentato in modo meno indulgente, con tratti perfino paranoici.
In The Crown nessuno si salva ma sono al contempo tutti contestualizzabili, e questo è possibile grazie ad una scrittura attentissima, che subito dopo il momento in cui ci avvicina a un personaggio ci fa sentire l’obbligo di allontanarcene e poi, di nuovo, la spinta a comprendere e a ricalibrare la nostra bussola morale.
Non si è affatto spettatori passivi davanti a una stagione come questa.
E non lo si è neanche quando si pensa di aver intuito questo andamento e di potercisi abituare, perché è proprio in quel momento che arriva il settimo episodio, “The Hereditary Principle”, in cui viene raccontata la vera storia di Nerissa e Katherine Bowes-Lyon, le cugine della Regina chiuse in un ospedale psichiatrico e date per morte per non “macchiare” il sangue reale. Qui non c’è contestualizzazione che tenga: per quanto la Regina Madre si sforzi di spiegare ad una Margaret sotto shock che “era ciò che si doveva fare”, la spiegazione non può reggere perché le due cugine avevano un’anomalia genetica proveniente da un ramo della famiglia che mai avrebbe potuto influenzare “il sangue reale”. Nessuna spiegazione avrebbe reso meno insopportabile questa scelta, ma il fatto che non ce ne sia nemmeno una plausibile rende la Regina Madre (in quanto unica responsabile ancora viva nella Casa Reale) il personaggio con cui è davvero impossibile empatizzare.
Questo evento pare rappresentare il vero punto di non ritorno per le regole della Casa Reale: l’idea della “linea di sangue pura” ha guidato sia questa decisione sia quella dei matrimoni obbligati, e in entrambi i casi ha causato sofferenze enormi. Tuttavia, se le conseguenze fossero rimaste “solo” le infelicità dovute ad unioni sbagliate, forse le cose non sarebbero mai cambiate. Si ha la sensazione, davanti a questa scelta narrativa e alle vicende reali, che la scoperta di questo segreto di famiglia abbia impresso un’accelerazione importante nell’eliminazione dell’idea che il sangue reale vada preservato a tutti i costi; e forse è proprio per questo che, nell’arco di pochi decenni da questa sconcertante scoperta, anche l’idea dei matrimoni reali è cambiata e si è arrivati a ben due unioni allora impensabili: il matrimonio di Charles con Camilla Parker-Bowles e a quello di Henry con Meghan Markle, attrice afroamericana e divorziata.

“We can be a rough bunch in this family. […] What does it feel like?”
A cold, frozen tundra. […] An icy, dark, loveless cave… with no light… no hope… anywhere.”

The Crown - Stagione 4È in questo quadro di regole forzate che si inserisce la pedina apparentemente perfetta: Diana Spencer. L’interpretazione di Emma Corrin è ottima, in grado di trasmettere sia una costante vulnerabilità, sia gli sprazzi di auto-determinazione di Diana quando si accorge che rubare la scena al marito non le dispiace così tanto. Il suo ingresso nelle dinamiche familiari si inserisce in quel dualismo raccontato prima, per cui a Balmoral Diana passa il test meglio di chiunque altro, mentre nel momento in cui viene fatta trasferire a Buckingham Palace perde qualunque controllo su se stessa e viene lasciata sola, senza il minimo supporto emotivo e umano. Nel terzo episodio, “Fairytale”, la osserviamo passare dall’entusiasmo ingenuo per la proposta di matrimonio ai “red flags” provenienti da Charles (“Whatever in love means” è agghiacciante e rappresenta la crepa tra il personaggio privato e quello pubblico) e dalla famiglia stessa, che non esita a isolarla nelle settimane in cui la sua presenza non è ritenuta “necessaria” se non per la preparazione al ruolo.

