Resident Evil – Stagione 1


Resident Evil - Stagione 1Resident Evil è nato in Giappone (dove il suo nome è Biohazard) ed è uno dei franchise più conosciuti e amati nel panorama videoludico, ma ha anche un altro primato più controverso nella quantità di adattamenti nel corso degli anni e l’accoglienza che questi hanno ricevuto. I videogiochi sono stati trasposti più volte sul piccolo e sul grande schermo, con risultati quasi sempre altalenanti.
La saga di Paul W.S. Anderson con Milla Jovovich come protagonista raccoglie tutt’oggi pareri misti pur avendo quasi raggiunto lo stato di film cult, mentre i più recenti remake (Resident Evil: Welcome to Raccoon City) e le incursioni nell’animazione in 3D (Resident Evil: Infinite Darkness) non hanno riscosso pareri positivi, né dalla critica, né fra il pubblico. Una di queste trasposizioni era proprio sotto l’egida di Netflix, che ci riprova con una serie live action creata da Andrew Dabb (per più di un decennio coinvolto nella scrittura e nella produzione di Supernatural).

Solo l’imbarcarsi nell’adattamento di Resident Evil è un’ordalia, visto quanto il franchise stesso sia cambiato negli anni. Biohazard è rimasto al passo con i tempi imparando dai titoli che hanno rivoluzionato il panorama videoludico horror successivo (Amnesia: The Dark Descent o Outlast), senza tradire la sua storia e la sua identità. Gli adattamenti hanno sempre guardato al periodo forse più amato dai fan, ma che la serie di videogiochi nel rimodernarsi sembra essersi lasciata un po’ alle spalle. La serie tenta di stare con due piedi in una scarpa nel creare un racconto moderno che segue l’estetica e l’ambientazione del passato.
Resident Evil - Stagione 1La via seguita da Dabb è lastricata di buone intenzioni, ma il risultato è tutt’altro che soddisfacente e forse manca il bersaglio ancor più della saga di Paul W.S. Anderson, la quale era almeno divertente per quanto sopra le righe. Fra i punti positivi del nuovo prodotto Netflix c’è un parallelismo con i giochi molto marcato: sappiamo, ad esempio, che la serie è ambientata dopo il quinto capitolo della saga videoludica (come rivelato da Bert in “Parasite”), in “Home Movies” vediamo le protagoniste alle prese con un enigma risolto attraverso oggetti e indizi per un rompicapo, e infine troviamo il ritratto della tentacolare organizzazione Umbrella e del suo dedalo infinito di segreti. È chiaro che ci sia una conoscenza del materiale di origine, ma allora dov’è il problema di questa serie?

Innanzitutto, se confrontata con adattamenti riusciti come Arcane o persino le ultime pellicole di Sonic the Hedgehog è chiaro come i riferimenti al gioco siano usati come easter egg, che per quanto piacevole è ben poco incisivo nella storia.
I mostri stessi vengono presi direttamente dai videogiochi e, sebbene siano davvero spettacolari, sono usati alla stregua di espedienti per valorizzare scene che altrimenti avrebbero ben poco da dire. Resident Evil ha forti problemi nel creare atmosfere degne del suo nome, perché non conosce il silenzio nel frastuono di sparatorie, dialoghi superflui e una colonna sonora molto discutibile. La più grande arma dei primi Resident Evil, quando la grafica ancora non era ai livelli odierni, erano i rumori dei passi, una musica soffusa e le porte che si aprivano cigolando davanti gli occhi di chi gioca. Di tutte le cose che Andrew Dabb poteva tralasciare dal materiale originale ha lasciato indietro proprio gli elementi fondamentali.

Resident Evil - Stagione 1La trama è divisa in due filoni principali fra passato e presente con sottotrame consumate e risolte nell’arco di due episodi – come l’indagine di Angel Rubio o la clonazione di Albert Wesker. Che sia l’avventura di Jade nel presente o gli eventi vissuti dalle gemelle Wesker nel passato, ci ritroviamo di fronte a due racconti che spesso sono poco più che una raffica di cliché. L’ambientazione rimane uno sfondo per raccontare una storia nuova come è giusto che sia, ma è difficile appassionarsi ad intrecci così prevedibili, spogli della tensione che è stata la fortuna di altre serie horror, anche a tema zombie.
L’adolescenza di Billie e Jade a Nuova Raccoon City si svolge ai giorni nostri, ma manca un’opportunità scadendo in un teen drama che non è di certo Euphoria, così pieno di luoghi comuni e stereotipi a far da collante a un racconto abbastanza superficiale. Quando l’indagine delle sorelle le porta all’incursione notturna nei laboratori dell’Umbrella, palesi leggerezze fanno storcere il naso; per esempio dove sia il personale di sicurezza di una azienda che custodisce così tanti segreti.
Da qui in poi l’intreccio ambientato nel passato ha un andamento abbastanza erratico: non è ben chiaro cosa si voglia raccontare nella continua promessa di un climax che non arriva mai, neanche con la morte di Simon Marcus per mezzo della madre, in un sacrificio sull’altare dei colpi di scena gratuiti. Le sorelle si lasciano dunque Nuova Raccoon City alle spalle, in una carrellata di sbrigative scene che preparerebbero il terreno per una possibile seconda annata.
Le vicende ambientate nel 2036 sono molto più attente ai personaggi che non alla storia, ma questo non aggiunge troppa varietà qualitativa. La prima metà della serie è molto ridondante: Jade viene catturata da questa o quella fazione fino alla sua puntuale fuga rocambolesca. Solo il quarto episodio, “The Turn”, riesce almeno a divertire con le sue spettacolari scene d’azione, ma il divertimento ha vita breve quando uno dei pochi personaggi (accidentalmente) degni di nota viene bruscamente eliminato dalle scene. Gli ultimi tre episodi sono i più carichi di cliché, in scene di maniera che accavallandosi fra loro non ci consegnano una storia coerente e coincisa, ma poco più di un grande filmato di uno di quei vecchi videogiochi derivativi da franchise più grandi e riusciti.

