The Morning Show – Stagione 2


The Morning Show – Stagione 2A distanza di due anni e una pandemia globale – non ancora finita – abbiamo potuto finalmente godere della seconda attesissima stagione di The Morning Show, serie di punta del servizio streaming di AppleTV+ e uno dei prodotti che la piattaforma aveva creato per il lancio nel 2019 insieme a See, For All Mankind e Dickinson. A fronte di un enorme movimento di budget (15 milioni a puntata, 2 milioni a testa ad episodio per le due protagoniste Jennifer Aniston e Reese Whiterspoon), la prima annata aveva anche goduto di un ottimo successo di critica, soprattutto grazie ad una riflessione profonda e puntuale – nonché coraggiosa – rispetto alle tematiche sociali portate a galla dal #MeToo.

A causa delle restrizioni imposte dalla pandemia e dai numerosi ritardi che hanno attanagliato anche molte altre produzioni, la seconda annata dello show era rimasta in un limbo che non aveva fatto altro che aumentare le aspettative del pubblico; a maggior ragione perché gli autori avevano deciso di includere nella trama della stagione l’ambientazione contemporanea della diffusione del nuovo Coronavirus, imponendo una difficoltà di scrittura maggiore. Non è, infatti, un vantaggio per gli sceneggiatori dover affrontare un macro-tema così spinoso e a noi coevo, il rischio di banalizzarlo o di sfruttarlo a fini narrativi senza il giusto tatto è sempre dietro l’angolo; in fin dei conti parliamo di uno degli eventi più incredibili e spaventosi, ancora in corso, che ha colpito l’umanità negli ultimi settant’anni e che ha causato, ad oggi, più di cinque milioni di morti nel mondo.

The Morning Show – Stagione 2Partiamo proprio da questa analisi: se già le impressioni del primo episodio non erano positive rispetto al racconto della pandemia – la puntata era piena di strizzatine d’occhio agli spettatori e rimandi all’imminente arrivo del virus –, il resto della stagione ha confermato luci e ombre nella gestione narrativa di questo tema. Se nel corso degli episodi abbiamo assistito in modo abbastanza realistico alle tappe che hanno portato il mondo ad accorgersi della malattia – a partire dai servizi a Wuhan e da come le notizie erano inizialmente secondarie negli show per poi pian piano prendersi sempre più spazio – è evidente che il percorso dei personaggi, a parte qualche eccezione, non è stato minimamente sfiorato dagli sconvolgimenti causati dal virus. Le eccezioni sono ovviamente Alex e Cory: la prima perché affronta direttamente i sintomi da Covid e sviluppa durante la malattia l’autoriflessione che chiude la stagione; il secondo perché a causa dello scoppio della pandemia vede frantumarsi il nuovo canale che stava per lanciare, un progetto sul quale aveva scommesso tutta la sua carriera al punto di immedesimarvici – in una sua linea di dialogo rinomina UBA+ in Cory+.
Se in linea di massimo tutto risulta abbastanza credibile nelle scene ambientate negli Stati Uniti, non si può non notare un certo grado di approssimazione per quelle che vedono come setting l’Italia. Era effettivamente plausibile che il Belpaese venisse scelto come location vista la sua centralità nella diffusione dei contagi in Europa e per come sia stato uno dei primi Stati a introdurre restrizioni importanti per arginare il virus; il problema è che nella rappresentazione che ne fa lo show bisogna soprassedere su diverse semplificazioni e superficialità, che risultano ancora più evidenti per chi quelle dinamiche le ha vissute. La sospensione dell’incredulità è comunque necessaria anche per altri elementi della stagione e, tutto sommato, poteva andare molto peggio.

The Morning Show – Stagione 2Il problema della gestione del tema Covid è strettamente legato ad una delle caratteristiche che saltano subito all’occhio di questa annata: se la prima stagione era caratterizzata da un grado di uniformità narrativa tutta diretta a sottendere l’esplorazione di un caso particolare – lo scandalo che coinvolge Mitch Kessler – e dunque con una scrittura concentrata a far emergere le problematicità della rape culture, questo secondo giro di episodi è un contenitore molto variegato al suo interno. Gli autori hanno deciso di osare e prendersi dei rischi, intessendo varie sottotrame e archi narrativi legati a tematiche varie senza mai andare in profondità con nessuno di essi. Si pensi per esempio alla sospensione di Yanko in seguito all’affermazione sugli “animali guida” in diretta che, in potenza, avrebbe potuto generare tutta una riflessione sui limiti della cultural appropriation ma che, nei fatti, si risolve rapidamente per lasciare spazio ai personaggi più centrali dello show. Addirittura nel finale di stagione Yanko non lo vediamo nemmeno; probabilmente è tutto parte di un piano narrativo volto a certificare la dissoluzione completa della UBA – via Yanko, via Alex, via Bradley a cercare il fratello, via Daniel perché non si sente considerato – e la capitolazione dei grandi progetti di Cory, ma se anche così fosse continuerebbe a sembrare un’occasione sprecata.