È qui che iniziamo a vedere lo sviluppo della bulimia, il disturbo alimentare di cui la Principessa del Galles ha notoriamente sofferto: sebbene a un primo sguardo possa sembrare non contestualizzato a sufficienza, una narrazione che fosse andata ad approfondire una questione già nota a tutti e così privata avrebbe rischiato di cadere nel morboso – senza pensare poi al fatto che i suoi figli sono ancora segnati da queste vicende (l’impegno di William e Henry negli ambiti della salute mentale non nasce certo dal nulla). La contestualizzazione è generica, ma non per questo meno potente: il senso di claustrofobia trasmesso da una giovanissima Diana chiusa nella sua prigione dorata è mostrato in modo impeccabile, così come la sua necessità – inascoltata e inattuata per molto tempo – di rompere le righe per non perdersi del tutto.
The Crown - Stagione 4A completare il quadro dello sviluppo di questo disturbo vi è l’unica scena dell’episodio che la vede fuori da palazzo: è il pranzo con Camilla, tenutosi nella realtà dopo il matrimonio nel ristorante con il nome più didascalico della storia – “Menage a Trois” –, che si tramuta in una gara con un’unica partecipante a dimostrare all’altra che non ha nemmeno le carte in regola per essere considerata una rivale. La scena è stata provata in modo particolare: Peter Morgan ha fatto arrivare Josh O’Connor e l’ha fatto posizionare tra le due donne. La regola era che solo una poteva mettere la sua mano su quella di lui, ed Emerald Fennell (Camilla) ha tenuto la sua su quella di O’Connor per tutto il tempo, cosa che ha fatto sentire Corrin “incredibilmente a disagio” – una sensazione rimasta poi nel girato, in cui O’Connor ovviamente non c’è.

Il percorso di Diana non arriva al suo completo sviluppo, dato il taglio della storia al 1990, ma il lavoro di Corrin nell’introdurre questo cambiamento soprattutto nelle ultime puntate (e la stagione si chiude proprio su di lei, con i flash delle foto di Natale che fanno da eco anticipatoria al suo triste destino) è encomiabile. Non stupisce in questo senso il modo in cui Corrin è stata scelta: era “semplicemente” l’attrice che leggeva le battute di Diana per il casting di Camilla, proprio per la scena del pranzo. La sua interpretazione ha portato la produzione ad offrirle un ruolo come quello della Principessa del Galles, per cui non si era nemmeno candidata.

“I have found women in general tend not to be suited to high office.”
Oh? Why’s that?”
Well, they become too emotional.”

Tra le molte donne di questa annata, l’altra grande protagonista è proprio lei, Margaret Thatcher, interpretata da una Gillian Anderson quasi irriconoscibile, e non solo per i capelli. Come si diceva all’inizio, questa stagione corrisponde esattamente al periodo in carica di Thatcher come Prima Ministra e una gran parte di queste puntate è proprio dedicata alla politica, declinata sotto due chiavi di lettura: la politica di Thatcher, così rilevante nella storia inglese e mondiale, e il rapporto tra Thatcher e la Regina.
The Crown - Stagione 4Per quanto riguarda la prima non è necessario passare in rassegna tutti gli eventi narrati; può risultare più utile cercare di capire che tipo di rappresentazione si sia deciso di dare della Iron Lady, sia da un punto di vista di scrittura che di interpretazione da parte di Anderson. È curioso come i giudizi della critica (e non solo) su quest’ultima vadano dal “è perfetta”, nel senso di identica all’originale, al “non lo è affatto, è al limite del caricaturale”. La verità potrebbe però giacere nel mezzo: è indubbio che Anderson abbia fatto un lavoro molto meticoloso, basti pensare alla voce quasi irriconoscibile dell’attrice, ma non bisogna dimenticare quelle che sono le volontà di Morgan e della produzione tutta: non si punta mai alla totale mimesi, perché, sebbene gli eventi raccontati siano reali o con un lieve margine di modifica, i dialoghi sono certo basati sui fatti, ma pur sempre inventati. Ecco che quindi cercare un’adesione alla realtà che non tenga conto delle esigenze di trama e di narrazione risulta un esercizio sterile.
Cosa si può dire allora di un personaggio come questo? Thatcher è stata un simbolo della politica del secondo Novecento, e non solo; il suo carattere, le sue decisioni, sono passate alla storia al punto da donarle un soprannome che non ha a che spartire con le sue conquiste ma col modo in cui agiva. Anderson ha lavorato molto su quello che si ricorda di Thatcher come persona, ossia una donna simbolo di rigidità, austerità, invulnerabilità; ne scaturisce quindi un’interpretazione altrettanto chiusa, ristretta, con un “range of movement” limitato e lento non solo per l’età (che del resto è la stessa della Regina) ma perché lei si muoveva così politicamente parlando: lenta, costante, irremovibile dal suo obiettivo. E poi certo, ci sono le caratteristiche vere cui Anderson ha attinto, e sarebbe strano se non l’avesse fatto².

