FUBAR – 1×01 Take Your Daughter To Work Day


FUBAR – 1x01 Take Your Daughter To Work DayFUBAR è la nuova serie Netflix che, in otto puntate da circa 50 minuti, racconta la rocambolesca storia di un padre e una figlia che si ritrovano ad affrontare insieme una situazione senza via d’uscita. Questo viene descritto sin dal titolo “FUBAR”, che viene dall’acronimo di “Fucked Up Beyond All Recognition”: l’espressione – di derivazione statunitense e precisamente coniata nel contesto dell’esercito negli anni ’40 – rappresenta situazioni così fuori controllo da non poter essere risolte. E così appare FUBAR nel pilot “Take Your Daughter To Work Day”.

Ideata da Nick Santora – sceneggiatore anche di Law & Order e Prison Break FUBAR si inquadra nel genere action dramedy: peccato che non abbia toni spiccatamente drama, né action, né comedy. Le tre prospettive si rivelano sin dai primi minuti poco convincenti. Il drama è un po’ già visto e un po’ povero di consistenza, e di pari passo l’elemento azione risulta a tratti esagerato – ricalcando il mito dell’agente invincibile, con situazioni che sono oggettivamente poco realistiche – e a tratti poco presente o scontato. Nemmeno la parte comedy spicca, vittima di una recitazione non proprio votata all’umorismo, ma almeno aiuta a portare avanti la narrazione della prima puntata, rendendola più scorrevole.

FUBAR vede Arnold Schwarzenegger per la prima volta nei panni di primario di un prodotto seriale; l’ex Terminator è Luke Brunner, agente della CIA protagonista dello show insieme alla figlia Emma (Monica Barbaro, The Good Cop). L’agente, proprio lo stesso giorno della sua festa di pensionamento, viene pregato dalla CIA e dalla Casa Bianca di recarsi in Guyana per compiere una missione complessa, che solo lui può affrontare. C’è una risorsa compromessa da recuperare ed estrarre indenne, e in contemporanea l’obiettivo di scongiurare il passaggio in mani sbagliate di un’arma di distruzione di massa.

FUBAR – 1x01 Take Your Daughter To Work DayInsomma, la classica premessa impossibile che fa scattare l’altrettanto classico meccanismo dell’eroe, per cui dopo un iniziale e “categorico” rifiuto l’agente si convince a compiere un’ultima missione per cui la sua partecipazione – nonostante sia letteralmente alle porte della pensione – è fondamentale. Già tutto questo è un po’ al limite del realismo, se non fosse che l’agente “Panda” è nientemeno che sua figlia Emma, insospettabile spia. Assurdo? Sì, soprattutto se si conta che lo “Zio Barry” – anche lui della CIA e legato ai protagonisti – è uno dei pochissimi a conoscenza della professione di entrambi, e nonostante ciò manda il padre a recuperare la figlia, sapendo bene quali reazioni avrebbe comportato questa scelta. Emma è infiltrata in un luogo ovviamente familiare al nostro Luke, che si ritrova così in Guyana a fare i conti con il figlio di un boss eliminato anni prima proprio da lui. Ormai cresciuto e a sua volta a capo di un’organizzazione criminale ben strutturata, l’uomo manifesta tutta la sua riconoscenza per il “benefattore” che gli ha dato un futuro e che ha rappresentato per lui una sorta di figura paterna in seguito alla morte del padre. Da qui il contrasto con la visione di Emma che, non appena vede il padre e realizza la situazione, sviluppa e manifesta una buona dose di risentimento nei suoi confronti.

I temi principali ruotano attorno al rapporto padre e figlia, fulcro di questo pilot: le numerose incomprensioni e la reciproca delusione per il segreto celato si mischiano nella loro già intricata relazione, che li fa vorticare tra lavoro e famiglia, distruggendo i già flebili equilibri. Svelati gli altarini, emerge un forte desiderio di accettazione da parte della figlia verso il protagonista, tanto da aver votato la sua vita alla perfezione pur di colmare la mancanza data dal lavoro del padre. In tutto ciò questo primo episodio si inquadra a pieno nel “tale padre tale figlia”, incasellando una similitudine dietro l’altra tra i due, all’interno del classico cliché, unito all’altro stereotipo del padre forte, invincibile, che sa sempre cosa fare meglio di tutti e che tira tutti fuori dai guai alla vecchia maniera, perché a lui riesce sempre tutto bene. Non c’è innovazione; l’unico lato positivo è che Schwarzenegger nell’interpretazione di questo ruolo è letteralmente perfetto.

FUBAR – 1x01 Take Your Daughter To Work DayCi si aspetta dai successivi episodi che i protagonisti avranno modo di conoscersi di più, ma senza svelare granché di profondo, se non che oltre la facciata forte celano sicuramente un cuore d’oro, e che è altrettanto certo che questa missione li unirà come mai lo sono stati prima.

Insomma, un finale semplice da ipotizzare, quello che ci aspetta, il tutto nella cornice della missione da portare a termine. Si ritrova un classico schema narrativo, dove l’elemento di “novità” semplicemente non c’è, e di certo non può essere rappresentato dall’intreccio tra la storia personale padre-figlia e la missione della CIA. La storia potrebbe anche essere avvincente – almeno in apparenza – ma di fatto appare da subito poco strutturata nel contenuto. Si ha come l’impressione che gli elementi importanti, che compongono la “ciccia” di ciò che c’è da sapere su FUBAR, siano già emersi: questo pilot insomma pone fin troppe basi per la narrazione principale. L’episodio tutto sommato scorre grazie a qualche scena sul filo dell’ironico, che aiuta ad alleggerire questi 50 minuti, forse un tempo eccessivo per lo show che si prospetta, con altri 7 episodi di altrettanta lunghezza. FUBAR si presenta come un prodotto a un passo dalla banalità, che ha molto di già visto e lascia purtroppo poco spazio all’immaginazione.

Voto: 5-

 

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