Resident Evil - Stagione 1Si ripete molte (anche troppe) volte come i personaggi abbiano bisogno di difetti per essere davvero umani e creare empatia con chi guarda, ma nel caso della povera Jade Wesker (Ella Balinska) gli scrittori hanno calcato fin troppo la mano. La protagonista è quasi caricaturale, sia nella sua versione adulta che quella adolescente. Oltre certe battute oramai virali su internet, il ritratto integrale di Jade è quello di una ragazza e poi di una donna sopravvissuta a tanto, ma che non ha appreso niente. Gli eventi che mettono in moto il finale della prima stagione nascono da un egocentrismo poco verosimile e gratuito: il semplice legare lo Zero ripescato dall’oceano con così poca cura è un’incoerenza grave, vista la conoscenza sul campo che Jade ha maturato e con la consapevolezza nel mettere a rischio i suoi cari a bordo.
E cosa dire di Billie (Adeline Rudolph, Chilling Adventures of Sabrina)? La Billie del passato è un personaggio che risalta più di altri, anche se quasi esclusivamente per l’effetto del T-Virus attraverso il morso. La Billie adulta, invece, è completamente un’altra persona, ma non c’è un valido motivo per comprendere questo cambiamento radicale e non basta la possibilità di esplorarlo in una possibile seconda stagione. Il monologo di Billie nell’ultimo episodio è molto banale, perché non ci restituisce i suoi traumi o i suoi sentimenti verso la sorella o i loro passati, ma ricapitola e ribadisce i tratti del suo personaggio anziché mostrarli.
I dialoghi sono uno dei punti più deboli di uno show già traballante: le interazioni fra i personaggi non costruiscono trama, dinamiche o tematiche, ma variano fra riferimenti fuori luogo alla nostra contemporaneità (come la pandemia o persino degli Anime) o il ribadire cosa un personaggio fa o cosa un personaggio sente.
Malgrado i soliti mastini da tastiera lo abbiano puntualmente attaccato schiumando per il colore della sua pelle, Lance Reddick (Lost, The Wire) nei panni di Albert Wesker è stato uno dei pochi aspetti positivi di Resident Evil , insieme con l’interpretazione di Evelyn Marcus da parte di Paola Núñez (The Purge).
Resident Evil - Stagione 1Reddick dimostra una versatilità non da poco nell’interpretare tutti i cloni del famigerato lupo solitario dell’Umbrella e brilla nella breve scena in cui veste i panni del Wesker originale, così come è coinvolgente il ritratto di un padre che cerca un fragile equilibrio fra la spietatezza naturale del suo creatore e la vita che si è conquistato rigando dritto per la sua strada.
La figlia di James Marcus invece, benché costretta dal copione a certe scene quanto meno dubbie, riesce a risultare credibile come imprenditrice ferocemente attaccata alle sue conquiste, senza pietà per chi le si para davanti e pronta a convincere il prossimo della bontà dei suoi intenti, con ogni mezzo a lei disponibile. Purtroppo, da soli non possono risollevare le sorti dell’intero show.

Resident Evil è un adattamento con molta buona volontà e qualche bel collegamento con il materiale di origine, ma se tutto il resto è all’insegna della superficialità e del cliché, allora il successo di trasposizioni come Arcane è già un glorioso ricordo. Non è dato sapere cosa riserverà la prossima stagione, sempre che ci sia, vista la quasi univoca risposta negativa sia dal pubblico che dalla critica. Forse non è una cattiva idea rispolverare quei vecchi film dove Milla Jovovich brandisce due mitragliatrici sotto la navata di una chiesa, combattendo fianco a fianco con Jill Valentine.

Voto: 5

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