The Crown - Stagione 4Ad emergere inoltre è la spiccata misoginia di Thatcher, che anche in questo caso produce uno sdoppiamento interessante da analizzare. La Prima Ministra ha un costante bisogno di emulare il padre, nominato in continuazione, a discapito della madre, rigettata perché vista come una casalinga senza aspirazioni; nonostante i suoi successi, Thatcher rimane una donna cresciuta da un uomo con una visione patriarcale della società, e da qui scaturisce il suo doppio comportamento: donna di ferro, unica tra uomini, che disprezza le altre donne e si stupisce delle conoscenze politiche della Regina, ma al contempo casalinga modello, sempre in cucina a preparare le cene per colleghi e famiglia, unica titolata a disfare la valigia del marito, donna che insomma si ritiene unica nel suo genere e che è tuttavia incastrata nella mentalità maschilista non solo nel modo in cui guarda alle altre donne, ma anche a se stessa.

Il confronto tra le due donne al potere si avvia sin dal primo incontro a una serie di cortocircuiti, che nel primo caso (l’intrusione di Michael Fagan³) serve a evidenziare come la Regina, pur nella sua torre d’avorio, sia comunque più interessata a ciò che accade al suo popolo nel “qui e ora” rispetto a Thatcher, che invece abolisce qualunque visione periferica per visualizzare solo un ipotetico e radioso futuro per il Paese – che però non prevede l’esistenza di cittadini che abbiano un briciolo di forza meno di lei.
Questo momento però è solo in preparazione al grande scontro, quello sulle sanzioni dell’Apartheid (4×08, “48:1”): è un altro dei momenti in cui la Regina prova a uscire dalla sua inattività e nel farlo causa una mezza crisi istituzionale. Sebbene Buckingham Palace abbia sempre negato un diretto coinvolgimento della Sovrana, la serie prende posizione sia storicamente – riportando la dichiarazione di Nelson Mandela, dunque riconoscendo un valore all’iniziativa di Elizabeth – sia narrativo, dimostrando per l’ennesima volta come i tentativi della Regina di diventare “attiva”, e di non lasciare che le cose semplicemente accadano, vengano soppressi da un sistema perfettamente collaudato, che sia incarnato dal marito, dalla madre o dalla Corona stessa. L’episodio non a caso inizia con un’inaspettata Claire Foy a reinterpretare la Regina e il suo discorso al Commonwealth, ma soprattutto si conclude con le famose parole del ’47: “Dichiaro di fronte a voi che l’intera mia vita, per lunga o corta che sia, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della grande famiglia imperiale alla quale tutti noi apparteniamo.” Una promessa che l’ha costretta per l’ennesima volta a porre la Corona davanti alla sua volontà, in questo caso per di più con il sacrificio di un uomo, Michael Shea, usato come capro espiatorio.

