Dopo una prima stagione avvincente e caratterizzata da una trama ricca di interrogativi, Raised by Wolves torna con una seconda parte dalle premesse altrettanto buone. L’originale serie sci-fi di HBO Max, prodotta da Ridley Scott (Blade Runner) e creata da Aaron Guzikowski (Prisoners), prosegue nello scenario del pianeta Kepler-22b, nuova casa di quella parte di umanità – divisa tra militanti atei e mitraici seguaci del dio Sol – sopravvissuta alla devastazione della Terra. Tra le due fazioni si inserisce l’atipica famiglia creata nel corso della prima stagione, composta da due androidi atei, il figlio Campion (Winta McGrath) nato da embrione, e i figli adottivi mitraici.
Il primo dei due episodi di esordio della seconda stagione di Raised by Wolves si apre con il ritrovamento degli androidi Mother (Amanda Collin) e Father (Abubakar Salim) nella zona tropicale di Kepler-22b; i due, che avevano chiuso la prima stagione con il tentativo di uccidere il pericoloso serpente partorito dalla negromante, vengono individuati da un gruppo di coloni atei e dai loro prigionieri mitraici. Gli atei ipotizzano di distruggere Mother e Father – avendoli scambiati per androidi mitraici – ma concordano che la decisione sul loro destino sarà di The Trust. L’introduzione di questo nuovo personaggio rappresenta una delle novità più importanti della stagione: The Trust è un sistema di intelligenza artificiale creato da Campion Sturges, l’ingegnere artefice della riprogrammazione atea della nostra protagonista, con cui Mother stabilisce un rapporto immediato di fiducia, fin troppo incondizionata. Mother/Lamia si ricongiunge con Father, Campion e gli altri figli – che sono stati condotti in salvo all’interno della “Collective” – e insieme iniziano una nuova vita all’interno della comunità atea, un luogo che non li accoglie di buon grado, ma che deve comunque accettarne la presenza, proprio su ordine di The Trust.
Mother e Father si ripresentano come li avevamo lasciati al termine della prima stagione, ovvero come due personaggi in costante evoluzione, caratteristica decisamente atipica per due robot: conservano la loro natura androide, ma entrambi assumono via via delle caratteristiche sempre più umanizzanti, provano dei sentimenti propri e godono di fatto di libero arbitrio. Ritroviamo Father sempre più accorto con i figli, verso i quali assolve un ruolo di tutore affettuoso, nutrendo un legame sempre più emotivo e sincero nei loro confronti. Lamia invece, privata del potere dei suoi occhi, cerca di riconciliarsi con una più docile programmazione caregiver: se nel primo episodio questo aspetto rappresenta almeno una debole possibilità, già nel secondo si vede riemergere con prepotenza la sua dimensione aggressiva. Questo è accentuato dalla diversità di compiti affidati da The Trust, che prima le chiede di accudire tutti i bambini della comunità e poi di punire l’aggressore della sua famiglia, scatenando in lei quella violenza protettiva che l’ha contraddistinta nella prima stagione. Non è improbabile che gli eventi delle prossime puntate accentuino ulteriormente questo aspetto: è verosimile anzi che Mother dovrà condurre una lotta interna, scatenata dal figlio-serpente – o per meglio dire “figlia” – Seven. La creatura viene giudicata da tutti malvagia, tanto che nel secondo episodio l’intera comunità si organizza per ucciderla; così Mother si trova a doversi convincere della necessità di eliminarla, soprattutto dopo il ritrovamento di Campion privo di sensi al cospetto del serpente, sebbene lui stesso sostenga della bontà della creatura. Questo autoconvincimento, tuttavia, scuote il personaggio di Lamia nel profondo, generando tanto dolore quanto turbamento, dettato dalla consapevolezza che i sentimenti stiano prendendo sopravvento sulla sua razionalità. In questo senso è necessario un plauso all’attrice che la interpreta: Amanda Collin riesce a restituire la freddezza e il controllo tipici dell’androide, e allo stesso modo quello sconcerto dettato dalle emozioni che non riesce a controllarle.
Lamia deve affrontare, oltre a se stessa, anche diversi villain: dall’agguerrita comunità atea, che manifesta insofferenza verso i figli della società mitraica, a Marcus/Caleb – interpretato da Travis Fimmel (Vikings) – ormai totalmente pervaso dal dio Sol, che cerca in ogni modo di scontrarsi con gli atei e convertirli. Il personaggio ha attraversato un cambiamento tanto repentino quanto in apparenza mosso da buoni propositi, che nel corso degli episodi successivi verrà certamente approfondito.
Questa seconda stagione ha la possibilità di sviluppare un articolato gioco di poteri, illustrando le due fazioni di atei e mitraici contrapposti; l’introduzione di The Trust concede, infatti, un interessante parallelismo con il dio Sol. Mentre quest’ultimo è in fin dei conti un ideale astratto – di cui ci sono molte profezie ma poche evidenze – The Trust è reale e presente, e ha totale controllo sulla popolazione atea. È lui che stabilisce chi può far parte della comunità, come i membri devono impiegare il loro tempo, cosa possono fare e cosa no; di questo condizionamento totalizzante, inoltre, gli atei sembrano inconsapevoli, non rendendosi conto di come siano schiavi del suo volere. Oltre a rappresentare un tema particolarmente interessante di per sé, è realistico pensare che il potere esercitato dal sistema sugli atei darà modo a Marcus di creare una schiera di novelli adepti mitraici.
Volendo tirare le prime somme, le due puntate iniziali di Raised by Wolves 2 gettano le basi per una stagione dalle ottime premesse, forse meno criptica ma altrettanto coinvolgente e capace di rinnovare quel senso di curiosità reso dalla prima stagione. Si ipotizza una narrazione più concentrata sulla lotta atei – mitraici e tra i poteri che le governano, oltre che in grado di approfondire ulteriormente la dimensione interiore del personaggio di Mother/Lamia. Una pecca è, tuttavia, riscontrabile in una trattazione superficiale degli altri personaggi, aspetto valido soprattutto per i figli che, ad l’eccezione di Campion e Paul – leggermente più considerati rispetto agli altri – rimangono solo una cornice alla narrazione. Considerando che questo difetto potrebbe essere sanato nel corso della stagione – così come qualche buco di trama – nel complesso ci sono gli elementi per aspettarsi un buon prodotto, all’altezza della precedente annata.
Voto episodio 2×01 “The Collective”: 7-
Voto episodio 2×02 “Seven”: 7