Love, Death & Robots – Stagione 2


Love, Death & Robots - Stagione 2Questo mese  ha visto il ritorno, fra le altre cose, di Love, Death & Robots, la peculiare serie antologica di animazione targata Netflix e prodotta da Joshua Donen, David Fincher, Jennifer e Tim Miller. Si tratta di un prodotto che, per la sua particolare natura, si è contraddistinto (e continua a farlo) per la sua innovazione e per la vivace sperimentazione tecnica e visiva delle puntate, in cui autori e animatori di diversi stili e provenienze hanno potuto decisamente sbizzarrirsi nella messa in scena di numerose e variegate rappresentazioni fantascientifiche.

La prima stagione, seppur non priva di difetti e problematiche, è stata accolta positivamente proprio per quell’esplosione di creatività e di innovazione tecnica che Love, Death & Robots ha portato fra le proposte di Netflix, imponendosi come uno show atipico e irriverente, capace – nelle variegate declinazioni artistiche che propone – di toccare diverse corde e diversi temi in maniera innovativa. Come si diceva, non è mai stato un prodotto perfetto né “rivoluzionario” principalmente perché l’apparato narrativo delle sue brevi puntate non è mai riuscito ad eguagliare la vivacità e la sperimentazione che hanno investito il lato tecnico dello show, rischiando spesso di incappare in episodi e momenti dimenticabili che non sono riusciti ad andare più di tanto oltre il semplice virtuosismo tecnico ed estetico.

Love, Death & Robots - Stagione 2Questa seconda stagione riesce a correggere alcuni dei difetti della prima annata, ma porta con sé altre problematiche dovute principalmente al dimezzamento degli episodi: mentre la prima stagione ne presentava diciotto, la seconda ne ha soltanto otto. È una riduzione che si è fatta sentire molto durante la visione della serie, perché ne ha sacrificato uno degli elementi più interessanti e promettenti: la sua varietà. Una delle sensazioni più coinvolgenti durante la visione della prima annata di Love, Death & Robots, infatti, era proprio quella di essere trascinati in un vortice vivace di diversi generi e rappresentazioni che cambiano in continuazione, concorrendo a sottolineare ancor di più la peculiarità del prodotto di Miller e Fincher. Adesso, con solo otto episodi che, tra le altre cose, presentano anche una minore varietà estetica, questa sensazione viene meno, rendendo la serie più organica ma, al tempo stesso, condannandola ad una piattezza che in origine non aveva.

Anche questa annata, come la precedente, ha come protagonista assoluta la tecnologia, declinata in diversi mondi e generi. Nonostante il minor tempo a disposizione, alcuni degli episodi riescono a contraddistinguersi per intuizioni narrative davvero molto interessanti che, unite al fascinoso virtuosismo tecnico e visivo presentato dalle animazioni e dalla grafica dello show, riescono a lasciare il segno e a colpire lo spettatore in maniera inaspettata. Tuttavia, com’era da aspettarsi, il numero e soprattutto il minutaggio limitato degli episodi ha vanificato gran parte del potenziale narrativo dello show, condannandolo ad una perenne sensazione di incompiutezza.

Love, Death & Robots - Stagione 2Gli episodi che hanno maggiormente sofferto di ciò sono “Pop Squad” e “Snow in the Desert”. Il primo, nonostante questo, si impone come uno degli episodi più belli della stagione: presentandoci un futuro distopico in cui l’umanità sacrifica la procreazione e la crescita delle generazioni future per preservare la propria immortalità, “Pop Squad” raccoglie forse la maggior parte delle potenzialità anche narrative che Love, Death & Robots può proporre. Un racconto intenso, in cui il dilemma morale incontrato dal protagonista apre la strada a riflessioni e a tematiche profonde che, inserite nelle splendide ambientazioni visive dello show, riesce a farsi ricordare. Peccato, appunto, per il minutaggio breve, perché il mondo presentatoci nella puntata avrebbe meritato di essere esplorato con più attenzione. Altrettanto suggestivo, ma meno funzionale, “Snow in the Desert” – che condivide con “Pop Squad” un’animazione realistica e dal mood più cinematografico – non riesce a scalfire la superficie del virtuosismo tecnico principalmente per le tempistiche strette, rivelandosi come uno degli episodi che soffre maggiormente di quell’incompiutezza di cui si è parlato in precedenza.

La terza delle puntate che utilizza un’animazione molto realistica, strizzando l’occhio al mondo videoludico, è “Life Hutch” che, a differenza degli episodi citati in precedenza, resta in gran parte dimenticabile a causa di una scrittura banale che, nel proporre la celebre tematica dello scontro fra umani e robot, risulta poco incisiva e sceglie di lasciare decisamente più spazio al suggestivo virtuosismo visivo dell’episodio. La stessa tematica si presenta in maniera molto migliore in “Automated Customer Service” che, nel presentarcela in una chiave comedy e grottesca, si adatta molto meglio al format stesso della serie, sfuggendo alla freddezza dell’asettico “Life Hutch”.

L’episodio che però meglio si adatta al minutaggio stretto dello show è, senza dubbio, “All Through the House”, che condivide con l’angosciante e splendido “The Tall Grass” una vena horror che si rivela in entrambi i casi molto adatta allo show. Inaspettato, breve, intenso e tragicomico, “All Through the House” stupisce in positivo per la semplicità e l’originalità della sua storia. Non altrettanto incisivo, “Ice” fallisce nella presentazione di un mondo distopico che riesce a colpire solo per il bellissimo stile d’animazione utilizzato, e ben poco per la sua narrazione.

Love, Death & Robots - Stagione 2L’apice qualitativo di questa seconda stagione si raggiunge però solo alla fine, con “The Drowned Giant”, il corto diretto da Tim Miller. Un racconto poetico e nostalgico (ispirato a quello di J. G. Ballard) che in pochi minuti riesce a mettere in scena in maniera splendida riflessioni e metafore sul senso stesso della vita, sull’impotenza umana (e non) di fronte ai cambiamenti e agli stravolgimenti portati dallo scorrere inesorabile del tempo. Si tratta di un episodio intimo e poetico, che mostra appieno le potenzialità anche narrative a cui uno show come questo  potrebbe aspirare.

Per concludere, la seconda stagione di Love, Death & Robots conserva alcuni dei pregi e dei difetti  provenienti dalla prima stagione, mostrandoci una varietà di universi che riescono sempre a colpire visivamente, ma che continuano a soffrire di una narrazione spesso poco incisiva e originale che, in questa annata in particolare, è stata colpita dalle tempistiche fin troppo strette dello show, che ne hanno sacrificato parte della sua vorticosa irruenza. Nonostante questo, gli episodi più riusciti hanno dimostrato che la serie di Miller e Fincher avrebbe tutte le carte in regola per raggiungere vette davvero altissime, e non si può che sperare che in futuro (la terza stagione è stata già confermata per il 2022) l’apparato narrativo riesca ad eguagliare con maggiore costanza quello – sempre spettacolare – tecnico e visivo.

Voto: 7

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