The Crown - Stagione 4The Crown chiude il suo secondo ciclo con un netto miglioramento rispetto all’annata precedente, che pure si presentava di altissima qualità. Attribuirne la responsabilità solo agli eventi storici rappresentati sarebbe un errore (al contrario, si poteva fallire molto facilmente e proprio per gli stessi motivi), ma è chiaro che non si possa sottovalutare l’impatto di due personaggi come Margaret Thatcher e Diana Spencer. Non era però scontato riuscire a mantenere il racconto su un equilibrio simile, che ha restituito complessità a personaggi che rischiavano di perderne, aggiungendo ulteriori livelli di analisi ai precedenti. La magnificenza delle ricostruzioni e dei costumi e al contempo un certo didascalico simbolismo sono da sempre pregi e difetti di questa serie: ciò che sorprende però è come, avvicinandosi al presente, si riesca ancora a mettere molto bene a fuoco gli eventi e a integrarli in un discorso profondo sulla natura umana, in particolare quando sottoposta a leggi e imposizioni che di naturale non hanno nulla. È più facile analizzare il passato remoto rispetto a quello più prossimo: il fatto che nonostante questo The Crown sia perfino migliorata fa ben sperare anche per le prossime due annate.

Voto: 9

Note:

¹“Il secondo giorno, di solito, era meno formale e il principe Filippo organizzava per tutti un barbecue all’aperto. Al termine la regina, per l’orrore della signora Thatcher, sparecchiava e poi lavava i piatti a mani nude. La premier era così in imbarazzo che una volta si alzò da tavola e cominciò ad aiutare a portare via le stoviglie. Elisabetta, irritata, soffiò tra i denti: “Qualcuno può dire a quella donna di sedersi, per favore?” Quell’anno, a Natale, la Thatcher regalò alla sovrana un paio di guanti di gomma.”
Deborah Ameri, Sono la prima regina capace di guidare, Imprimatur, Reggio Emilia, 2016, pag. 56

²“Nonostante si rispettassero profondamente, rimasero sempre un mistero l’una per l’altra. Thatcher era una monarchica convinta […], eppure il suo atteggiamento estremamente professionale, per non parlare della sua mancanza da sense of humour, che la sovrana ha in abbondanza, le impedirono di instaurare con lei un rapporto più intimo.”
Riguardo agli incontri a Buckingham Palace: “Margaret era sempre molto nervosa, arrivava in anticipo (per l’irritazione di Sua Maestà che la faceva attendere fino all’orario prefissato) e poi si sedeva sul bordo della sedia, tirando fuori la sua agenda.”
Ivi, pag. 57

³Riguardo all’intrusione, negli anni è stato negato che la Regina abbia anche solo scambiato due parole con Fagan: avrebbe suonato la campanella e la vicenda si sarebbe conclusa così. Tuttavia il dubbio su questo celebre incontro rimane, e la serie decide con un’ottima mossa di inserirlo come collante tra Buckingham Palace e il popolo che subisce le politiche di Thatcher. A rendere forse fin troppo didascalico il collegamento, troviamo il parallelo tra la coda delle persone che si rivolgono al Comune per la disoccupazione e le persone (solo di un certo rango) in fila per stringere la mano ai Reali.

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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7 commenti su “The Crown – Stagione 4

  • Boba Fett

    Più ci si avvicina al presente e più il compito diventa arduo e raccontare ed interpretare personaggi contemporanei fortemente impressi nella memoria collettiva, non è solo difficile, ma è anche rischioso proprio per quell’effetto macchietta al quale accennavi. Così, non nascondo che quella testa di Diana sempre inclinata di lato o quelle labbra sempre serrate e tese del Primo Ministro, mi hanno un po’ disturbato. Ma nulla in confronto alla sempre splendida e avvincente scrittura di questa serie che rende molti episodi, non solo di questa stagione, epici. Mi ha particolarmente colpito il discorso di Prince Philip a Diana poco prima della foto di Natale, quel ribadire con orgogliosa rassegnazione, la centralità dell’unica protagonista nella vita di tutti loro.