Da questo punto di vista possiamo valutare anche il percorso dei protagonisti: tutta la parentesi in Italia di Mitch assume significato solo a posteriori e si lega a doppio filo con l’arco narrativo di Alex, che arriva ad una maturazione completa solo al termine della stagione. La donna, dopo aver passato una vita a fare i conti con quello che le persone pensavano di lei – e ancora in questa stagione in modo ossessivo con il libro di Maggie Brenner, per la paura che raccontasse della relazione con Mitch –, finalmente comprende quanto la sua vita sia stata condizionata in negativo dall’immagine che ha dovuto mostrare al mondo e che vuole essere libera di poter essere se stessa. L’evoluzione del personaggio è abbastanza semplice e lineare e raggiunge i suoi picchi in un paio di episodi che sono già iconici per le sequenze che regalano: il confronto con l’ex collega e amante nell’episodio “La Amara Vita” – titolo che ironizza sul film di Fellini ma senza preoccuparsi di essere grammaticalmente corretto – e lo scontro violento in auto con Chip nel successivo “Confirmations”. Questi highlights si incastrano in un percorso di caratterizzazione non del tutto originale – la star in declino che si confronta con il proprio egoismo e gli errori del passato – ma ben reso anche grazie alla sconfinata bravura di Jennifer Aniston, ormai totalmente aderente alla sua Alex Levy.

The Morning Show – Stagione 2È necessario fare un discorso diverso per il personaggio di Reese Whiterspoon: dopo il salto temporale tra la prima e la seconda stagione il personaggio di Bradley si è “normalizzato”, non è più la scheggia impazzita che era stata nella prima annata. La giovane dirompente senza peli sulla lingua che portava una ventata di novità nel decennale programma di successo della UBA è, fin dalla premiere, un personaggio del tutto diverso, molto più simile ad Alex di quanto lei stessa – nella finzione dello show – ammetterebbe mai: ambiziosa e desiderosa di fare il grande salto in tv. A differenza della sua co-conduttrice, tuttavia, Bradley appartiene chiaramente ad un’altra generazione e proviene da un’ambiente molto diverso; l’attenzione rivolta alla sua famiglia e al legame con un fratello chiaramente in difficoltà lo rendono evidente e mostrano dei lati del suo carattere molto lontani da quelli di Alex, che invece, arrivata nella parabola discendente della carriera, si ritrova isolata e “lontana” dalle persone che le vogliono bene. In tutto questo si inserisce la relazione con Laura, che mette in luce un altro lato della caratterizzazione di Bradley e viene ben scritta e gestita – anche con il discorso sull’outing e, di nuovo, sulla difficoltà di mostrare al mondo chi si è veramente –, almeno fino a quando il personaggio di Julianna Margulies non esce di scena. Da quel momento in poi, infatti, è come se gli autori accantonassero lo sviluppo di trama che riguarda le due donne e se ne dimenticassero, facendo concentrare la protagonista sulla ricerca del fratello e sul suo rapporto con Cory – rapporto che nell’ultimo episodio termina con un’impacciata quanto improbabile dichiarazione d’amore da parte del CEO, ormai piegato dagli eventi a lui sfavorevoli e ad un passo dal confessare alla donna il suo coinvolgimento nell’outing.

The Morning Show – Stagione 2Il problema vero, come già accennato, di una stagione che resta comunque molto interessante da diversi punti di vista è caratterizzato da una schizofrenia narrativa, che vuole mettere insieme troppe cose e troppi registri narrativi senza saperli davvero gestire. La progressione è decisamente meno armonica della prima annata e la visione risulta disturbata da questo continuo aprirsi e chiudersi di parentesi; la serie da “corale” diventa parcellizzata, con personaggi che entrano ed escono di scena e tanti segmenti narrativi che con il senno di poi risultano quantomeno superflui. C’è anche da dire che – rispetto allo stile – in questa stagione lo show abbraccia completamente l’ibridazione tra il melodramma e la soap, senza ovviamente rinunciare a momenti grotteschi se non addirittura comici – Chip che vomita all’improvviso sul tavolo di Cory per esempio – che lo avvicinano un poco allo stile di Succession, altra serie drama del momento, senza però mai eguagliarne la brillantezza. La prima annata della serie Apple, infatti, avendo un obiettivo molto chiaro all’orizzonte, si manteneva molto più stabile anche dal punto di vista del tono, con uno sguardo sempre drammatico rispetto agli eventi che stavano sconvolgendo le dinamiche del Morning Show.

Quello che risulta evidente è che The Morning Show è una serie cambiata, che ha trovato nel salto tra la prima e la seconda stagione un’occasione di modificare la propria natura e osare ancora di più. Lo show continua ad intrattenere e ad offrire tantissimi spunti di riflessione sulla contemporaneità, ma a livello narrativo pare che gli autori non siano riusciti a padroneggiare al meglio il complesso meccanismo che avevano creato, costruendo una stagione confusa e non all’altezza delle aspettative.  Certo, non mancano alcuni episodi e momenti di altissimo livello, ma sono delle brevi fiammate rispetto al totale dell’opera.

Voto: 6

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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