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      Ciao Boba Fett, capisco bene quello che dici riguardo a quegli accenni di alcuni personaggi che possono disturbare un po’ nella loro ripetività; io li ho visti (come nel discorso che ho fatto su Thatcher) come appunto più simbolici che non di mimesi, nel senso: noi è così che ricordiamo questi personaggi. Non so te ma io soprattutto per quanto riguarda Diana me la ricordo proprio così, come fosse cristallizzata in quell’immagine di chi si ritrova da giovanissima e molto ingenua ad entrare nell’occhio del ciclone e a non sapere bene cosa fare e come muoversi. Ma credo sia stato fortemente voluto, anche perché – ad esempio – se parliamo del sorriso timido di Diana vediamo come col passare del tempo rimanga sempre ma assuma connotati diversi: prima simboleggia appunto il suo essere un pesce fuori d’acqua, quindi l’imbarazzo e appunto l’ingenuità di chi ancora non ha capito come destreggiarsi o reagire davanti a certe cose; poi diventa più simbolo di una menzogna, cioè la bella faccia che ti metti su per sembrare sempre la stessa quando in realtà la tua vita va a pezzi; e poi sempre lo stesso sorriso, ma più smaliziato, di chi sta capendo come trovare il proprio spazio ma vuole continuare a giocarsi la carta della persona che non appartiene davvero alla famiglia reale e che invece è più vicina alla gente (ma con un piano che sicuramente la prossima stagione mostrerà di più).

      Sul dialogo Philip-Diana hai perfettamente ragione, ne avevo scritto ma ho dovuto tagliare veramente moltissimo (e già come vedi ne è uscito un poema) perché per me rientra tutto in quel discorso che facevo su Buckingham Palace, dove ognuno ha il suo posto fisso e deve rispettarlo, e anche nel discorso di quel centro (la Regina) che deve però rimanere ferma e immobile, inattiva, vivere e respirare mentre tutti gli altri agiscono solo nell’ottica che questo continui ad accadere.
      Davvero, c’è una marea di roba da dire su questa stagione, grazie per lo spunto così almeno ne abbiamo parlato nei commenti 🙂

       
  • Eugenio

    Ciao, dato che condivido in toto la tua recensione, mi limito a farti i complimenti per le tue riflessioni su questa stagione. In particolare il tema dell’immobilismo mi ha particolarmente colpito perché hai colto il tratto essenziale di questa istituzione – la Corona – su cui in pochi si sono soffermati parlando del lavoro di Morgan. Questo è il vero centro del discorso cominciato dalla serie, che in fin dei conti si intitola proprio “The Crown” e non “The Queen”. Come garantire l’esistenza di una istituzione che solo attraverso il “non fare” può preservare se stessa e la sua funzione (e abbiamo visto quanto il non fare sia una dimensione assai critica in tempi turbolenti come quelli segnati dalla Brexit e dalle sue conseguenze o le recenti crisi del governo britannico e delle sue maggioranze). Il tema del servizio e del sacrificio per portare a compimento quella funzione è il vero motore immobile di tutta la serie. E’ il paradigma attraverso il quale leggere (quasi) tutte le interazioni tra i personaggi, indipendentemente dal giudizio morale che possiamo darne e dalle simpatie che i personaggi e le situazioni suscitano in noi. Magistrale in questo senso il discorso di Filippo nell’ultima puntata, dove esprime con disarmante chiarezza una meccanismo irrinunciabile per preservare il sistema ma che ha dei tratti assolutamente dolenti nei suoi risvolti umani e personali. Tra l’altro questo discorso di Filippo ci spiega il ruolo che ha assunto nella famiglia (e che tutta la pubblicistica informata sui fatti dalle famiglia reale conferma) di primo aiutante della Regina in tutte le “grane” familiari, nella gestione delle bizze personali e nel mantenimento dell’ordine. Un personaggio tratteggiato con grande sapienza. Credo davvero che Morgan e la sua squadra abbiano costruito una narrazione eccellente, trovando un equilibrio prezioso tra rappresentazione della parte pubblica, di quella privata e delle caratteristiche dei personaggi. Questa serie fornisce spunti per ore e ore di discussione, a conferma del suo livello eccezionale

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      Ciao Eugenio, innanzitutto grazie mille!
      Il tema dell’inattività della Regina, in questa stagione in particolare, è una delle prime cose che mi sono segnata negli appunti mentre guardavo le puntate, perché mi è parso evidente che qualcosa fosse cambiato: non che prima la Regina potesse fare di più eh, ma qui c’è stata proprio l’evidenza di una resa che – tolti brevi sprazzi come quelli di cui parlo nella recensione – sembra aver davvero sovrascritto il cervello di Elizabeth.
      Sul ruolo di Philip hai perfettamente ragione, ne ho parlato proprio qui sopra nei commenti con Boba Fett: il suo ruolo è fondamentale e, anche se poco presente in questa stagione, in realtà si capisce perfettamente che è diventato cruciale anche e soprattutto lavorando nell’ombra, fungendo da filtro – insieme alla Regina Madre – o da ancoraggio, quando Elizabeth comincia a volare troppo alto con i suoi pensieri.
      E sì, la serie è The Crown, non The Queen, proprio per questo: ne parlavo già ai tempi della recensione della prima stagione come di una scelta particolarmente azzeccata per analizzare non tanto (o almeno non solo) la storia della sovrana più longeva al mondo, quanto di quel potere in un’epoca come il XX secolo.
      Grazie ancora!

       
  • Michele

    Bella recensione Federica! Si vede che hai seguito la serie a fondo.
    Sono d’accordo che sia una stagione ben fatta. C’è quasi da aspettarselo viste quelle precedenti. Il tema di fondo dell’inattività che individui è anche ben centrato. Sicuramente la qualità della serie emerge anche dalla complessità concettuale e umana affrontata e dalla poetica con cui la si affronta.

    Devo dire, però, che a me questa serie è piaciuta meno delle altre. Anzitutto, è diventato evidente fin dal primo episodio che la famiglia reale sia antipatica, quasi a punto di diventare una specie di villain della serie. I reali, come gruppo e anche come singoli individui. Vengono fuori come un mucchio di snob, distaccati dalla realtà, senza cuore, con vite vuote e infelici. Ma comunque freddi e coerenti con riti e consuetudini fuori dal tempo. Mi sono accorto che Filippo, quando parla, sibila come un serpente. Carlo, apparte muoversi e vestirsi come una persona di 30 anni piuttosto vecchia, sembra veramente inutile e senza speranza. Tutti sono acidi. L’unica che ha qualche momento di introspezione è la regina, per esempio nell’episodio sul figlio preferito, però non conduce a una vera presa di coscienza e in ogni caso rimane coerentemente estranea a tutto quello che ha a che fare con la sfera emotiva o con la comprensione dei problemi di salute mentale. In ultimo la regina fa anche passi sbagliati sul lato politico, per esempio, lanciando frecciate e criticando il suo primo ministro dopo la visita a Balmoral – peccato di scarsa modestia verso una donna che si è fatta da sola ed è arrivata al top -, oppure quando dexisere di far emergere pubblicamente i suoi dissapori con il governo e poi facendo licenziare ingiustamente il suo addetto stampa – peccato di aver giocato sporco. Quindi regina e famiglia reale hanno cambiato la percezione da neutra a negativa.
    Poi c’è il tema Diana, che è stato uno degli assi portanti della stagione. Capisco che sia una vicenda che suscita molta curiosità, ma mi sembra che sia stata sovra-rappresentata a scapito di altri temi più importanti, tipo la politica. In fondo la storia di Diana e Carlo è quella di una coppia il cui matrimonio va male. Molta gente in UK e nel mondo si è innamorata dell’idea di una bellissima principessa giovane che si innamora e sposa il suo principe. Diana è diventata un simbolo, un’ambasciatrice, una celebrità. La realtà però è che si è trattato di un matrimonio tra due aristocratici, di membri della upper class britannica che con il popolo che li applaudiva avevano ben poco da spartire. Per questo avrei probabilmente ridotto il peso specifico di questa sotto-trama, perché, alla fine, non trovo molto interessante seguire un matrimonio male assortito e credo che in quegli anni siano successe altre cose, più importanti, che avrebbero meritato più spazio.

    In general farei 7 a questa stagione. Per ribadire che e una sicurezza come qualità, ma per alcune scelte e